Noto è il primo comune siciliano
e il quarto italiano per estensione territoriale (550 km²). Si
trova a 32 Km da Siracusa e a 165 m. sul livello del mare. Il territorio
circostante è prevalentemente montuoso (monti Iblei) o collinare, con piattaforme rocciose che degradano verso il mare, dove originano spiagge, porticcioli naturali e incantevoli insenature.
Definita la "capitale del Barocco", è un piccolo gioiello arroccato su un altopiano che domina la valle dell'Asinaro, coperta di agrumi. Nel 2002 il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche del Val di Noto.
Noto antica si trova 8 km più a nord, sul monte Alveria, dove ci sono i primi insediamenti che risalgono all'età del Bronzo Antico (2200-1450 a.C.). Secondo un'antica leggenda, Neas, il nome della Noto più antica, diede i natali al condottiero siculo Ducezio, che nel V secolo a.C. difese la città dalle incursioni greche.
Durante il dominio greco nel II secolo a.C. Noto conobbe un fiorente periodo produttivo. Nel 214 a.C. circa, Neaton aprì le sue porte all'esercito del console romano Marco Claudio Marcello e venne così riconosciuta come città alleata
dai Romani. In quanto tale i Romani concessero ai netini un proprio
senato, tanto che ancora oggi, nei palazzi e nei portali, risulta la
scritta SPQN (Senatus PopulusQue Netinum).
Nell'864 Noto fu occupata dagli Arabi e raggiunse una notevole importanza per la Sicilia, tanto da essere nominata capovalle;
il suo territorio registrò la razionalizzazione dell'agricoltura e la
promozione dei commerci. Fu insediata anche l'industria della seta, sfruttando la presenza di gelsi nel territorio.
Il processo di sviluppo continuò per tutto il XV e XVI secolo, fino a quando, l'11 gennaio del 1693, la città, allora nel suo pieno splendore, fu distrutta dal terremoto. Fu ricostruita su un'altura chiamata collina delle Meti, luogo meno impervio che permetteva la realizzazione di un impianto lineare, con intersezioni ad angolo retto di strade parallele e ampie.
Nella ricostruzione vennero impiegati prestigiosi architetti dell'epoca e abili scalpellini: essi crearono un ambiente urbano di straordinaria bellezza, che si meritò l'appellativo di "Giardino di pietra".
Tre le strade principali che corrono da est a ovest perchè il sole le
illumini sempre, tre i ceti sociali che vi si stabilirono: la prima, più
alta, venne destinata alla nobiltà, la centrale al clero, l'ultima al popolo.
Nel 1865 la città perse la funzione di capovalle, che passò a Siracusa. Negli ultimi anni si è registrata una ripresa economica, dovuta allo sviluppo del turismo, la principale risorsa della città barocca.
Le strade sono intervallate da scenografiche piazze e imponenti scalinate che
annullano i dislivelli della città e sono larghe per essere anche via
di fuga. I palazzi sono maestosi, tutti costruiti nella pietra calcarea locale, tenera e compatta, che il tempo ha colorato di una magnifica tinta dorata e rosata.
Il pullman ci lascia a Piazzale Marconi, di fronte al quale si apre il viale centrale dei Giardini Pubblici, fiancheggiato da ficus centenari. I Giardini sorgono su un’area di 25.000 mq., in gran parte ricavata dall’antico bosco dei Padri Cappuccini
verso l’inizio del Novecento. Prima era un profondo canalone, riempito
dai lavori eseguiti nelle strade di Noto bassa per renderle più
pianeggianti.
A Sud dei Giardini Pubblici si trova la Chiesa del Pantheon, nel luogo in cui sorgeva l’antico Convento dei Cappuccini che, con l’annessa chiesetta,
fu edificato nei primi del Settecento in un’area boschiva utilizzata
per seppellire i morti, perché non esisteva ancora un cimitero a Noto. I
locali conventuali, sul finire dell’Ottocento, furono utilizzati per
ospitare la Cantina Sperimentale, in cui si produceva un liquore alle mandorle. La chiesetta fu demolita subito dopo la Prima Guerra Mondiale per costruirvi un Pantheon, che raccoglie le salme di alcuni caduti in guerra.
