Corrado nacque a Calendasco nel 1290 dalla nobile casata dei Confalonieri che, oltre ad abitare in Piacenza, avevano vasti feudi assegnati loro quale privilegio di essere una famiglia guelfa fedele alla Chiesa. Corrado si trovava un giorno a caccia con una compagnia di amici e familiari e, poiché la caccia non dava buon esito, ordinò di appiccare il fuoco alle sterpaglie per stanare la cacciagione ma, complice il forte vento, il fuoco in un attimo bruciò tutto
ciò che incontrava, tra cui boschi, case e capanne. Non appena la
notizia si propagò in città, si credette che l'incendio fosse stato
appiccato dai Guelfi per colpire l'attuale governanza ghibellina e subito si scatenò la caccia al responsabile, che venne individuato in un povero contadino che bruciava sterpaglie. La notizia della condanna colpì l'animo di Corrado, che non riusciva a darsi pace
per quello che era successo a causa sua. Non esitò quindi a chiedere
udienza al Signore di Piacenza, al quale dichiarò la propria
colpevolezza, subendo la pesantissima pena della confisca di tutti i terreni per risarcire il danno fatto. Questo evento segnò profondamente la vita di Corrado, che negli anni successivi si avvicinò sempre più alla fede: vestì infatti l'abito penitenziale francescano ritirandosi nell'eremo nei pressi di Calendasco. Prese la decisione di lasciare Piacenza
e tutte le cose materiali per dedicarsi alla propria anima e alle cose
eterne, così che, intorno al 1315, lasciò la città. Nel suo lungo
peregrinare, eremita itinerante secondo la tradizione
francescana, Corrado attraversò l'Italia verso sud, pregando sulle tombe
degli Apostoli a Roma, finché non giunse nella sua meta definitiva, Noto Antica, intorno al 1340. Qui legò una stretta amicizia con Guglielmo Buccheri,
già scudiero di Federico II d'Aragona, che le vicende della vita
portarono a fare una scelta d'eremitaggio simile a Corrado. Buccheri
ospitò Corrado nelle cosiddette Celle, un quartiere isolato nei pressi della Chiesa del Crocifisso, dove vi rimase per circa due anni,
per poi ricominciare le sue peregrinazioni quando la sua solitudine fu
compromessa dalle sempre più numerose genti che chiedono a lui preghiere
e consigli. Corrado si trasferì in zone remote e
desertiche, il suo unico pensiero era avvicinarsi a Dio. La sua era una
vita ascetica al pari dei grandi Padri del deserto. A Corrado sono
attribuiti molti miracoli; durante una delle sue visite a Noto, Corrado incontrò un suo vecchio conoscente, il nobile Antonio Sessa di Daverio, il quale soffriva da tempo di ernia. Alla vista dell'amico dolorante, Corrado ne ebbe compassione e, dopo aver pregato per lui, questi immediatamente guarì dai suoi dolori. Un altro avvenimento miracoloso è considerata la guarigione del figlioletto di un amico sarto, che soffriva anch'egli di un'ernia assai sviluppata. Il più famoso rimane però il cosiddetto miracolo dei Pani, che Corrado avrebbe compiuto durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348-1349, causata dalla peste nera che imperversava. Secondo la leggenda, in quel periodo chiunque si rivolgesse a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, impastato direttamente dalle mani degli Angeli. Lo stesso vescovo di Siracusa
(sotto la cui cura ricadeva all'epoca anche la città di Noto), aveva
assistito personalmente al miracolo dei pani compiuto da Corrado: il
vescovo accertò di persona che egli viveva in una grotta nelle montagne netine senza nulla di ciò che serve alla vita comune, eppure Corrado porse al vescovo del pane caldo e fragrante. Corrado morì nella sua grotta il 19 febbraio 1351,
con al fianco il confessore. Il racconto narra di un trapasso avvenuto
in ginocchio e in preghiera con gli occhi al cielo, posizione mantenuta
anche dopo la morte, mentre una luce avvolgeva la Grotta dei Pizzoni e si tramanda che le campane della città si misero a suonare da sole. Venne seppellito nella Chiesa di San Nicolò a Noto, secondo le sue volontà. In seguito il corpo venne traslato nella Cattedrale di Noto dove è venerato da parecchi secoli. Subito dopo la morte dell'eremita si diede inizio alla causa di beatificazione, che si concluse positivamente solo nel 1515 per volere di papa Leone X.
A Noto il patrono viene ricordato con solenni processioni svolte due volte l'anno (quattro considerando le ottave), il 19 di febbraio e nell'ultima domenica di agosto,
in cui viene ricordata la beatificazione del Santo avvenuta il 28
agosto del 1515. Dal 1485 il corpo del "santo" eremita a Noto
viene conservato in una magnifica urna argentea.
In una valle poco lontana da Noto vi è l'eremo di San Corrado, che ingloba ancora oggi la grotta dell'eremita, una nuda grotta rocciosa ove visse in preghiera e contemplazione. Nell'eremo del "santo" vi è anche un bel Museo con esposti gli ex voto
per le grazie ricevute, quali ad esempio arti artificiali: una
testimonianza concreta della continua grazia che i devoti ricevono per
intercessione di san Corrado.
L'urna d'argento nella grotta presso Noto, che contiene il venerato corpo. Ogni dieci anni
l’urna di San Corrado viene portata, sempre in solenne processione,
fino all’Eremo – Santuario a lui dedicato, che si trova a cinque
chilometri dalla città, e nella grotta dove Corrado visse e morì.
L'urna (sette sarcofaghi), preceduta dalle Confraternite e dai "Cili",
grandi ceri decorativi sostenuti da fusti di legno che
rappresentano la storia della vita del Santo, viene portata a spalla dai Portatori il 19 febbraio; seguono la Banda Musicale e i fedeli che scelgono di fare il loro voto nel "viaggio scausu" (viaggio scalzo) dalla propria città sino al centro storico. La domenica successiva, OTTAVA della festa, nel pomeriggio si svolge nuovamente la processione del santo patrono.
Festeggiamenti estivi - ultima domenica di Agosto.
Momenti di grande commozione e partecipazione popolare per la festa più
sentita dell'anno. In prossimità dei festeggiamenti in onore di San
Corrado, nella Cattedrale gremita di devoti, l’urna del Santo viene traslata dal luogo in cui è custodita ed esposta in modo da essere visibile a tutti i fedeli. L’urna, una volta svelata, viene spostata dalla cappella laterale all’altare maggiore, dove resterà esposta fino alla fine dei festeggiamenti, prevista per la domenica successiva, con la processione del solenne ottavario.
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