venerdì 7 ottobre 2016

Gita in Croazia - terza parte - Zadar e Sibenik

15 agosto: visita di Zadar (Zara) e di Sibenik (Sebenico), quindi rientro a Biograd na Moru per pernottare. 
Zara (in croato: Zadar; in dalmatico: Jadera) è una città della Dalmazia croata che si affaccia sul mar Adriatico e che conta 75 082 abitanti; è la capitale storica della Dalmazia, pur essendo stata da tempo superata da Spalato per numero di abitanti.
Nel IX secolo a.C. i Liburni, una tribù illirica, fondarono qui un avamposto. Dal 59 a.C. diventa un municipio romano, con il nome Jadera e nel 48 d.C. una colonia i cui abitanti ottengono il grado di cittadini romani. Numerose epigrafi latine testimoniano la prosperità raggiunta dalla città in epoca romana. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la distruzione di Salona, agli inizi del VII secolo Zara diventa la capitale della provincia bizantina della Dalmazia, poi Ducato di Dalmazia. Il controllo bizantino è però conteso sino al X secolo da Goti, Franchi, e in seguito dai Croati.
Zara, che allora era un'isola, fu una delle località dove si rifugiarono i Dalmati romanizzati, quando il resto del territorio dalmata fu interessato dalle invasioni barbare degli Avari e Croati.
Nella foto, resti del foro romano.


Per secoli fu una delle città più importanti della Repubblica di Venezia, di cui fece parte fino alla sua caduta. Dopo una breve parentesi napoleonica fu dominata dagli austriaci fino ai primi del Novecento, divenendo capitale del Regno di Dalmazia. Dopo la prima guerra mondiale la città divenne un'exclave italiana, capoluogo della provincia di Zara, nella Dalmazia jugoslava.


Fino al 1947 la componente di lingua e cultura italiana costituiva la maggioranza della popolazione, ma in seguito agli intensi bombardamenti, compiuti dalle forze aeree anglo-americane, quasi il 75% della popolazione zaratina abbandonò, almeno temporaneamente, la città. A partire dall'autunno 1943 Zara e il circondario subirono 53 "azioni aeree" complessive, delle quali 26 furono "bombardamenti" che colpirono la città, 11 furono invece azioni minori che comunque comportarono anche lo sganciamento di bombe, 16 furono i bombardamenti delle zone circostanti. In totale, il quantitativo di bombe che colpì la città fu di 521,5 tonnellate (456,5 registrato + 65,0 stimato). La città, successivamente soprannominata per questo da Enzo Bettiza la "Dresda italiana", fu sorprendentemente il capoluogo di provincia italiano più colpito e distrutto da bombardamenti aerei alleati, con ben l'85% della struttura urbana distrutta o gravemente danneggiata.

In seguito al trattato di pace del 1947, fu ufficialmente annessa alla Jugoslavia. Dal 1991, dissoltasi la repubblica jugoslava, fa parte della Croazia ed è oggi il capoluogo della regione zaratina, sede universitaria ed arcivescovile. Proprio a Zara la geografia è diventata scienza autonoma.




Nell´area antistante la Torre del Capitano, di forma pentagonale, che è inserita nei resti dei bastioni merlati (XIII sec.), e le mura della città, sino al XVI secolo si trovava un profondo fossato difensivo. A causa del concreto pericolo rappresentato dalle mire di conquista dei Turchi, su questo luogo fu costruito un bastione difensivo. Lo stato di costante assedio costrinse gli architetti a prevedere e a garantire alla città una sufficiente quantità  di acqua potabile




Questa piazza deve il nome ai cinque pozzi, allineati al centro, che fino alla fine dell'Ottocento distribuivano l'acqua di una cisterna eretta nel XVI sec. al posto degli antichi fossati. La torre del Capitano costituisce l'unica parte ancora intatta delle fortificazioni medievali. Di fronte si ergono il bastione e il parco comunale, creato nel 1890 (il più antico parco pubblico del paese).

 

In tutte le strade del centro storico, inoltre, sono presenti canali di scolo atti a raccogliere la poca acqua piovana: convogliano in una cisterna l'acqua che, opportunamente filtrata, fornisce le abitazioni. 







