Passiamo da Spello per far salire la guida e osserviamo la cittadina arroccata sul monte Subasio. Sarebbe una bella perla da inserire nella nostra collana ma il tempo è tiranno, quindi ci avviamo verso
Spoleto, che sorge a ridosso del Monteluco lungo le pendici del colle Sant’Elia;
vanta antichissime origini (fine dell’età del bronzo) come dimostrato
da materiale archeologico e resti di necropoli rinvenuti entro il
perimetro della città. Nel V-IV secolo a.C. fu storicamente occupata
dalla popolazione italica degli Umbri e divenne presumibilmente un vero e proprio centro fortificato, con un’imponente cinta muraria in opera poligonale, come testimoniano i resti delle cosiddette mura ciclopiche.
Molto suggestivo è il Ponte delle Torri, un acquedotto romano sopra il torrente Tessali e che collega il monte Sant’Elia al Monteluco, agli estremi del quale si ergono la rocca Albornoziana e il Fortilizio dei Mulini. Il ponte è lungo 230 metri, alto 76 ed è realizzato in calcare locale. I due sostegni centrali sono cavi e hanno al loro interno alcuni ambienti che fungevano da postazioni di guardia.
La sua spettacolare bellezza ha affascinato molti scrittori, tra i quali Goethe, che vi ha dedicato una pagina del suo saggio Viaggio in Italia,
dove osserva che alcuni antichi edifici si legano come una seconda
natura con l'ambiente circostante, in un atto di congiunzione fra uomo
e natura. (Nella foto la targa commemorativa, con data 27/10/1786)
Monteluco è una frazione del comune di Spoleto Il nome deriva dal termine latino lucus, ossia Bosco sacro a Giove, a testimonianza dell'importanza religiosa di questo luogo sin dai tempi antichi. La vicenda spirituale di San Francesco trovò compimento anche in questi luoghi: nel 1218, secondo la tradizione dell'Ordine, fu lo stesso Francesco a fondare la cappella di Santa Caterina, donatogli dai benedettini, un primitivo cenacolo ai limiti del Bosco sacro.
La Rocca Albornoziana è una fortezza
sulla sommità del colle Sant'Elia. Si tratta del principale baluardo
del sistema di fortificazioni voluta da papa Innocenzo VI, per rendere
più evidente l'autorità della Chiesa nei territori dell'Italia centrale,
in vista dell'ormai imminente ritorno della sede pontificia a Roma dopo
i settanta anni circa di permanenza ad Avignone.
Procedendo verso il centro città incontriamo la Casa Romana. Appartenne a un personaggio economicamente e socialmente rilevante nella Spoleto del I sec. d.C., forse a Vespasia Polla,
madre dell’imperatore Vespasiano, come testimonierebbe un frammento di
iscrizione con dedica di una tal Polla a Caligola, rinvenuto nel pozzo
della casa.
Il Palazzo comunale di Spoleto si trova a metà strada fra il foro, attuale piazza del Mercato, e piazza del Duomo,
in una zona dove fin dall'antichità sorgevano case gentilizie, dimore
private o di rappresentanza. Le sue fondazioni infatti poggiano in parte
sull'area della Casa romana scoperta da Giuseppe Sordini nel 1885. Dopo una lunga ristrutturazione terminata nel 2007, ospita gli organi istituzionali e politici della città. L'alta torre che sovrasta l'edificio è l'unico elemento duecentesco ancora presente; di pianta rettangolare, è costruita in muratura con selci come la cinta muraria medievale.
La scenografica scalinata di via dell’Arringo introduce alla piazza dove sorge la cattedrale di Santa Maria Assunta che è il Duomo
della città, sede dell'arcivescovo dell'arcidiocesi di Spoleto-Norcia.
Stupenda costruzione romanica dell'XI secolo, è sorta sul luogo
dell'antica Cattedrale distrutta nel 1155 da Federico Barbarossa e terminata alla fine del XIII secolo. Nel XV secolo, venne aggiunto, ad opera di Antonio Barocci e della sua bottega, il portico della facciata, in stile rinascimentale, che aveva il compito di conferire maggiore magnificenza alla cattedrale.
