Panarea appartiene al comune di Lipari; è suddivisa nei centri di San Pietro, Ditella e Drauto. È l'isola più piccola e la meno elevata dell'arcipelago (Timpone del Corvo, la maggiore elevazione, raggiunge i 421 metri), nonché la più antica. Lunga appena tre chilometri, larga due, è stata la prima a sorgere dal mare, forse meno di mezzo milione di anni fa, ed è nata dall'immane esplosione di un unico complesso vulcanico sottomarino che si è dissolto in mille pezzi, creando un piccolo arcipelago del quale Panarea è il blocco più grosso e gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche sono i frammenti minori, fra Lipari e l'isola di Stromboli.
Un'altra tesi afferma invece che Panarea fu la più grande delle Eolie: perchè assieme agli scogli e isolotti che la circondano formava un'unica isola, divisa poi in tante parti dall'innalzamento del livello del mare. A conferma della tesi soccorre la toponomastica, dove Basiluzzo deriva da basileus, il re, perciò ha il significato di isola regina, la più importante. Che siano vere questa o quella teoria, la storia geologica di Panarea e tuttora ben visibile nelle varie parti dell'isola.
Un'altra tesi afferma invece che Panarea fu la più grande delle Eolie: perchè assieme agli scogli e isolotti che la circondano formava un'unica isola, divisa poi in tante parti dall'innalzamento del livello del mare. A conferma della tesi soccorre la toponomastica, dove Basiluzzo deriva da basileus, il re, perciò ha il significato di isola regina, la più importante. Che siano vere questa o quella teoria, la storia geologica di Panarea e tuttora ben visibile nelle varie parti dell'isola.
Comunemente nota come l'isola dei Vip, è tra le isole siciliane più frequentate dai turisti nei mesi estivi.
Panarea fu abitata già in epoca preistorica, come testimonia il villaggio dell'età del Bronzo (XIV secolo a.C.) sul promontorio di Punta Milazzese,
a sud-ovest dell'isola. La particolare posizione del pianoro, proteso
verso il mare e protetto da alte pareti a dirupo sul mare - dunque
facilmente difendibile - ne fece un luogo ideale per l'insediamento.
Nel villaggio, di cui sono visibili e visitabili i resti di una ventina di capanne, sono stati ritrovati materiali d'origine micenea, a testimonianza del ruolo svolto, anche in antichità, dall'arcipelago eoliano, al centro delle principali rotte commerciali del Mar Mediterraneo.
Fra il VII e il VI secolo a.C. le isole furono preda di scorrerie etrusche, poi colonizzate dai Greci. Nel 264 a.C. Lipari è alleata di Cartagine e le isole devono quindi subire i continui attacchi della flotta romana: nel 252 a.C. Lipari e le altre isole passeranno sotto il dominio romano. Ci sono i resti di una villa romana sull'isola di Basiluzzo.
A metà del 1500 gli arabi cominciarono a insidiare le isole (ne resta traccia nella contrada di Drauto, dal nome del pirata Dragut).
Per questo l'isola rimase pressoché disabitata, ma verso la fine del
XVII secolo i contadini di Lipari ripresero a coltivarla.
Sopra il villaggio preistorico di Punta Milazzese esiste il "Castello del Salvamento",
un pinnacolo roccioso di notevole altezza, usato come rifugio dagli
abitanti durante queste incursioni. Nel 1800 le isole Eolie ebbero
grande prosperità, perché scalo di importanti rotte
commerciali mediterranee e a Panarea si contavano circa 1000 abitanti.
Il benessere venne incrinato per l'avvento della fillossera, che distrusse la maggior parte dei vigneti, con la conseguenza che la popolazione cominciò a emigrare verso Stati Uniti, Sud America e Australia.
Ai giorni nostri la popolazione è intorno ai 200 abitanti stabili (in inverno, nei mesi estivi con i turisti può facilmente decuplicare). Gli isolani vivono ora del successo turistico
dell'isola, esploso alla fine degli anni settanta, ma iniziato alla
fine degli anni cinquanta, con la scoperta di queste isole da parte di
villeggianti alla ricerca di un'oasi di vita a contatto diretto con la
natura.
L'approdo più importante è in località San Pietro, centro economico e località in cui si trova il molo
adibito allo sbarco di aliscafi e traghetti. Dall’area portuale si
snodano tutte le stradine che conducono ai tre centri abitati di San Pietro a est, Drauto a sud-ovest e a nord-est Ditella.