La porta di Terraferma è una porta facente parte del sistema difensivo della città. Fu edificata nel 1537 ed è considerata il più bel monumento rinascimentale di Zara. La porta, a tre fornici di ordine dorico, divide il centro storico dalla grande fortezza esterna. Sopra il fornice centrale, all'esterno, è visibile San Crisogono a cavallo e, al di sopra, un possente leone di San Marco.

 

La calle è la tipica strada veneziana, incassata tra due file continue di edifici adibiti ad abitazione o a negozi al pian terreno. La larghezza delle calli è estremamente variabile: si va dai 60 centimetri circa delle calli più strette fino ai cinque-sei metri o anche oltre di quelle più ampie, denominate spesso "calli larghe". A Zara si nota il forte influsso veneziano proprio per le sue calli.

 

La Calle Larga è la via principale e più famosa di Zara, nella direzione est-ovest, dalla Piazza del Popolo sino al Foro Romano. Quasi tutti gli edifici della via andarono distrutti durante la seconda guerra mondiale. La Calle Larga fu ricostruita in stile moderno, mantenendo soltanto l´antica direzione.
 Realizzata nel Medioevo come Platea magna, la Piazza del popolo è il centro della vita civile della città. Su questa piazza, nel XIII secolo, fu eretta la Loggia cittadina, luogo di dispute pubbliche a carattere politico.
L'area dell'antico Foro romano si stende fra le chiese di San Donato e Santa Maria e occupa un vasto piazzale irregolare, spianato dai bombardamenti del 1943-44. Del Foro originario, che aveva un'estensione di 90 metri per 45 ed era chiuso su tre lati da un sontuoso portico ornato di statue, non rimangono che pochi avanzi. 
Delle due colonne corinzie alte14 metri poste all'ingresso dello spazio rialzato ove sorgeva il tempio ne rimane una, utilizzata fino al 1840 come colonna infame (sul fusto sono ancora visibili le catene di chi veniva messo alla berlina).


Le chiese erano luoghi dove si poteva parlare croato e quindi se ne contavano una quarantina; ora ne sono rimaste 14 ma la tradizione rimane.

La Chiesa di San Donato è una delle più antiche costruzioni cattoliche di Zara, simbolo della città e il miglior esempio dell’architettura medievale in Croazia. Risale al IX secolo, durante l'episcopato di Donato. L'edificio si caratterizza per una pianta centrale, similmente a San Vitale a Ravenna, con grandi archi a tutto sesto, sulla quale si struttura l'alta cupola, di 27 metri, con una copertura lignea, ma preserva solo parte della struttura originaria. 

Sconsacrata a fine Settecento, la chiesa venne prima utilizzata come magazzino, poi come Museo archeologico cittadino, infine come auditorium per la straordinaria acustica dei suoi interni, funzione che ricopre tuttora. Molte parti della chiesa sono costruite riutilizzando materiale di recupero dell'epoca romana, pertanto riveste anche un notevole interesse archeologico.
 


La cattedrale di Sant'Anastasia è la cattedrale cattolica della città di Zara, sede dell'arcidiocesi. Fondata nel secolo IX, è un pregevole esempio del romanico italiano, di stile pisano-pugliese e in luminosa pietra d'Istria; è la chiesa più monumentale di Zara ed è considerata una delle più belle della Dalmazia. Poggia su una preesistente costruzione bizantina e presenta una monumentale quanto elegante facciata, compiuta nel 1324 e divisa in due ordini:



quello inferiore, più massiccio, presenta tre portali, di cui quello centrale è coronato da un bassorilievo della Madonna col Bambino in trono fra i Santi Crisogono e Anastasia, mentre quello superiore, che culmina in un frontone triangolare, è abbellito da quattro ordini di arcatelle cieche in cui sono incastonati un grande rosone romanico e un più piccolo oculo gotico.




L’interno è monumentale: la navata principale ha una larghezza tre volte superiore rispetto a quella delle laterali ed è divisa da colonne con capitelli corinzi di reimpiego; al livello superiore presenta dei matronei degni di nota. Il presbiterio, al di sotto del quale si trova la cripta risalente al XII secolo, presenta ai lati un coro ligneo del Quattrocento, costituito da 35 stalli gotici intagliati, opera del maestro veneziano Moronzon (1418). Il ciborio, risalente al 1322, sovrasta l’altare maggiore e la sede arcivescovile in pietra.