Per la sua costruzione, si pensò dunque di inserire tra la cappella dell'Assunta ed il campanile, un elemento composto da cinque arcate, sormontate da una ricca trabeazione ornata ed un terrazzo superiore. Al centro un mosaico eseguito da Solsterno, firmato e datato 1207. L’utilizzo di materiali cromaticamente contrastanti – le pietre bianca e rosata
dei monti intorno Spoleto – fa cogliere a pieno l’effetto chiaroscurale
e la minuzia decorativa dei rilievi. A sinistra della facciata il
grande campanile costruito con materiali di recupero romani, paleocristiani, e medievali del XII secolo.
L'interno è in stile barocco ed è a croce latina,
con tre navate di sei campate ciascuna, transetto, abside semicircolare
e cupola senza tamburo a copertura della crociera. Conserva il pavimento della navata centrale fatto a mosaici geometrici (originale del XII secolo) e custodisce numerose opere d'arte. Al centro del presbiterio vi è l'altare maggiore in marmi policromi, opera di Giuseppe Valadier, affiancato da quattro alte colonne-portacero.
L’abside è interamente decorata da un importante ciclo di affreschi realizzati tra 1467 e 1469 da Fra’ Filippo Lippi, frate domenicano, raffiguranti Storie della Vergine: Annunciazione, Natività, Morte della Vergine e sua Assunzione in cielo.
Filippo si innamorò della monaca Lucrezia
Buti, entrambi furono sciolti dai voti ed ebbero due figli. Le spoglie
del Lippi sono custodite nel monumento sepolcrale
situato nel transetto destro. Il monumento, su progetto di suo figlio
Filippino Lippi e commissionato da Lorenzo de Medici, fu eseguito
solamente nel 1490 da uno scultore fiorentino sconosciuto.
Nell'affresco raffigurante la Morte della Vergine è visibile l'autoritratto del pittore in uno dei personaggi raffigurati alla destra del letto (con il mantello bianco), nonché il probabile ritratto del figlio Filippino nella figura dell'angelo. Il volto della Vergine è quello dell'amata.
La Cappella della Santissima Icona venne realizzata nel 1626 al posto della vecchia sagrestia. La costruzione si rese necessaria per ospitare una tavoletta bizantina raffigurante la Madonna e risalente all’XI-XII secolo d.C.; la sua storia è direttamente collegata alla figura di Federico Barbarossa. L’imperatore, infatti, nel luglio del 1155 dichiarò guerra a Spoleto,
a seguito della decisione degli abitanti del luogo di pagare la tassa
nella moneta locale che Barbarossa considerava falsa. L’assedio durò una
settimana, prima che egli riuscisse ad espugnare il borgo e distruggerlo. Barbarossa non risparmiò nemmeno la precedente chiesa dell’VIII secolo, che sorgeva proprio al posto dell’attuale Duomo. La pace
tra le parti arrivò solo dopo trent’anni. Simbolo di questa pace
ritrovata nel 1185 fu la donazione a Spoleto da parte dell’Imperatore
dell’icona bizantina.
Nella nicchia della navata sinistra è stata collocata una delle opere più importanti del Duomo: il Crocifisso, pergamena dipinta applicata su tavola, di Alberto Sotio (1187), nell’iconografia del Cristo triumphans (che si sviluppa nel XII sec. in Italia centrale), uno dei migliori esemplari di croce dipinta di epoca romanica in Italia.
Particolare attenzione meritano anche le cappelle Eroli e dell’Assunta (all’inizio della navata di destra), con affreschi del Pinturicchio e Jacopo Siculo.
Lungo la navata sinistra c'è anche la Cappella delle Reliquie, aggiunta nel 1540 per ospitare paramenti sacri e preziosi. La cappella si caratterizza per una serie di armadi
intagliati ed intarsiati che corrono lungo tutte le pareti. Nella parte
destra della cappella, accanto ad un crocifisso ligneo, c'è l’Icona, ovvero la lettera autografata di San Francesco scritta a frate Leone.
Dopo le sacre spoglie, custodite in Assisi, le reliquie più preziose di Francesco sono i suoi autografi. Ne esistono soltanto due e uno è, appunto, questo di Spoleto: scritto su un lembo di pergamena ricavata da pelle di capra,
chiamato l’Epistola ad fratrem Leonem, una missiva databile dopo la
fine del 1223. Ridotte le dimensioni: 13 centimetri per 6. Diciannove righe vergate e perfettamente conservate. L’altro è la chartula, scritto dopo la stigmatizzazione sul monte Verna (1224), conservato nella Basilica di Assisi.