Nel piazzale Marconi si può ammirare la statua bronzea di S. Corrado Confalonieri, patrono della Città e della Diocesi di Noto. Nei giardini invece si trovano cinque statue di personaggi illustri della città, tra i quali l’architetto netino Matteo Carnilivari, considerato il più importante architetto siciliano del Quattrocento.
Uscendo dai Giardini Pubblici ci si imbatte in un Arco di Trionfo, che segna l’ingresso al centro storico, “salotto” della città.
La Porta Reale o Porta Ferdinandea è il simbolo dell'ingresso nella città. Proprio da qui
iniziamo la nostra passeggiata alla scoperta delle meraviglie che ci
attendono. Inizialmente Noto era separata da un grande vallone melmoso
con alberi; al di là del vallone si trovava il convento dei cappuccini. Il progettista dell'opera è il napoletano Orazio Angelini che costruì anche la statua di Ferdinando
poi diventata monumento dei caduti. Fu completata nello stesso anno con
l'aspetto che conserva tutt'oggi. Il progetto della porta reale ebbe
inizio nel 1838, quando a Noto si venne a sapere della venuta del re Ferdinando II di Borbone, detto il re delle due Sicilie.
Fu fatta costruire dal marchese Trigona di Cannicarao a proprie spese; nell’interno del fornice vi sono due stemmi: quello della città di Noto da un lato (guardando la foto, a sinistra) e quello della famiglia Cannicarao dall’altro.
La porta è in stile neoclassico; due eleganti lesene, con capitelli corinzi, snelliscono la mole squadrata del monumento, sulla cui sommità figurano tre sculture simboliche: a sinistra una torre merlata che rappresenta la forza dimostrata dalla città nel corso dei secoli.
A destra c'è un cirneco dell'Etna, antica razza canina, simbolo di fedeltà.
Il grande uccello situato al centro della Porta su un piedistallo si pensa sia un pellicano, simbolo dell'abnegazione.
Dalla Porta ci si immette nella strada principale, Corso Vittorio Emanuele, che offre subito alla vista la Chiesa di San Francesco all’Immacolata e il relativo convento dei Frati Minori Conventuali,
(in gran parte sede universitaria), costruita fra il 1704 e il 1745, su
iniziativa del superiore P. Filippo Tortora e su progetto degli
architetti Vincenzo Sinatra e Rosario Gagliardi. La chiesa è uno dei più imponenti edifici religiosi e una delle opere più interessanti del barocco netino. Nell’armoniosa facciata, aggettante su una scenografica scalinata a tre rampe (di cui una aggiunta nei primi dell’800, dopo l’abbassamento del manto stradale), spicca il bel portale, fiancheggiato da artistiche colonne barocche e tre nicchie, di cui due ai lati e una più piccola sopra il portale.
L'interno, ricco di stucchi, è a navata
unica e a croce latina. Prima di giungere all’abside, si osserva un
monumento funebre dedicato al Principe di Villadorata, Mariano Nicolaci. Nella nicchia centrale dell'abside c'è una statua della Vergine Immacolata
in legno dorato, attribuita ad Antonio del Monachello, datata 1564,
proveniente probabilmente da Noto Antica, come altre opere nella chiesa.
Di particolare interesse è il tabernacolo dell’altare maggiore, in bronzo e argento, sbalzato e cesellato. Nelle parti laterali dell’ingresso principale ci sono due monumenti funebri, uno in memoria del Marchese di Cannicarao Giuseppe Trigona e l’altro della moglie Maristella Crescimano Trigona.
Nella piazzetta, a destra del prospetto, è interessante la statua marmorea della Vergine (1787), donata dai baroni di San Giacomo, della famiglia Impellizzeri, eretta in sostituzione di quella calcarea del 1704.
L’angolo tra la chiesa di San Francesco e la parte sudorientale del Monastero del SS. Salvatore è da considerarsi uno dei più suggestivi
dell’intero Centro Storico Barocco. Costruito tra il 1710 e il 1791 su
un'area rettangolare di 11.000 mq., era il più vasto della città. Nel
Settecento il sogno delle famiglie più nobili era quello di avere qualche figlia ammessa all’ordine delle monache benedettine di questo convento.
L'edificio, pura espressione del barocco netino, è caratterizzato da due ordini, scanditi da due fasce marcapiano e da coppie di lesene scanalate che incorniciano meravigliose finestre, con grate in ferro battuto ricurve verso l’esterno e decorate da motivi floreali, da una massiccia torre a più piani con logge e un belvedere con balaustra. Il campanile termina a cuspide.