 
Di grande effetto è il campanile, costruito in due riprese, durante il XV e il XIX secolo (finito nel 1894 rispettando sempre il suo  stile romanico), che con la sua bianca mole svetta sui rossi tetti della città. Di caratteristica foggia veneta sono la progressione di doppie monofore e doppie bifore dal basso all'alto, che conferiscono leggerezza alla costruzione.
Il battistero esagonale di epoca paleocristiana  fu completamente distrutto durante i bombardamenti aerei statunitensi del 16 dicembre 1943. Nel 1989 venne completamente ristrutturato nel rispetto della forma originaria della costruzione.








Il complesso episcopale di Zara insieme con la Cattedrale di S.Anastasia si trova nella Tentative List proposto per l´iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell´UNESCO.


La Chiesa di san Simeone fu fondata nel XII secolo e dedicata inizialmente a santo Stefano. Nel 1639 vi furono traslate le reliquie di san Simeone, e la chiesa assunse l'attuale dedicazione. Venne rifatta ampiamente nel Settecento. È una chiesa a pianta basilicale, a tre navate divise da colonne.



Al centro dell'abside è conservata l'arca di san Simeone, che contiene i resti del Santo, finemente modellata in argento, opera del 1377-1380 di Francesco da Milano, eseguita a Zara e donata da sant'Elisabetta d'Ungheria, moglie del re Ludovico I d'Angiò, che fece voto al santo di costruire l'arca, nella speranza di avere un figlio maschio. L'arca è sostenuta da due angeli in bronzo, ricavati nel 1647 dalla fusione di due cannoni turchi.











La chiesa di Santa Maria fu citata per la prima volta nel 906, e acquistò importanza quando nel 1066 una nobildonna croata vi fece costruire un convento. Il campanile, in stile romanico lombardo, venne fatto erigere nel 1105. Nel Rinascimento venne aggiunta la nuova facciata, in stile veneziano, e nel Settecento rifatto l'interno e aggiunta la cupola.



Gravemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, che distrussero quasi interamente il quartiere circostante, venne restaurata nel 1980. La Mostra permanente dell’arte sacra custodisce l’Oro e l’argento di Zara, legato alle suore benedettine di S. Maria, sue protettrici nel cui complesso si trova questo tesoro.




Ai tempi di Bisanzio e della nascita dello Stato croato a pochi passi da Zara, c’era un legame indelebile con l’ordine dei Benedettini. Nei giorni drammatici del bombardamento alleato del 1943, le benedettine collocarono in gran segreto un tesoro custodito da secoli in una fossa profonda sotto il campanile, che scavarono da sole. Le benedettine lo custodiscono ancor oggi e lo mostrano ai visitatori dal 1976.
 

La chiesa di San Crisogono fu eretta nel VI secolo sull'area di un antico mercato romano, e inizialmente fu dedicata a Sant'Antonio Abate. Nel 649 vi fu traslato da Aquileia il corpo di San Crisogono, e la chiesa venne a lui dedicata. Fu ricostruita una prima volta fra il IX e il X secolo, e quindi una seconda nel 1175, assumendo la veste definitiva in stile romanico lombardo. L'interno, a pianta basilicale con tre navate e tetto a capriate, presenta invece uno stile barocco, frutto dei rifacimenti del Sei-Settecento.
San Crisogono, uno dei patroni della città di Zara, si trova anche sulla Porta di Terraferma.





Tra le principali attrattive ci sono anche strutture recenti, diventate il simbolo della città, come l'Organo Marino, un'opera d'arte aperta al pubblico dal 15 aprile 2005. Realizzato su progetto dell'architetto Nikola Bašić, si trova sull'angolo nord-occidentale della banchina che circonda il centro storico. Strutturalmente è simile ad una scala digradante verso il mare.

I gradoni si estendono per una settantina di metri e sono divisi in sette sezioni di dieci metri ciascuna. Al di sotto di esse, posizionate parallelamente alla riva e a livello della bassa marea, si trovano 35 canne in polietilene di varie lunghezze, diametro e inclinazione, che s’innalzano trasversalmente fino alla pavimentazione della riva per terminare poi nel canale (corridoio di servizio). L’aria viene spinta dall’onda del mare attraverso la canna, il cui diametro va piano piano restringendosi. L’accelerazione dell’aria produce il suono nelle canne (attraverso i LABIUM – fischietti), situati al di sotto dei piedi dei passanti, suono che poi fuoriesce attraverso delle aperture nella pavimentazione. Lo strumento ha sette cluster e cinque toni, tipici della musica tradizionale dalmata a cappella. L’imprevedibilità del mare con la sua forza, moto, direzione e marea crea un concerto perpetuo, irripetibile nelle sue variazioni musicali. Si può dire quindi che l’autore di questa sinfonia è la Natura stessa.

