venerdì 21 ottobre 2016

Gita alle Eolie - seconda parte - Salina

2 Ottobre: Eolie, Salina e rientro a Lipari

Le Isole Eolie, dette anche Isole Lipari, costituiscono un sistema vulcanico determinato dalla subduzione della litosfera oceanica sotto quella continentale, determinandone la fusione con liberazione di magma che, giunto in superficie, forma un arco insulare, l'arco Eoliano, lungo 200 km. Sono situate nel Mar Tirreno, a nord della costa siciliana. Comprendono due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano, oltre a vari fenomeni di vulcanismo secondario. Amministrativamente compreso nella provincia di Messina, l'arcipelago è una destinazione turistica sempre più popolare.
Questo sito è molto esauriente. Oltre a una trattazione completa e ricca sulle isole si trovano molte altre pagine interessanti.

L'arco Eoliano è formato dalle sette isole Eolie, tutte di origine vulcanica, e da varie montagne sottomarine, anch'esse di origine vulcanica (Glauco, Sisifo, Prometeo, Enarete, Eolo, Lametini, Alcione, Glabro, Palinuro, Magnaghi e Marsili), che costituiscono una struttura di forma approssimativamente anulare.
Nell'immagine l'Arco Eoliano, con linee di costa e isobate (linee che congiungono i punti di uguale profondità delle acque) di 500 m. Isole Eolie in grigio e nome in carattere di colore nero; montagne sottomarine in carattere di colore rosso

Sono sette le perle che costituiscono l’arcipelago delle isole Eolie: Lipari, Panarea, Vulcano, Stromboli con accanto Strombolicchio, Salina, Alicudi e Filicudi. Sette perle incastonate in una natura selvaggia e incontaminata che si lasciano cullare da un mare cristallino: spiagge incantate, calette da sogno, fondali marini vari e ricchissimi, grotte, insenature, faraglioni e, soprattutto, una morfologia che si caratterizza per diversi fenomeni di vulcanismo e che le rende oggetto di studio dei più grandi centri di vulcanologia del mondo.
Le isole dell'arcipelago eoliano appartengono amministrativamente a 4 comuni della provincia di Messina: Leni, Malfa e Santa Marina Salina sono situate sull'isola di Salina, mentre il comune di Lipari è costituito dalle rimanenti isole.

Una rappresentazione suggestiva degli apparati vulcanici sommersi dell'Arcipelago delle Isole Eolie di Katia Emiliani. Sito qui.

Sezione verticale dei Vulcani delle Eolie. Autrice e sito come immagine precedente. 

La presenza umana nell'arcipelago risulta sin da epoca molto antica. Le genti preistoriche vennero infatti sicuramente attratte dalla presenza di grandi quantità di ossidiana, sostanza vetrosa di origine vulcanica grazie alla quale le Eolie furono al centro di fiorenti rotte commerciali. I primi insediamenti si ebbero già alcuni secoli prima del 4000 a.C., nell'età neolitica. L'ossidiana, che a quei tempi era ricercatissima in quanto tra i più taglienti materiali di cui l'uomo dell'epoca disponeva, alimentò traffici commerciali intensi: anche a questi si deve ascrivere la notevole prosperità dell'Arcipelago in cui fioriscono strutture abitative e villaggi. 

Le isole prendono nome dal dio Eolo, re dei venti. Secondo la mitologia greca, infatti, Eolo riparò su queste isole e diede loro nome, grazie alla sua fama di domatore dei venti. Viveva a Lipari e riusciva a prevedere le condizioni del tempo osservando la forma delle nubi sbuffate da un vulcano attivo, probabilmente lo Stromboli. Grazie a questa abilità, determinante per gli isolani, che erano in gran parte pescatori e necessitavano di conoscere la probabile evoluzione degli eventi meteorologici, Eolo si guadagnò grande popolarità nell'arcipelago; secondo una teoria, fu da ciò che un semplice principe greco, abile nel prevedere il tempo dalle nubi, alimentò il mito del dio Eolo, in grado invece di comandare i venti.
Il nome di isole Lipari viene invece, secondo il mito, dal re Liparo, mitico colonizzatore dell'isola, contemporaneo di Eolo.

Architettura eoliana.

L'architettura eoliana venne fortemente influenzata da quella campana del XVI secolo, che in seguito ad una migrazione si innestò su una precedente architettura di tipo greco-romano e islamico. Nei secoli scorsi l'abitazione aveva di solito un solo vano a forma cubica o di parallelepipedo, con una sola porta d'entrata e due finestrelle tonde dotate di sbarre ai lati dell'ingresso. Era insomma una costruzione che rispondeva soprattutto a esigenze di difesa dai pericoli esterni, in particolare eventuali invasioni o scorribande di nemici provenienti dal mare. All'interno nell'unico vano stava da una parte l'angolo cottura (detto cufularu) e dall'altra i letti. In seguito, quando le esigenze di difesa si fecero meno pressanti, si cominciarono a costruire anche abitazioni a più vani in fila, dotate di finestre più grandi e senza sbarre.