La chiesa di Santa Maria della Manna d'Oro si trova di fianco al Duomo. Pare possa trattarsi di un edificio votivo,
dedicato alla Vergine, che protesse le relazioni tra Spoleto e
l’esercito di Carlo V dopo il sacco di Roma del 1527. Il fatto che le
truppe non avessero devastato Spoleto e che, anzi, si rivelarono fonte di reddito tramite i commerci, fu assimiliato al dono divino della Manna nella deserto.
In realtà una chiesa dedicata alla "Madonna della Misericordia"
sarebbe esistita, in quel posto, già nel 1399. Poi, dopo l'edificazione
del 1527/1530, solo nel 1679 la chiesa prese la forma attuale. La
chiesa è a pianta ottagonale e presenta al suo interno un grande Fonte Battesimale,
proveniente dal Duomo e databile alla prima metà del ‘500, oltre che
alcune tele del pittore settecentesco Sebastiano Conca. Attualmente la
Manna d’Oro è utilizzata come centro espositivo.
L'arco di Druso è un arco romano degli inizi del I secolo, situato a ridosso del tempio romano e della Chiesa di Sant'Ansano. Costituiva la porta di accesso monumentale al foro della città dalla via Flaminia (odierna piazza del Mercato). L'arco è costruito in opera quadrata con blocchi in calcare locale.
Il monumento si conserva fino alla trabeazione che sormonta il fornice,
con il pilone occidentale inglobato nelle abitazioni più recenti.
Quella che, forse, è la più bella fontana di Spoleto, la fontana di piazza del Mercato,
venne costruita laddove altre fontane, più povere, erano esistite.
L'antica fontana venne demolita nel 1746 per far posto alla nuova, che
venne costruita tra il 1746 e il 1748 a spese del comune dall'architetto
romano Costantino Fiaschetti: egli ideò una scenografica facciata quasi tutta in travertino, secondo il gusto romano delle mostre d'acqua. Sopra di essa gli stemmi dei Barberini (Urbano VIII Papa, Francesco, Antonio e della casata) e una lunga iscrizione agiografica in latino.
Il tempo è
tiranno, per cui ci rechiamo a pranzo (ottimo e abbondante) per poi
proseguire per Norcia. Aggiungo però alcune altre cose, prima di
chiudere con Spoleto.
Il Festival dei Due Mondi, conosciuto anche col nome di Spoleto Festival,
è una manifestazione internazionale di musica, arte, cultura e
spettacolo che si svolge annualmente nella città di Spoleto. La
manifestazione ha raggiunto il massimo della fama mondiale nel primo
trentennio di attività, e ha ispirato molte manifestazioni analoghe nate
successivamente. L'intenzione del suo fondatore Menotti, sin
dall'inizio, era stata quella di creare, con il Festival, un terreno di incontro fra due culture e due mondi artistici, quello americano e quello europeo (da qui il nome del festival definito, appunto, "dei due mondi") e che celebrasse le arti in tutte le loro forme.
Dopo aver visitato molti centri storici del centro Italia, Menotti optò per Spoleto, per la presenza dei due teatri e per lo scenario unico della Piazza del Duomo.
Da ribadire come questa rassegna di arte, cultura e spettacoli, sia
stata, durante la gestione Menotti, prevalentemente internazionale e
solo in minima parte italiana. Gli artisti e personaggi che vi hanno
preso parte appartengono al mondo della prosa, della lirica, della
danza, dell'arte marionettistica, dell'arte oratoria, della musica, del
cinema e della pittura.
La manifestazione per molti anni è rimasta nel suo genere l'unica in Italia e ad oggi, a livello nazionale ed europeo, rappresenta uno dei più importanti eventi culturali. Caratteristica della manifestazione è l'originalità, l'inusualità e talvolta l'esclusività degli spettacoli proposti.
Il Festival da sempre ha cercato di proporre novità e spettacoli all'avanguardia ma anche di rispettare la tradizione classica. Inoltre, i numerosi spazi e scorci architettonici, che la città presenta, contribuiscono a creare un dualismo tra arte antica e contemporanea, unico nel suo genere.
Rieccoci in viaggio.
Norcia è a circa 600 m s.l.m. al limitare nord dell'altopiano di Santa Scolastica, un pianoro di origine tettonica nel cuore dell'Appennino umbro-marchigiano, inserito nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Tracce di insediamenti umani nella valle risalgono al Neolitico, è testimoniata con certezza una presenza umana a partire dall'VIII secolo a.C.