Piatti pilastri gemelli incorniciano al primo piano le grandi finestre, il cui ricco decoro ricorda lo stile plateresco portoghese. Segue un'ala sporgente, che ha la funzione di chiave nella concezione costruttiva; si eleva imponente come una torre su costruzioni e cupole circostanti, e non lascia adito a dubbi sulla superiorità di questo convento rispetto agli altri ordini.
La città di Noto è caratterizzata infatti da molte chiese, scenografiche, e ospitava tutti gli ordini conventuali essendo visitata da moltissimi pellegrini. Ora il pellegrinaggio ha ceduto il posto all'ammirazione dei turisti.
Lungo il Corso si presentano altre 13 artistiche finestre, così riccamente decorate che il critico d’arte Cesare Brandi le definì “merletto di Burano in pietra mielata”.
Alle finestre si affacciavano, non viste, le suore. L’interno è poco
interessante, poiché durante i moti rivoluzionari del maggio 1860 la
plebaglia trafugò gli oggetti d’oro, d’argento e i paramenti sacri. Le
suore continuarono ad abitarlo fino al 16 luglio 1930, quando l’ala
nordoccidentale fu distrutta da un violento e misterioso incendio. Fu recuperata tra le macerie una cassa, contenente oro e argento fusi nel fuoco.
Sempre nella facciata lungo il corso, di fronte alla chiesa di Santa Chiara, a due metri circa di altezza da terra, si trova una graziosa “fontanella muta”, a dimostrazione dell’abbassamento del livello stradale alla fine del XVIII sec. La stessa cosa si può dire per l’innalzamento della porta principale, rispetto al piano stradale, della chiesa di Santa Chiara con l’annesso Monastero.
La Chiesa di Santa Chiara, ufficialmente Chiesa di santa Maria Assunta, con l’annesso ex convento delle Benedettine, comprendeva tutto un quartiere, oggi in parte utilizzato per la costruzione del Palazzo delle Poste di Via Zanardelli. Le suore hanno abitato il monastero fino al 1918 quando, durante la Prima Guerra Mondiale, esso fu convertito in caserma.
Mentre il monastero fu edificato nel 1730 la Chiesa venne costruita tra il 1717 e il 1758, su disegno dell’architetto Rosario Gagliardi, che vi profuse il suo concetto di barocco sobrio e delicato.
La facciata originaria della Chiesa si affaccia su Corso Vittorio Emanuele: sopra il delicato portale, sormontato da ghirlande di fiori e merlature, si erge un'arcata
spezzata con al centro una finestrella. Il portale è inquadrato da
imponenti colonne tuscaniche, mentre più in alto si può vedere la torre che serve, allo stesso tempo, da torre campanaria e da belvedere, sormontata da pinnacoli di pietra.
Gli elementi più insoliti della facciata sono i capitelli decorativi posti sopra le paraste. I pilastri non hanno più il ruolo di sostegni, ma sono stati trasformati in fasci decorativi.
Nella foto, dettaglio del capitello.
Originariamente l'unico portale della chiesa era quello situato lungo Corso Vittorio Emanuele; verso la fine del XVIII secolo ne fu aggiunto un altro
dal lato di via Pier Capponi, a causa di alcuni lavori lungo il Corso.
Dopo il completamento dei lavori fu però riscontrato un notevole abbassamento del piano stradale, che rese inagibile il portale originario. Oggi l'unico accesso alla chiesa è quello da via Pier Capponi.
Vista dalla terrazza panoramica sulla torre della Chiesa di Santa Chiara.
Lo stile architettonico barocco si riconosce maggiormente all'interno, grazie alle numerose decorazioni con stucchi e putti. La pianta centrale è di forma ellittica, sul modello delle chiese ellittiche romane edificate tra Cinquecento e Seicento. La navata è attorniata e sostenuta da 12 colonne, sormontate ognuna da una statua dei 12 apostoli, eseguite dallo stuccatore netino Basile.
L’altare maggiore, sormontato da un dipinto di autore ignoto raffigurante l'Assunzione della Vergine, è ricco di marmi trasportati dall’antica Noto ed è adornato da una raggiera in stucco dorato.