Le modeste dimensioni dell’isola permettono di girarla completamente a piedi ma ciò non toglie la possibilità di prendere il classico e pittoresco taxi eoliano, un’apetta sapientemente adibita al trasporto di persone, o le classiche macchine elettriche.
La contrada di San Pietro è anche sede di quasi tutte le attività di supporto al turismo ed è proprio questo punto il centro della mondanissima vita isolana. Percorrendo la stradina che conduce verso la montagna ci si immerge nel centro abitato, che si sviluppa lungo un dolce pendio, sormontato da scaloni che venivano utilizzati a scopo agrario.
Le case mantengono un’architettura intatta dal tipico colore bianco, che contrasta con il verde di palme, ulivi, arbusti di cappero e con i cangianti colori delle bouganville, pianta diffusa in tutto l’arcipelago eoliano. Percorrendo la strada a monte si incontra la chiesetta di San Pietro, principale edificio religioso, da dove, il 28-29 Giugno, parte la processione del Santo patrono dell’isola e dei pescatori.
Verso la fine del 1600 o inizio del 1700, gli abitanti di Panarea hanno costruito in tre tempi l’attuale chiesa Assunta, allora dedicata al Patrono dell’isola, san Pietro. Si è prima costruita la navata e la sagrestia; poi, per ingrandire, due piccoli laterali e l’abside come altare maggiore. In un terzo tempo è stato costruito il campanile e infine la canonica. Sotto il pavimento della prima parte della chiesetta è stata scavata anche una sepoltura, tipo fossa comune. Pian piano però la popolazione aumentava e la chiesetta non fu più sufficiente per accogliere tutti.
L'interno della chiesa.
Si decise allora di costruirne una seconda, l'attuale chiesa di san Pietro,
intorno alla fine XIX sec. ma consacrata molti anni dopo; testimonia la
devozione di un popolo verso il proprio patrono, al quale si affidavano
le speranze di una vita pacifica e di un’abbondante pesca. Fu proprio questa devozione che portò anche alla creazione di un mosaico, davanti al portale.
L'interno è semplice e molto luminoso,
all'esterno una bella palma fa compagnia al campanile.
Con la circumnavigazione dell'isola si possono ammirare i posti più caratteristici e suggestivi: coste rocciose, terrazzi marini, colonne di roccia e ventagli di lava solidificata. Imperdibile la Baia di Cala Junco, che si trova nella parte più meridionale dell'isola. Si tratta di una bellissima piscina naturale, da molti considerata la località più bella di Panarea.
La spiaggia, situata nei pressi del villaggio preistorico di Punta Milazzese
a sud-ovest del molo di San Pietro, è raggiungibile a piedi seguendo la
strada che conduce prima a Drauto e poi attraverso un antico sentiero a
Cala Junco; fu probabilmente utilizzata ai tempi del villaggio preistorico come darsena.
La baia è a forma di anfiteatro delimitato ai lati da stravaganti formazioni rocciose,
che creano così una piscina naturale. Questa cala viene definita una
delle baie più belle non solo dell’isola ma dell’intero arcipelago
eoliano; le acque che la bagnano assumono strabilianti colorazioni, che variano dal verde smeraldo al turchese al blu intenso.
Situata nella parte meridionale dell’isola, la Cala degli Zimmari
è raggiungibile a piedi dal porto, percorrendo la stradina che conduce
inizialmente a Drauto e prosegue per il villaggio preistorico. La
cala è l’unica spiaggia sabbiosa dell’isola di Panarea e viene anche chiamata “spiaggia rossa”, per il suggestivo colore del suolo che assume tonalità rossastre.
Divisa nel senso della lunghezza da un'elevata dorsale, rimane soltanto la parte orientale e meridionale dell'isola originaria, con coste relativamente limitate in altezza, caratterizzate da piccole spiagge e vaste zone pianeggianti, anticamente coltivate a vigne e oliveti, di cui ancora oggi si notano i terrazzamenti che erano adibiti alle colture, oramai abbandonate.
Il lato occidentale e quello settentrionale sono caratterizzati da alte coste inaccessibili e molto frastagliate, un continuo succedersi di terrazzamenti, crepacci e suggestive formazioni di lava solidificata.
Il condotto principale dell'originario complesso vulcanico è situato
all'incirca nel tratto di mare compreso tra lo scoglio La Nave e lo
scoglio Cacatu.