Alla fine della penisola di Zara e vicino all'Organo Marino si trova il Saluto al Sole, anche questa opera dell'architetto Nikola Basic, formato da 300 specchi multistrato posizionati a livello della strada a formare un cerchio di 22 m di diametro; al di sotto della superficie di vetro ci sono dei pannelli fotovoltaici. Al tramonto le luci installate nella struttura si accendono e, seguendo uno schema prefissato, producono dei giochi di luce che seguono il ritmo delle onde e della musica dell'Organo Marino. Ma il Saluto al Sole non è solo un'opera d'arte affascinante: si tratta di un vero impianto solare che produce 46500 kWh all'anno e che alimenta l'illuminazione del lungomare di Zara. Lungo l'anello esterno del Saluto al Sole sono stati incisi i nomi dei Santi ai quali sono state dedicate le chiese del passato e del presente di Zara: ci sono Sant'Anastasia, San Donato, San Simeone, San Crisogono e Zoili, San Geronimo, San Luca, San Platone e Sant'Elia e vicino al loro nome è indicato il giorno a loro dedicato, insieme ai dati relativi ad altezza del sole e durata della luce sul lungomare durante quel giorno, secondo il calendario di San Crisogono risalente al 1292/93 (uno dei primi documenti del genere riportante dati astronomici in numeri arabi).

Dopo il pranzo libero il viaggio prosegue per chi vuole verso Sibenik. Chi preferisce un po' di relax rientra in albergo. Noi ovviamente siamo andati avanti.

Percorriamo, come in altre occasioni, un tratto della Jadranska Magistrala (Strada Maestra Adriatica), una strada che costeggia buona parte della costa orientale del mar Adriatico, appartenente alla strada europea E65. Si estende per la maggior parte in Croazia (dove è classificata D8) e passa per pochi chilometri anche attraverso Bosnia Erzegovina e Montenegro. A due corsie per quasi tutta la sua lunghezza, con l'eccezione di una breve superstrada tra Castelli e Spalato, spesso il percorso stretto e tortuso la rende pericolosa.




Poco conosciuta fino a qualche anno fa, Sibenik (Sebenico) è una meravigliosa cittadina medievale perfettamente conservata, un vero e proprio gioiello nascosto della Croazia. Affacciata sul mare, racchiude un intricato e splendido quartiere medievale, un dedalo di vicoli di pietra con antichi palazzi e chiese affascinanti.
 

Il castrum di Sebenico, menzionato per la prima volta nel 1066, è fra le città della Dalmazia l'unica a non essere stata fondata dai Greci e dai Romani. Nel sec. XII, dopo un periodo di protettorato del re croato Kresimir IV, che cercava un alleato contro i domini bizantini della Dalmazia, la città fece parte del regno di Croazia. In seguito subí le alterne dominazioni dei veneziani (dal 1125), del re di Ungheria e Croazia (dal 1133), dell'impero bizantino (1168-1180). Nel sec. XIII, dopo essere stata un castrum dei Templari, Sebenico fu eletta diocesi (23 giugno 1298). Nel sec. XIV, infine, divenne municipio. Oltre alla presenza di ordini religiosi (Benedettini, Minori, Predicatori, Clarisse) ci sono alcune confraternite. Rimase sotto il dominio asburgico fino alla fine della II guerra mondiale, dopo di che entrò a far parte del regno di Jugoslavia. Alla dissoluzione della repubblica socialista fu bombardata dall'aviazione serba. Oggi Sebenico fa parte della Croazia ed è il capoluogo della regione di Sebenico e Tenin. 


Passiamo sul ponte che conduce alla città e da dove gli ardimentosi si cimentano nel bungee jumping. Ovunque si notano sassi e muri a secco, sia per delimitare le proprietà sia per fornire riparo dalla bora che, come a Trieste, qui soffia violentemente. A sinistra, il parco Nazionale delle Cascate Krka.