Nell'altare di destra è conservata la pala del 1854, raffigurante i Santi Benedetto e Scolastica, del pittore palermitano Salvatore Lo Forte.
In quello di sinistra è invece custodita una Madonna col Bambino, cinquecentesca e in marmo, attribuita ad Antonello Gagini e proveniente da Noto antica.
La Cattedrale di San Nicolò è il luogo di culto cattolico più importante della città, nonché sede vescovile dell'omonima diocesi. È ubicata sulla sommità di un'ampia scalinata, sul lato nord di piazza Municipio (area domus-ecclesiae), ed è dedicata a san Nicolò,
vescovo di Mira. La costruzione iniziò nel 1694 e fu completata nel
1703, anno in cui fu aperta al culto con una solenne benedizione.
Il maestoso tempio fu costruito con un’unica navata; poi, avuto un po’ di sito dal lato del Palazzo Trigona e da quello Landolina, fu ampliato in tre navate, secondo il progetto di V. Sinatra. Nel corso dei secoli, tuttavia, sia la facciata che l'interno
hanno subito numerosi rimaneggiamenti, che le hanno conferito l'aspetto
attuale solamente alla fine del XIX secolo, con l'erezione della nuova cupola.
La facciata sontuosa possiede una grazia particolare mista di elementi barocchi e classici; la parte inferiore presenta otto colonne con capitelli corinzi e nicchie; al centro si trova un pregevole portone in bronzo, che sostituisce l’originale, ordinato dai Cavalieri dell’Ordine di Malta per donarlo nel 1983 alla chiesa maggiore e alla città: le formelle del portone rappresentano gli episodi significativi della vita del Santo Patrono.
Nella parte superiore della facciata si ammirano due torri: la torre campanaria e la torre dell’orologio; tra esse si trovano le statue dei quattro evangelisti e quattro colonne che sorreggono la trabeazione e l’attico della facciata. (vedi foto sopra)
In seguito al terremoto del 13 dicembre 1990 la chiesa subì alcuni danni strutturali. La sera del 13 marzo 1996, a causa di un grave difetto costruttivo dei pilastri della navata centrale, il primo dei piloni di destra che fa da sostegno alla cupola "per schiacciamento" rovinò al suolo, trascinando con sé nel crollo la cupola stessa.
Per effetto domino crollarono anche l'intera navata destra, la navata centrale e il transetto destro; rimase miracolosamente in piedi solo una piccola parte del tamburo. Fortunatamente non vi furono vittime, poiché a quell'ora la chiesa non era aperta al pubblico.
Nel gennaio 2000, dopo una prima fase di sgombero delle macerie, hanno avuto inizio i lavori di ricostruzione e di restauro, eseguiti da maestranze locali, addestrate per l'occasione nell'utilizzo della pietra calcarea
e delle tecnologie antiche. Ultimo capitolo della ricostruzione della
cattedrale è stato l'elevazione della nuova cupola, pressoché identica
all'originale.
All'interno del cantiere si è coniugato tradizione e innovazione. Sono state utilizzate pietre locali come la pietra calcarea bianca per le strutture verticali, l'arenaria per le strutture archivoltate e la pietra di Modica per la pavimentazione, assemblate però con moderni metodi antisismici. Si è fatto ricorso anche a materiali come la fibra di carbonio.
Una nuova decorazione pittorica è iniziata nell'estate 2009 dai pennacchi della cupola. Nella cerimonia tenutasi domenica 13 febbraio 2011 è stato inaugurato il grande affresco della cupola, raffigurante "La Pentecoste", e dei pennacchi, con i quattro evangelisti, del pittore russo Oleg Supereko (chiamato Superego perché ha voluto rappresentare se stesso in uno degli affreschi).
L'interno, a croce latina con tre navate,
delle quali quella centrale più grande delle due laterali, ha subito
numerosi rimaneggiamenti, raggiungendo le attuali sembianze solamente
nel 1899, quando fu costruita la cappella del SS. Sacramento. Quasi completamente disadorno fino alla metà del secolo scorso (a lato una foto d'epoca)
fu affrescato dal torinese Nicola Arduino e dal bolognese Armando Baldinelli, fra il 1950 e il 1956, a seguito di un voto fatto dal sindaco della città a san Corrado Confalonieri durante la guerra.