Lo scoglio La Nave, di
origine vulcanica, alto 49 metri e ampio 4.200 metri quadri, è situato
in corrispondenza del luogo dove, non meno di 200.000 anni fa, eruttava
il principale cratere di Panarea, oggi scomparso. Dal mare, sulla costa occidentale (Cala Bianca), sono invece visibili i resti di un camino vulcanico secondario dalla forma di grosso imbuto.
Sul lato nord-est dell'isola, sulla spiaggia della Calcara, è tuttora possibile scorgere fumarole di vapori che si levano dalle fessure fra le rocce
(dai suggestivi colori sulfurei), ultime tracce di attività vulcanica
con temperature fino ai 100 °C. In alcuni punti fra i ciottoli in
riva al mare, per effetto di queste sorgenti di calore, l'acqua ribolle fino a essere ustionante.
Altri fenomeni eruttivi subacquei (alla ribalta della cronaca per un'improvvisa aumentata attività dal 2002, dapprima allarmante, poi sotto controllo) sono evidenti nel ribollire delle acque fra l'isolotto di Bottaro e Lisca Bianca, a causa di una fumarola fredda che emana piccole bolle di anidride carbonica.
Bottaro deve il suo nome alla forma bombata (da botte). E' lungo 200 metri e largo meno della metà ma è caratteristico per quanto detto sopra, cioè il fenomeno delle "quadari" (caldaie), che si osservano col mare in bonaccia.
Lisca Bianca, a circa 3 km a est di Panarea, deve il nome all'essere estesa orizzontalmente (una lisca), e poiché è costituita da materiali vulcanici come la riolite, il colore bianco è dato da alterazioni chimiche dovute a fumarole acide. In passato venne anche utilizzata come cava di allume.
Lisca Bianca è anche famosa per la sua Grotta degli Innamorati: secondo una leggenda coloro che si baciano in prossimità della grotta rimarranno uniti per sempre.
Gli abitanti di Panarea raccontano che nell’agosto del 2006 iniziò
proprio in questa grotta la storia d’amore fra William e Kate. Qui pare
si siano scambiati infatti il loro primo bacio.
Basiluzzo si presenta come una cupola con pareti a picco sul mare. L’isola è costituita di stratificazioni di colate laviche successive, dove si alternano gli strati scuri dell’ossidiana con gli strati chiari della pomice. L’isola è comunque costituita in massima parte da riolite. A fianco, con Spinazzola.
Ha una superficie di 0,3 Km², pertanto è la più grande tra le isolette e gli scogli delle Eolie. Al centro ha un ampio pianoro che nel corso dei secoli è stato utilizzato come sede di coltivazioni,
pascolo e abitazioni stagionali. Ritrovamenti di ceramiche e utensili
di ossidiana suggeriscono che Basiluzzo fosse frequentata sin dall'età
neolitica.
Lo Scoglio Spinazzola,
ampio 5.500 metri quadrati e alto 79 metri, si trova accanto all'isola
di Basiluzzo ed è caratterizzato da ripide scogliere a picco sul mare,
tanto che non ci sono punti per lo sbarco né terreno coltivabile.
I Panarelli sono un gruppo di cinque minuscoli scogli, appena affioranti dal pelo dell'acqua, nei pressi di Dattilo, nel miniarcipelago dell'isola di Panarea. Il nome è un diminutivo di Panarea.
Dattilo è interamente rocciosa, ricca di allume, zolfo e gesso, ma totalmente inaccessibile, eccezion fatta per una piccola spiaggia di ciottoli sul versante orientale. La cima è a 103 metri di altezza. Si ritiene che il nome derivi dal greco antico dáctylos, ossia “dito”, a causa di una roccia slanciata verso il cielo, che assume appunto la forma di un dito. (Vedi a sinistra)
Lisca Nera è oggi un minuscolo scoglio che affiora dal pelo dell'acqua nei pressi di Panarea, ma fino alla metà del XX secolo era vasto alcune decine di metri quadri. Gli agenti atmosferici hanno eroso con particolare velocità tale scoglio, cancellando le poche forme di vita (la lucertola campestre) e le vaghe tracce di presenza umana (schegge di ossidiana).
A mezzo miglio a sud-est di Panarea si trovano gli scogli Le Formiche, poco visibili e insidiosi, settore da evitare per chi naviga di notte, perché gli scogli affiorano di poco dalla superficie del mare.