La città è dominata dai resti della fortezza di San Michele, collocata su un'altura alla quale si arriva salendo per la città vecchia. Costruita tra il XV e il XVII secolo, è stata realizzata in pietra scolpita e copre una superficie di 2.600 metri quadrati. Varie ricerche archeologiche hanno portato alla scoperta di resti architettonici e di monumenti culturali e storici del periodo del governo veneziano, oltre a manufatti preistorici dell'Età del Ferro, a testimonianza del fatto che i Croati costruirono la fortezza al posto di un antico castello degli Illiri. 


Come già visto in altre località, in particolare a Zara, anche nel centro storico di Sebenico, rigorosamente pedonale, ci sono stradine pittoresche, lastricate e molto strette.








Esistono poche città che, come Sebenico, possono vantare tanta richezza di complessi sacri; ci sono infatti 24 chiese di cui 12 sono al servizio di Dio mentre le altre svolgono oggi un'altra funzione. La chiesa di Santa Barbara è un monumento costruito in stile gotico, oggi museo di arte sacra. La chiesa ha una navata e la sua costruzione è iniziata intorno al 1400. Sopra l’entrata principale si trova una nicchia gotica dove è collocata la statua di San Nicola, opera del maestro italiano Bonino da Milano. Si può notare che la chiesetta non ha campanile, ma solo le campane nella parte superiore ed è in pietra bianca.





Il capolavoro è però la Cattedrale di San Giacomo, il monumento-simbolo della città che segna il passaggio tra lo stile gotico e quello rinascimentale. Inserita tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO fin dal 2000 è considerata la chiesa più grande del mondo tra quelle edificate completamente in pietra senza ricorrere a elementi di sostegno in mattoni o in legno.


La costruzione dell'edificio iniziò nel 1402, nonostante i progetti fossero già pronti nel 1298, quando Sebenico divenne municipalità. I lavori tesi alla modifica della vecchia chiesa presero il via nel 1431. Numerosi artigiani veneti e locali vi lavorarono, secondo lo stile gotico. Nel 1441 fu chiamato a dirigere i lavori Giorgio Orsini; la Cattedrale è il capolavoro unanimemente riconosciuto di Orsini, mirabile costruzione in pietra d'Istria cavata nell'isola di Brazza, suo materiale d'elezione. Egli non impiegò travature lignee o mattoni, ma usò esclusivamente pietra in grossi blocchi; la pietra qui non è quindi un semplice paramento esterno, ma al contrario è un elemento strutturale e decorativo.


 

Come maestro dello stile tardo-gotico, contraddistinto da motivi floreali, e creatore di uno stile caratterizzato dall'armonica fusione di elementi formali di gotico fiorito inseriti in una struttura rinascimentale, Orsini rivoluzionò con le sue idee la concezione originaria della chiesa, conferendole un'importanza monumentale. Egli ampliò la Cattedrale con una navata laterale, aggiunse la cupola e le absidi, la sagrestia, il battistero e le statue di san Giacomo e di san Pietro sotto il baldacchino nel portale settentrionale


 



Il portale settentrionale, detto dei leoni, riccamente scolpito, che una volta era in legno e ora in bronzo, è invece attribuito a Bonino da Milano. Il portale è caratterizzato dalla presenza, ai lati, delle statue di Adamo, che si copre le parti intime e di Eva, che invece si copre solo la parte inferiore lasciando in vista il petto nudo. Sotto si vedono le statue dei Leoni, che provengono dalla chiesa precedente, di epoca romanica. 









Il portale maggiore, occidentale, sempre opera del primo capomastro Bonino da Milano, ospita le statue raffiguranti Cristo e i dodici apostoli.
Nella foto, un dettaglio







 



Ancora opera di Orsini, la Cattedrale vanta, lungo le tre absidi e nella parte orientale del muro settentrionale, un magnifico fregio con 71 teste scolpite di donne, uomini e bambini, che sono forse una rappresentazione caricaturale dei cittadini dell’epoca, con particolare scherno di coloro che non parteciparono economicamente alla costruzione della chiesa. 






Poco a sinistra, due putti rinascimentali, con un'iscrizione dedicata alla costruzione della Cattedrale risalente al 1443. Sotto i loro piedi si vede l'unica firma del maestro Orsini: Hoc opus cuvarum fecit magister Georgius Matthei Dalmaticus (come si firmava l'Orsini).











Un dettaglio dei putti e dell'iscrizione.
