(a lato una foto prima del crollo)
La ricostruzione in seguito al crollo del
1996 e alla conseguente perdita dell'apparato iconografico ha
restituito l'interno all'originario candore.
(a lato la foto dell'odierno interno)
L'interno custodisce numerose opere d'arte, alcune delle quali provenienti da Noto Antica, fra le quali, nella navata destra, una preziosa arca d'argento cinquecentesca contenente le spoglie del Santo Patrono della città, Corrado Confalonieri. Quest'anno ricorreva il quinto centenario della beatificazione: 1515 - 2015. Vedi la pagina creata in proposito.
La piazza del Municipio, Piazza Trigona, rappresenta uno dei momenti culminanti di quello straordinario scenario architettonico a prospettive, che fa della cittadina di Noto un sorprendente esempio di urbanistica barocca. Ciò che costituisce il trionfo scenografico dell'ambiente è l'ampia scalea che sale a più ripiani al Duomo. Per rappresentare la perfetta corrispondenza dei due poteri, temporale e spirituale, di fronte alla Cattedrale sorge il Palazzo Ducezio, ora sede del Municipio, realizzato intorno al 1760. Alla definizione
architettonica e scenografica dell'ambiente partecipano anche gli altri
edifici che contornano la piazza: il settecentesco palazzo Vescovile, la chiesa del Salvatore della fine del '700 e già neoclassica, e il classicheggiante palazzo Landolina di San Alfano, a tre ordini di lesene accoppiate. La colorazione dorata della pietra usata nelle costruzioni aggiunge poi all'insieme una nota di unitarietà.
Palazzo Ducezio trae nome dal condottiero che nel V° secolo a.C. si mise a capo delle popolazioni sicule, nel tentativo di contrastare gli eserciti greci. Fu progettato dal netino Vincenzo Sinatra nel 1746, ispirandosi ad alcuni palazzi francesi del XVII secolo, ma fu terminato solo nel 1830, e il secondo piano venne costruito nella prima metà del XX secolo.
Concepito con un unico piano, a distanza di un secolo fu realizzata, per creare la sede dell'Aula Consiliare, una sopraelevazione la quale, oltre a modificarne le linee, ne ha compromesso la bellezza. La facciata, convessa, è caratterizzata nel piano inferiore da un porticato classicheggiante, costituito da venti arcate sorrette da colonne con capitelli ionici e nella sezione superiore da tredici finestroni rettangolari con un’elegante balconata.
All’interno si trova il Salone di rappresentanza, chiamato anche Sala degli specchi, nel cui soffitto era raffigurata l’aquila borbonica, che in seguito fu sostituita con un affresco di Mazza, databile agli ultimi anni del XVIII secolo, raffigurante il re Ducezio nell’atto di indicare il sito dove avrebbero dovuto costruire la nuova città.
L’ambiente, a pianta ovale, ha arredamenti stile Luigi XV, grandi specchi e decorazioni al soffitto stile liberty; originariamente era adibito a piccolo teatro per una ristretta cerchia di nobili, successivamente a sala consiliare. Oggi, come nel passato recente, il Salone accoglie visitatori illustri. Viene utilizzato anche per cerimonie importanti.
Ai quattro lati sono raffigurati quattro momenti
importanti della storia di Noto: il Ginnasio di Noto Antica (III secolo
a.C.); Netum alleata di Roma (I secolo a.C.); Noto Città Ingegnosa
(1503); Garibaldi cittadino onorario di Noto (1860).
Passiamo davanti al Caffè Sicilia, che è doveroso citare, dal momento che è un punto di riferimento per Noto. A quanto pare serve prelibatezze di ogni tipo; io mi sono limitata a un caffè, peraltro veramente ottimo.
Lungo la via Corrado Nicolaci, dove si svolge ogni anno l'Infiorata, a sinistra, si presenta imponente e artisticamente bellissimo uno dei più famosi palazzi di stile barocco nel mondo: Palazzo Nicolaci di Villadorata, dal Gennaio 2003 bene prezioso dell’UNESCO, sorto tra il 1739 e il 1765 su commissione del barone Giacomo Nicolaci con un progetto portato a Noto da Montpellier. Vi lavorarono sia il Gagliardi che il Sinatra. La facciata, in stile barocco, è caratterizzata da un ampio portale fiancheggiato da due grandi colonne ioniche e sormontato da un balcone, nonché da sei balconi più piccoli (tre per lato), sorretti da mensoloni scolpiti uno in modo diverso dall'altro.