Continuiamo la nostra gita diretti a Stromboli, percorrendo un tratto di mare che, in condizioni favorevoli e in certi periodo dell'anno, è frequentato da delfini. Noi non siamo così fortunati da vederli...
Stromboli, dal greco antico Stroggýlē, "rotondo", (in siciliano strummulu significa trottola), è un'isola dell'Arco Eoliano, la più settentrionale delle Eolie e si estende su una superficie di 12,2 km². E' uno dei vulcani più attivi del mondo, con una persistente attività esplosiva, alto
926 m s.l.m. e raggiunge una profondità compresa tra 1300 m e
2400 m al di sotto del livello del mare. Chiamato anche Iddu
(Lui in siciliano), in riferimento alla natura divina che un tempo era
attribuita ai fenomeni naturali incontrollabili, la sua forma è in
realtà trapezoidale più che rotonda.
Lo Stromboli è un vulcano esplosivo e le sue eruzioni avvengono con una frequenza media
di circa una ogni ora. La sua attività "ordinaria" ha luogo ad una
quota di 750 m s.l.m. dalle diverse bocche eruttive presenti nell'area
craterica e allineate in direzione NE-SW. Tale attività consiste in esplosioni intermittenti di media energia, della durata di pochi secondi ad intervalli di 10–20 minuti, durante le quali vengono emesse piccole quantità di bombe scoriacee incandescenti, lapilli, cenere e blocchi,
con velocità di uscita compresa tra 20 a 120 metri al secondo ed
altezze comprese tra poche decine fino ad alcune centinaia di metri.
L'attività eruttiva è associata a un degassamento pressoché continuo
dall'area craterica. L'attività normale può essere periodicamente
interrotta da esplosioni di maggiore energia, dette "esplosioni maggiori". Questi eventi consistono di brevi ma violente esplosioni,
durante le quali vengono prodotti lanci balistici di blocchi e bombe di
dimensioni anche metriche a distanze di alcune centinaia di metri,
associati a piogge di lapilli e cenere; la distribuzione dei prodotti è
solitamente confinata all'interno dell'area craterica.
Le eruzioni di tipo stromboliano sono eruzioni vulcaniche di livello relativamente basso e il nome deriva proprio dal vulcano Stromboli. Sono da piccole a medie in volume, con violenza sporadica. Il tefrite, cioè l'insieme dei materiali piroclastici prodotti durante un'eruzione vulcanica, si illumina di rosso
quando esce dal cratere ma la sua superficie si raffredda e assume un
colore dal buio al nero e può solidificare in modo significativo prima
dell'impatto. Le tefriti prodotte durante un'eruzione vanno da massi di grandi dimensioni, di conseguenza piuttosto vicini al cono vulcanico, fino a frammenti più piccoli e volatili in grado di essere trasportati dal vento.
La storia geologica dell'isola di Stromboli comincia circa 200.000 anni fa, quando un primo vulcano attivo di grandi dimensioni emerge dal mare, in posizione NE rispetto all'isola; di questo vulcano antico rimane soltanto il condotto solidificato rappresentato da Strombolicchio. Il vero e proprio vulcano di Stromboli emerge dal mare circa 160.000 anni fa.
Il neck dell'isola di Strombolicchio è il residuo di un antico camino vulcanico. Ha un'estensione di 3000 metri quadri ed è posto a circa un chilometro e mezzo da Stromboli, rappresentando così il punto più settentrionale dell'intera Regione Siciliana. L'isola è caratterizzata da ripide scogliere a picco sul mare, totalmente priva di acqua e di terreno coltivabile, pertanto non adatta ad essere abitata. Ospita un faro della Marina Militare.
Secondo una leggenda Strombolicchio sarebbe il tappo del vulcano, lanciato in mezzo al mare durante una violenta eruzione. Lo scoglio era originariamente alto 57 metri, ma quando iniziarono i lavori di costruzione del faro nel 1920 venne spianata la cima per realizzare una terrazza. I lavori furono ultimati nel 1926: l'altezza era ridotta a 49 metri e venne realizzata una scala di oltre 200 gradini per raggiungere il mare.
Le pendici di Strombolicchio sono di estremo interesse naturalistico. Gli animali più diffusi sono il geco comune e la lucertola delle Eolie, specie a rischio di estinzione. Strombolicchio è Riserva naturale integrale, ma mancano i necessari controlli e non è raro, d’estate, vedere sull’isola decine di turisti, laddove lo sbarco dovrebbe essere solo per scopi scientifici.