Il patrimonio artistico della cittadina risente degli eventi sismici,
spesso catastrofici, che nel corso dei secoli hanno distrutto monumenti
importanti e tracce di un passato remoto che risale all'epoca
pre-romana. La ricostruzione cancella in gran parte la personalità medioevale della cittadina umbra e imposta la struttura tipicamente ottocentesca, che è oggi visibile in gran parte del centro storico.
Il fulcro artistico-monumentale della città ruota intorno alla Piazza San Benedetto, dove, con organizzazione rinascimentale, si concentrano gli edifici simbolo della identità nursina. Al centro della foto la Basilica di San Benedetto con a destra il portico delle misure. A sinistra il palazzo comunale. Al centro della piazza la statua del santo.
San Benedetto da Norcia (Norcia, 2 marzo 480 circa – Montecassino, 21 marzo 547) è stato un monaco italiano, fondatore dell'ordine dei Benedettini. Nel monte di Montecassino Benedetto compose la sua Regola verso il 540. I due cardini della vita comunitaria sono il concetto di stabilitas loci
(l'obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero,
contro il vagabondaggio allora piuttosto diffuso di monaci più o meno
"sospetti") e la conversatio, cioè la buona condotta morale, la pietà reciproca e l'obbedienza all'abate. Il motto ora et labora è noto a tutti.
La Basilica di San Benedetto sorge su quella che, secondo la tradizione, era la casa natale dei santi Benedetto e Scolastica, gemelli
nati da una nobile famiglia, come riferisce san Gregorio Magno nei suoi
Dialoghi. Nel giugno del 1966 papa Paolo VI l'ha elevata alla dignità
di basilica minore. La candida facciata, ispirata ai canoni del gotico umbro, è del tipo a capanna, con magnifico rosone centrale e cuspidi sui coronamenti laterali. Al centro si apre un portale gotico finemente ornato con la raffigurazione della Madonna con Bambino tra Angeli.
L’interno della chiesa è a croce latina, con un’unica navata, impreziosito da affreschi e da tele del ‘600-‘700; di queste ultime, quella prodotta da Filippo Napoletano nel 1621 racconta una storia curiosa della vita di S. Benedetto, in cui il santo riceve un fante travestito da re, inviato, al suo posto, da Totila, re dei Goti.
Nella cripta, una lapide ricorda la nascita dei due Santi gemelli.
L’ambiente, con i muri a “opus reticolatum”, è diviso in tre navatelle,
di cui quella centrale più ampia. La cripta mostra tracce di murature romane e affreschi trecenteschi, è visibile testimonianza di un luogo di culto preromanico.
In piazza si trova anche il Palazzo Comunale, che risale al 1300, ma di questo periodo sono conservati solo la parte inferiore e l’elegante portale.
Il balcone e la parte superiore risalgono invece al XIX secolo. Al suo
interno si possono visitare la Sala del Consiglio Maggiore, la Sala
Sertoriana, o dei Quaranta conservatori della pace, e la Cappella dei Priori settecentesca, al cui interno è custodito in una teca un dente di San Benedetto, esposto solo in rare occasioni.
Il Museo Civico e Diocesano "La Castellina" isituito nel 1967, ha sede nella storica Rocca. Rilevante al suo interno la collezione Massenzi, donata nel 2002, una delle maggiori raccolte private umbre;
si compone in prevalenza di reperti bronzei e vasi etruschi, greci e in
minor misura magnogreci, databili dal IX secolo a.C. all’età romana.
Dopo una
veloce quanto necessaria visita ad alcune tipiche norcinerie,
riprendiamo il viaggio verso i Monti Sibillini, diretti a Castelluccio
di Norcia.
I Monti Sibillini sono
il quarto massiccio montuoso per altezza dell'Appennino continentale
dopo Gran Sasso, Maiella e Velino-Sirente; si trovano nell'Appennino
umbro-marchigiano, lungo lo spartiacque primario dell'Appennino
centrale, a cavallo tra Marche e Umbria, tra le province di Ascoli
Piceno, Fermo, Macerata, Perugia, ospitando l'omonimo Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Sono fondamentalmente costituiti da rocce calcaree,
formatesi sui fondali di mari caldi. Le cime superano in alcuni casi i
2.000 m di altitudine, come la maggiore del gruppo, il monte Vettore (2.476 m s.l.m.), il Pizzo della Regina o monte Priora, il monte Bove e il monte Sibilla.
La morfologia dell'area è frutto dell'azione glaciale del quaternario, che si riconosce nelle valli tipicamente a "U" e negli ampi circhi glaciali ancora riconoscibili. Anche i fenomeni carsici contribuiscono a definire la morfologia del gruppo.