Questo straordinario edificio rappresentava la residenza nobiliare urbana della famiglia Nicolaci, che oggi ne possiede solo un’ala, dove dimora, mentre il resto è stato ceduto al Comune di Noto.
Erede di una famiglia borghese arricchitasi con le tonnare, che aveva acquistato un feudo e un titolo, il barone volle una residenza con circa 90 stanze, alcune delle quali sfarzosamente decorate, come il salone delle Feste, in grado di stupire tutti.
Interessantissimi sono i balconi, considerati i più “belli del mondo”. I mensoloni sono stati scolpiti secondo un progetto simbolico sulle virtù dei Nicolaci. Le sfingi dal volto di bimbi paffuti, protesi verso il domani;
seguono gli ippogrifi, i cavalli alati con le zampe anteriori aggressivamente protese verso la libertà;
nel terzo balcone, quello dei centauri dal volto atteggiato a grande sofferenza, c'è una figura strana, un “turco”, forse il ritratto ideale di Giacomo Nicolaci, simbolo della stravaganza. Seguono poi le sirene alate che danno un senso di spiritualità; le chimere hanno il volto del leone, simbolo di potenza; chiudono la serie i mascheroni grotteschi, i “vecchi”, che completano e chiudono l’avventura della famiglia, da semplici mercanti di pesce a baroni e principi.
Un'ala di Palazzo Nicolaci accoglie la Biblioteca Comunale, fondata dal Municipio nel 1817 con la munificenza dei privati, specialmente del principe di Villadorata, e ormai ricca di migliaia di volumi e di vari manoscritti latini e spagnoli, a cui va aggiunta una galleria di ritratti degli uomini illustri di Noto, dono del barone Astuto.
L'infiorata: non si tratta di una manifestazione religiosa, ma del Saluto alla Primavera. Nel maggio 1980 l'ex Azienda Provinciale del Turismo invitò gli artisti della città laziale di Genzano a realizzare l'Infiorata in via Nicolaci,
con grande successo di pubblico. La manifestazione artistica ha
avuto poi vita propria e indipendente, mutando nella forma ma non nella
sostanza.
Vengono realizzati sedici bozzetti floreali dalle sapienti mani dei maestri infioratori netini. Negli anni l'Infiorata è stata sempre dedicata a un tema, dalle correnti artistiche fino a Walt Disney. Ormai è diventata una tradizione della città e viene realizzata la terza domenica di Maggio di ogni anno.
Negli ultimi tre anni l'infiorata è stata dedicata a un paese estero, in segno di gemellaggio e vicinanza. Nel 2013 c'è stato l'omaggio al Giappone, nel 2014 l'incontro con la Russia, quest'anno il tema è stato "Benvenuta Catalunya".
I tappeti floreali sono stati realizzati nella notte del 15 maggio e
offerti alla vista il 16 e 17 maggio. Sono stati coinvolti anche i bambini nella settimana precedente con Scuoleinfiore.
La Loggia del Mercato ospitava il vecchio mercato netino della carne e del pesce, all’interno di un esteso piazzale quadrato con una vasca in pietra bianca iblea al centro. La loggia in ferro battuto cinge i dodici piccoli vani, dove un tempo si trovavano le botteghe dei macellai e dei pescivendoli.
Ne parlo perché, oltre ad averla vista, ho trovato la chicca qui sotto.
In provincia / Gianni Catania / 14 aprile 2015 09:09 /
Sono avvenuti oggi i sopralluoghi da parte dello staff che realizza la serie “Il Commissario Montalbano”
nelle location netine in cui saranno girate alcune scene della fiction
tv. Dureranno almeno quattro giorni le riprese a Noto della fortunata
serie tv tratta dai romanzi di Camilleri, con ogni probabilità dal 6 al
10 Maggio 2015.
A guidare lo staff è stato il regista Alberto Sironi accompagnato dal sindaco di Noto, Corrado Bonfanti, e dal responsabile della film commission Corrado Di Lorenzo. Piazza Municipio, Corso Vittorio Emanuele, Palazzo Ducezio, Palazzo Landolina e la Loggia del mercato di Palazzo Nicolaci sono solo alcuni dei luoghi scelti dallo staff che realizzerà le scene della serie tv prodotta dalla Palomar.