Avvicinandoci a Stromboli vediamo il porto più piccolo del mondo, chiamato Pirtuso. Tra gli scogli, un unico varco permette il passaggio di una sola barca, non di grandi dimensioni; intorno, sugli scivoli di cemento, trovano posto altre imbarcazioni tirate a secco. Dal microporto, una rapida scalinata conduce al villaggio di Ginostra, uno dei due centri abitati di Stromboli. Il porto è l'unica via di accesso a Ginostra.
Nel dicembre 2004 è stato realizzato un pontile di attracco che però richiede una manutenzione costante, essendo molto esposto alle mareggiate. Fino al 28 febbraio 2004 nel villaggio non era presente né luce elettrica, né acqua corrente. L'elettricità è ora garantita dai pannelli fotovoltaici installati sopra l'abitato ma perdura l'assenza di illuminazione pubblica. L'acqua è rifornita mediante navi-cisterna.
Non si hanno dati certi relativi alla costruzione delle prime chiese sull’isola. Le prime (quella di S. Vincenzo e quella di S. Bartolo a Stromboli e quella di S. Vincenzo a Ginostra), nate nel ‘700, erano piccole e furono innalzate, pietra su pietra, col contributo di tutti gli abitanti. Le attuali chiese sorgono imponenti dove nacquero le prime chiesine, generate da quelle.
La storia geologica dell'isola di Stromboli comincia circa 200.000 anni fa, quando un primo vulcano attivo di grandi dimensioni emerge dal mare, in posizione NE rispetto all'isola; di questo vulcano antico rimane soltanto il condotto solidificato rappresentato da Strombolicchio. Il vero e proprio vulcano di Stromboli emerge dal mare circa 160.000 anni fa.
Il neck dell'isola di Strombolicchio è il residuo di un antico camino vulcanico. Ha un'estensione di 3000 metri quadri ed è posto a circa un chilometro e mezzo da Stromboli, rappresentando così il punto più settentrionale dell'intera Regione Siciliana. L'isola è caratterizzata da ripide scogliere a picco sul mare, totalmente priva di acqua e di terreno coltivabile, pertanto non adatta ad essere abitata. Ospita un faro della Marina Militare.
Secondo una leggenda Strombolicchio sarebbe il tappo del vulcano, lanciato in mezzo al mare durante una violenta eruzione. Lo scoglio era originariamente alto 57 metri, ma quando iniziarono i lavori di costruzione del faro nel 1920 venne spianata la cima per realizzare una terrazza. I lavori furono ultimati nel 1926: l'altezza era ridotta a 49 metri e venne realizzata una scala di oltre 200 gradini per raggiungere il mare.
Le pendici di Strombolicchio sono di estremo interesse naturalistico. Gli animali più diffusi sono il geco comune e la lucertola delle Eolie, specie a rischio di estinzione. Strombolicchio è Riserva naturale integrale, ma mancano i necessari controlli e non è raro, d’estate, vedere sull’isola decine di turisti, laddove lo sbarco dovrebbe essere solo per scopi scientifici.
Avvicinandoci a Stromboli vediamo il porto più piccolo del mondo, chiamato Pirtuso. Tra gli scogli, un unico varco permette il passaggio di una sola barca, non di grandi dimensioni; intorno, sugli scivoli di cemento, trovano posto altre imbarcazioni tirate a secco. Dal microporto, una rapida scalinata conduce al villaggio di Ginostra, uno dei due centri abitati di Stromboli. Il porto è l'unica via di accesso a Ginostra.
Nel dicembre 2004 è stato realizzato un pontile di attracco che però richiede una manutenzione costante, essendo molto esposto alle mareggiate. Fino al 28 febbraio 2004 nel villaggio non era presente né luce elettrica, né acqua corrente. L'elettricità è ora garantita dai pannelli fotovoltaici installati sopra l'abitato ma perdura l'assenza di illuminazione pubblica. L'acqua è rifornita mediante navi-cisterna.
Il piccolo borgo è disposto ad anfiteatro
nella parte sud-occidentale dell'isola e offre la vista su alcune isole
dell'arcipelago delle Eolie, sulla costa calabra e sull'Etna. La parte
alta del borgo è chiamata Timpone. Qui è presente un insediamento preistorico della cultura di Capo Graziano di Filicudi, risalente al XVII - XVI secolo a.C.