All'interno della chiesa, molto scuro e diviso in tre navate, si può ammirare il presbiterio, il crocefisso, l'altare dei re Magi, la tomba del vescovo Juraj Sizgoric ma anche e soprattutto 








il battistero, perla dell'arte sacra croata, progettato e costruito dall'Orsini. Una volta non era consentito l'ingresso in chiesa ai neonati se non ancora battezzati, per cui l'ingresso al battistero, impreziosito da un ricco portale, è svincolato da quello della chiesa. L'artista collocò il battistero sotto l'abside meridionale, conferendogli una forma a quadrifoglio; le lastre utilizzate per la volta del battistero formano il pavimento dell'abside sovrastante. Vi si accede da una delle scale delle navate laterali, l'altra scala porta alla sagrestia.



 



Tutta la parte superiore del battistero è coperta da un ricamo scultoreo frutto dell'abilità dell'artista, che coniugò il ricco stile gotico tardivo con le nuove forme rinascimentali. Sopra le quattro nicchie cieche, sormontate da altrettante conchiglie di san Giacomo c'è un traforo gotico decorativo e, tra le sue maglie, i baldacchini, due dei quali conservano ancora le statue di re David e del profeta Simeone il Vecchio. 


Il fonte battesimale, elemento centrale della stanza, è di marmo rossastro dell'isola di Arbe. I tre putti - angioletti che lo sorreggono sono appoggiati l'uno sull'altro e assumono una posa naturale e rilassata. Grazie al recente intervento di restauro il battistero è stato minuziosamente ripulito dalle impurità accumulatesi nel corso dei secoli.








 


Dopo la morte di Orsini i lavori vennero proseguiti tra il 1475 e il 1536 dal maestro toscano Niccolò di Giovanni Fiorentino, che proseguì nella costruzione in stile rinascimentale, completando la cupola e le sculture esterne raffiguranti San Giacomo e San Marco, il tetto e la parte superiore della facciata.

Nella foto, l'angelo che impreziosisce la cupola.





 


Cupola e chiesa vennero danneggiate gravemente da forze serbe supportate dall'Armata Popolare Jugoslava durante il bombardamento dal settembre 1991. Negli anni successivi la chiesa venne rapidamente riparata senza lasciare danni visibili. All'inizio del 2008 venne vandalizzata da nazionalisti serbi che, con le bombolette, disegnarono la croce serba sull'edificio.

A lato, statua di Giorgio di Matteo, come spesso viene chiamato Giorgio Orsini, a Sebenico, opera moderna di Ivan Meštrović.





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A Sebenico nacque anche Niccolò Tommaseo, (Sebenico, 9 ottobre 1802 – Firenze, 1º maggio 1874), un linguista, scrittore e patriota italiano. Al suo nome sono legati il Dizionario della Lingua Italiana, il Dizionario dei Sinonimi e il romanzo Fede e bellezza.




 





La "città dei bambini", come chiamano Sebenico, ogni anno, durante l'ultima settimana di giugno e la prima di luglio, attira il sorriso dei bambini e degli adulti richiamandoli non solo ad assistere a spettacoli, concerti e mostre di artisti giovani e adulti, stranieri e locali, ma anche a contribuire al Festival internazionale del bambino, partecipando ai vari workshop della durata di 15 giorni. Durante il Festival Sebenico assume dimensioni completamente diverse, diventando un punto di ritrovo di artisti, compagnie teatrali, musicisti e scienziati maggiorenni e minorenni con un unico obiettivo: giocare, rilassarsi e divertirsi.

Il festival si compone di tre elementi fondamentali: una rassegna canora nazionale e internazionale di bambini; la parte creativa del programma, con laboratori nei quali i bambini, direttamente e pubblicamente, sono coinvolti nell’attività artistica, e una parte educativa, che prevede convegni nei quali si trattano temi legati, ad esempio, all’aspetto estetico dell’educazione del bambino. Il Festival di Šibenik, per due settimane, è un appuntamento obbligato per chi non ha mai smarrito il proprio animo infantile e gioioso e anche per chi ha completamente dimenticato di essere mai stato bambino.

Si chiude qui questa terza giornata intensa: rientriamo alla base e ci prepariamo alle altre meraviglie che ci aspettano nei prossimi giorni. Come al solito la cronaca continua in altra pagina.





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