Il sopralluogo si è protratto per l’intera mattina e nella prima parte del pomeriggio con il regista Alberto Sironi che in maniera attenta e consultandosi con i suoi collaboratori ha scelto personalmente i luoghi e gli angoli del barocco netino dove ambientare le gesta de “Il Commissario Montalbano” interpretato da Luca Zingaretti.
“Grande soddisfazione per la scelta fatta dalla produzione e dal regista Alberto Sironi – ha detto il sindaco Bonfanti – che rende omaggio alle bellezze della nostra città e valorizza ancor di più, oltre al territorio ragusano ed ibleo, lo splendido paesaggio naturale ed architettonico protagonista della serie de ‘Il commissario Montalbano’ tratta dai romanzi del maestro Camilleri”.
A guidare lo staff è stato il regista Alberto Sironi accompagnato dal sindaco di Noto, Corrado Bonfanti, e dal responsabile della film commission Corrado Di Lorenzo. Piazza Municipio, Corso Vittorio Emanuele, Palazzo Ducezio, Palazzo Landolina e la Loggia del mercato di Palazzo Nicolaci sono solo alcuni dei luoghi scelti dallo staff che realizzerà le scene della serie tv prodotta dalla Palomar.
Il sopralluogo si è protratto per l’intera mattina e nella prima parte del pomeriggio con il regista Alberto Sironi che in maniera attenta e consultandosi con i suoi collaboratori ha scelto personalmente i luoghi e gli angoli del barocco netino dove ambientare le gesta de “Il Commissario Montalbano” interpretato da Luca Zingaretti.
“Grande soddisfazione per la scelta fatta dalla produzione e dal regista Alberto Sironi – ha detto il sindaco Bonfanti – che rende omaggio alle bellezze della nostra città e valorizza ancor di più, oltre al territorio ragusano ed ibleo, lo splendido paesaggio naturale ed architettonico protagonista della serie de ‘Il commissario Montalbano’ tratta dai romanzi del maestro Camilleri”.
Corrado Parisi
Passando davanti a un negozio abbiamo visti esposti dei vasi di Caltagirone, rappresentanti la testa di un moro e quella di una fanciulla.
Si narra che nel quartiere arabo di Palermo, la Kalsa, durante la dominazione araba, abitasse una bellissima fanciulla, che trascorreva le giornate a curare i fiori del suo balcone. Un giorno un giovane moro, passando sotto il balcone della fanciulla, la notò mentre accudiva le sue piante e se ne invaghì perdutamente. Le dichiarò subito il suo amore e la bella ragazza, colpita dall’audacia del pretendente, ricambiò il sentimento. Purtroppo il giovane moro era già sposato e aveva un paio di figli e quando la fanciulla seppe che sarebbe partito per tornare dalla sua famiglia in Oriente, attese la notte e lo uccise in pieno sonno. Gli tagliò la testa, ne fece una “grasta” in cui piantò del basilico e lo mise in bella mostra fuori dal balcone. Il moro, così, rimase per sempre con lei: la pianta innaffiata ogni mattina con le sue lacrime, crebbe rigogliosa e destò l’invidia degli abitanti del quartiere che, per non essere da meno, si fecero fabbricare dei vasi di terracotta a foggia di testa di moro.
Chiude via Nicolaci la Chiesa di San Girolamo dedicata anche a "Santa Maria di Montevergini" (chiamata "Chiesa di Montevergini"), oggi sconsacrata, disegnata dall'architetto Vincenzo Sinatra per volere delle Monache Cistercensi; questa chiesa faceva parte del loro monastero, demolito nel 1936. La particolare facciata è di forma concava. Al centro della parte superiore della facciata vi è una finestra sormontata da un timpano triangolare. Sopra di essi sono poste le due torri campanarie a sezione trapezoidale, con celle campanarie arcuate sotto le quali sono posti dei balaustrini. Esse sono divise da una balaustra centrale con sopra una Croce di ferro.