Al paesino si arriva tramite una ripida mulattiera che conduce a una piazzetta, dove si trova un monumento ai caduti della seconda guerra mondiale. Da qui si snodano le due stradine: una conduce alla chiesa e l’altra alla spiaggia di Lazzaro. Il paese, con una trentina di residenti, si distende su un ripido pendio, in cui le poche case mantengono l’architettura eoliana tradizionale intatta.
Dalla parte opposta dell'isola, sul versante nord-orientale, sorge il centro principale, Stromboli, con le sue frazioni di San Bartolo e San Vincenzo: si attracca al porto di Scari ma sono presenti altri due moli nella zona di Ficogrande, uno utilizzato dalla nave cisterna che rifornisce l’intera isola di acqua, l’altro era il vecchio approdo ormai parzialmente insabbiato.
Come a Ginostra, anche a Stromboli e nelle frazioni vicine le casette hanno un aspetto caratteristico: sono fatte a cubo. Il cubo si può definire l'unità di misura dell'edilizia isolana per due semplici motivi: è facile da costruire e si è mostrato efficace nel sopportare le sollecitazioni dell'incessante attività sismica.
Caratteristica dell'isola, oltre alle stradine strette percorribili solo dal motocarro e dai motorini elettrici, che si affittano sull'isola stessa, è la mancata illuminazione notturna
nelle strade, che il Comune vuol mantenere come importante attrattiva
turistica. La notte si può così vedere la lava del vulcano perennemente
in attività e il cielo stellato, evidenziato dalla mancanza di illuminazione.
Uscendo dal porto si trova una strada che si immette direttamente all’interno del centro abitato. Questa ripida salita si immerge tra il verde dei fichidindia, le piante di capperi, i coloratissimi gerani, le buganville e i negozietti tipici, dove è possibile degustare le delizie locali. Arriviamo a piazza San Vincenzo, che ha preso il nome dalla omonima chiesa.
Percorrendo via Vittorio Emanuele ci si trova subito di fronte alla casa dove Roberto Rossellini e Ingrid Bergman soggiornarono durante le riprese del film Stromboli Terra di Dio nel 1949; fu il loro nido d’amore, oggi ricordato da una targa. Entrambi erano sposati, ma durante le riprese nacque una relazione fra loro. I due si sposarono dopo aver ottenuto i rispettivi divorzi ed ebbero tre figli.
Il ruolo della protagonista era destinato in origine ad Anna Magnani, la quale, vedendosi portar via la parte da Ingrid Bergman, per ripicca volle montare una produzione per girare il film Vulcano, diretto da William Dieterle:
la lavorazione, iniziata dopo, paradossalmente venne portata a termine
prima di quella di Stromboli e il film poté usufruire di un'insperata
pubblicità.
Non si hanno dati certi relativi alla costruzione delle prime chiese sull’isola. Le prime (quella di S. Vincenzo e quella di S. Bartolo a Stromboli e quella di S. Vincenzo a Ginostra), nate nel ‘700, erano piccole e furono innalzate, pietra su pietra, col contributo di tutti gli abitanti. Le attuali chiese sorgono imponenti dove nacquero le prime chiesine, generate da quelle.
Proseguendo dalla chiesa si arriva facilmente a Piscità, zona residenziale
e nota per le numerose calette di spiagge nere incastonate tra costoni
di pietra lavica. La strada porta fino a un’ampia spiaggia, che delimita
la fine dell’agglomerato urbano e l’inizio della della Sciara del Fuoco.
La Sciara del Fuoco, nella parte settentrionale dell’isola, è la famosa conca nera, dove da secoli si riversano le colate laviche del vulcano. Si può assistere allo spettacolo notturno del vulcano, che normalmente si presenta con intervalli regolari di circa 15 minuti: da uno dei tre crateri principali il vulcano spara in aria colonne di cenere e lapilli.
Anche noi siamo andati di notte ad ammirare lo spettacolo del vulcano in azione; dopo la grigliata a bordo della motonave che ci ha portato in giro durante tutta la gita, la Merenda, ci siamo appostati davanti alla Sciara e, sotto un cielo stellato da favola, abbiamo visto ben tre sbuffi di fuoco, abbastanza maestosi da poter essere ammirati da lontano.
Purtroppo non c'erano le manifestazioni più eclatanti del vulcano, ma è stato comunque un bel modo di chiudere la nostra quarta giornata.
La cronaca prosegue in altra pagina.
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