Il lago di Pilato è uno specchio d'acqua situato sul monte Vettore. È conosciuto e spesso definito "il lago con gli occhiali" per la forma dei suoi invasi complementari e comunicanti. Prende il nome da una leggenda secondo la quale nelle sue acque sarebbe finito il corpo di Ponzio Pilato, condannato a morte da Tiberio. La pena non fu solo questa, ma anche la mancata sepoltura
del suo cadavere. Il corpo, chiuso in un sacco, venne affidato a un
carro di bufali lasciati liberi di peregrinare senza meta e sarebbe
precipitato nel lago dall'affilata cresta della Cima del Redentore.
Durante il viaggio osserviamo un particolare unico al mondo: una foresta di conifere che rappresenta l'Italia. La Decima Festa della Montagna si tenne nel 1961 a Castelluccio di Norcia. La parte più importante fu organizzata dal Corpo Forestale dello Stato e si tenne al Pian Grande. Sul dorso della montagna venne tracciato il profilo dell'Italia.
Vennero in seguito piantate le conifere che, seppur faticosamente, attecchiranno. Oggi l'Italia disegnata dalle conifere è una caratteristica del panorama ed è nota come Foresta Italia.
I Piani di Castelluccio
sono un altopiano carsico-alluvionale situato nel versante umbro
marchigiano dei Monti Sibillini, ai piedi del Monte Vettore; costituisce
il fondo di un antico lago appenninico, ora prosciugatosi e noto per i suoi fenomeni carsici. I Piani sono noti per la coltivazione delle Lenticchie di Castelluccio
e per la Fiorita, il fenomeno di fioritura che colora il piano
tra la fine di maggio e l'inizio di luglio. Oltre alle lenticchie, ci
sono genzianelle, papaveri, narcisi, violette, asfodeli, viola Eugeniae,
trifogli, acetoselle, fiordalisi e molte altre specie ancora.
Lo spettacolo di colori è
difficilmente descrivibile. Le foto di tale tripudio di colori rendono
solo parzialmente giustizia alla realtà. L'evento della fioritura simultanea delle varie specie è senz'altro raro,
più comune è invece la sequenza che vede il paesaggio assumere un verde
di intensità eccezionale, passare al giallo, al rosso, al turchese, per
finire poi con il viola.
L'opinione diffusa è che i fiori di lenticchia
siano gialli, perché da lontano i campi di lenticchia appaiono di un
giallo intenso. Ma il fiore della lenticchia, molto piccolo e discreto, è
bianco con tonalità viola chiaro: i gialli sono fiori di un'altra specie.
Castelluccio è una frazione del comune di Norcia.
E' raggiungibile attraverso una strada panoramica, essendo situato in
cima a un colle che si eleva sull'omonimo altopiano, tra i più vasti
dell'Italia Centrale. Inserito nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, a un'altitudine di 1.452 m s.l.m., è uno dei centri abitati più elevati degli Appennini. Di fronte si erge imponente la sagoma del Monte Vettore.
La presenza dell'uomo nella zona è testimoniata sin dall'epoca romana, con il rinvenimento di alcuni oggetti in terracotta
in località Soglio. Inoltre, nelle
fondamenta di una casa, furono rinvenute nei secoli passati diverse monete romane
risalenti al periodo dell'imperatore Claudio il Gotico (III secolo);
lungo la strada che conduce a Forca di Presta, si trovò anche la tomba di un soldato romano. Il nucleo attuale risale al XIII secolo, anche se alcune ricerche tendono a retrodatarne la fondazione.
L'economia del paese è strettamente legata all'attività della pastorizia, che ancora costituisce una buona parte degli introiti degli abitanti. Ad essa va aggiunta l'agricoltura, con la produzione di prodotti tipici quali le famose lenticchie di Castelluccio. Il turismo è presente tutto l'anno: nel periodo invernale, la località di Forca Canapine ospita impianti di risalita per attività sciistiche, mentre nel periodo estivo l'escursionismo attrae un gran numero di appassionati.
Inoltre tutta l'area dei piani di Castelluccio è molto apprezzata per la pratica del volo libero, in particolare del parapendio, per via della particolare conformazione orografica e per la quasi totale assenza di tralicci e antenne.
Qui si
chiude la terza giornata, ricca di emozioni ma anche di pioggia, che ha
un po' rovinato la brevissima visita a Castelluccio.
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