L'interno della chiesa è caratterizzato da una sola Navata,
circondata da un colonnato corinzio assomigliante a quello della Chiesa
di Santa Chiara. Ora ospita diverse confraternite e relativi costumi e stendardi. Negli ultimi anni la chiesa è diventata ancora più nota, per le frequenti riprese della serie televisiva “Il Commissario Montalbano”.
L'Altare Maggiore in marmo policromo è di una bellezza straordinaria. Ai lati vi sono due Angeli con
le ali spiegate, che danno un sensibile effetto ottico, il che rende la
struttura marmorea ancor più plastica e viva, per non parlare del
sontuoso baldacchino in marmo che ricopre il Tabernacolo.
Riprendendo il Corso, ci si presenta la meravigliosa facciata della Chiesa di S. Carlo Borromeo (con la sua immagine ascensionale e con la sua ogiva), chiamata comunemente Chiesa del Collegio, in quanto annessa all’ex Collegio dei Gesuiti. Edificata a partire dal 1730 è a pianta longitudinale, con tre navate coperte da una volta a botte e scandite da semicolonne.
La facciata è formata da tre corpi sovrapposti ornati da colonne a fusto liscio, rastremate e coronate da capitelli dorici (nel 1° ordine), ionici (nel 2°) e corinzi (nel 3°) ed è caratterizzata dal caratteristico andamento mistilineo-convesso. Il materiale da costruzione è la dorata calcarenite locale. La campana e l'altare maggiore provengono dalla chiesa dei Gesuiti della Noto Antica, distrutta nel terribile terremoto del Val di Noto del 1693. Annesso alla Chiesa è l’ex Collegio dei Gesuiti, che si sviluppa fino alla Piazza XVI Maggio e oggi è sede del Liceo Classico.
Concludiamo la nostra visita in Piazza XVI Maggio (un tempo S. Domenico) dove c'è la graziosa Villetta Ercole, un tempo chiamata “Floretta”. Al centro della Villa sorge un'artistica fontana, realizzata nel 1757, sormontata da una statua marmorea di Ercole, recuperata da Noto Antica, simbolo della forza e del genio della città. Ercole è rappresentato col braccio destro proteso nell’atto di bere; il sinistro regge invece una clava. Nel 1838 l’avambraccio sinistro fu sostituito con un altro reggente lo stemma della città.
Al valore storico, oltre che artistico, se ne aggiunge un altro
risorgimentale, perché tra le sue braccia i giovani antiborbonici
issarono il primo tricolore della rivoluzione garibaldina.
Fiancheggiano la Fontana di Ercole, tra palmizi e altre piante decorative, due altri monumenti: uno alla poetessa Mariannina Coffa, in marmo bianco, e un altro allo statista Matteo Raeli, in bronzo.
Dietro la Villetta si erge la Chiesa di S. Domenico, la più bella opera d’arte barocca della città, che dal 25 Gennaio 2003 è, insieme ai balconi di Palazzo Nicolaci, il simbolo della città in quanto iscritta nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Venne edificata tra il 1703 e il 1727 come chiesa conventuale dei padri domenicani, presenti già in Noto Antica.
Una scala a gradini semicircolari conduce alla facciata che è a due ordini, il primo dorico e il secondo ionico, mentre la parte centrale sporge con forma convessa. Nell’ordine inferiore risaltano tre portali: il centrale ha un architrave riccamente lavorato e sormontato da un arco spezzato; nel secondo ordine si apre una grande finestra con una balaustra in pietra sormontata da un arco chiuso.
Sempre sulla piazza sorge il Teatro Comunale, in stile neoclassico,
che fu intitolato al re Vittorio Emanuele III. Fu inaugurato in una
cerimonia solenne nella sera del 4 dicembre 1870 e artisti famosi come Tina di Lorenzo, Pierantonio Tasca e Eleonora Duse calcarono quel palcoscenico. Sul tetto, al centro, una imponente Euterpe, “Musa della Lirica”.
Come tutte le cose belle anche questa gita volge al termine. Dopo il pranzo a Noto, il pullman ci porta all'aeroporto di Catania, passando non lontano da Siracusa, Augusta, paesaggi ricchi di agricoltura ma anche squallidi come la raffineria di Priolo. L'Etna ci sovrasta per l'ultima volta, maestoso e severo e l'aereo ci riporta a casa. Lascio un link a un sito molto bello, che ho sfruttato parecchio per Noto.
Dunque, alla prossima!
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