Oggi la casa eoliana ha la forma di un cubo modulare, cui possono essere aggiunti altri cubi in orizzontale o verticale. Ciò che ne risulta è una costruzione a forma di parallelepipedo a uno o due piani, forata da numerose porte e finestre per permettere il passaggio dell'aria. I materiali edilizi sono generalmente pietre o calce, senza l'uso di cemento. Venivano utilizzati, soprattutto nelle case più antiche, anche materiali di origine locale: blocchi di pietra lavica per le fondamenta, pomice per le mura esterne, tufo per il pavimento delle terrazze. I muri esterni erano spessi e costruiti a secco: ciò permetteva di trattenere il calore in inverno e mantenere fresco l'interno nel periodo estivo. Caratteristiche erano le travi di legno che reggevano il soffitto, poste a 40 cm l'una dall'altra con stuoie di canne; sopra venivano messe pietre, malta di calce e sabbia battuta facendo divenire il soffitto duro e compatto. Questa tecnica faceva sì che la costruzione fosse antisismica poiché le fondamenta e le basi erano fatte con pietre pesanti, mentre i solai con pietre leggere e friabili. 

Elementi caratteristici erano - e sono -

il bagghiu (baglio), una terrazza che si apre di fronte alla casa, larga quanto l'abitazione e con una lunghezza all'incirca pari all'altezza della casa stessa. Tale spazio può essere utilizzato per i momenti di svago all'aria aperta e per lavori tipici, quali l'essiccazione dei fichi e dell'uva passa.





I bisola, muretti di pietra che delimitano la terrazza; fungono da sedili e sono spesso maiolicati. Alle estremità, si raccordano con le pulèra, colonne di forma cilindrica, a sezione costante, poste ai margini della terrazza, tramite una sezione a quarto di luna detta pusaturi, di forma idonea a poggiare la testa se ci si sdraia sui bisola.


 
La loggia, un'orditura di travi in legno che poggia sulle pulera ed è ricoperta da canne e viti rampicanti (o di assi in molte delle case moderne). Funge da copertura per il bagghiu e, nel periodo di maturazione, offre grappoli d'uva a chi desideri coglierne. È posizionata più in basso rispetto al tetto dell'abitazione.





L'astricu è il tetto, perfettamente orizzontale, sostenuto da travi lignee e composto dal cosiddetto battuto solare. Tale materiale è fatto di calce e lapilli vulcanici, sbattuti a lungo con pestelli di legno. Il tetto è di solito utilizzato per la raccolta dell'acqua piovana, tramite grosse anfore.





Situata all'esterno dell'abitazione, la pila è una vasca per lavare i panni, con il princu, un lavatoio in pietra lavica da appoggiare sulla pila stessa.




 
Il furnu, utilizzato per la cottura del pane e dei dolci, è a forma di cupola, posizionato al lato della terrazza sopra un basamento usato per custodire la legna da ardere.

Il bagno in passato era posizionato solitamente all'esterno della casa (sul lato nord della casa stessa, per evitare i venti gelidi), ma in costruzioni a due piani poteva essere al piano di sotto rispetto alle stanze dell'abitazione.



Alle cucine delle case rurali eoliane erano solitamente destinati ampi locali di forma quadrata, in cui veniva costruito un piano rivestito di mattonelle policromatiche. Il piano cottura veniva anch’esso realizzato in muratura e si componeva di piccoli bruciatori profondi una trentina di centimetri, sormontati da dischi metallici concentrici su cui si appoggiavano pentole di diverse dimensioni; sopra il piano cottura vi era la cappa a forma piramidale circondata nella parte inferiore da una trave in legno che fungeva da mensola

Lo stile architettonico subisce delle mutazioni quando la nascita e l'espansione economica (dalla fine del XVIII secolo) di una borghesia agraria e mercantile promuovono lo sviluppo di più complesse forme e colori (il bianco dell'intonaco, il giallo o il rosa), ma gli elementi base rimangono inalterati.


 

Durante la nostra permanenza sulle isole alloggiamo a Lipari, all'hotel Villa Meligunis, dalla cui terrazza godiamo di una splendida vista sui dintorni, tra cui il golfo e il castello. Arriviamo da Milazzo e pernottiamo, concludendo così la nostra seconda giornata.

 


2 ottobre: Lipari - Salina - Lipari

Salina è la seconda isola per estensione (26,4 km²) e per popolazione dopo Lipari. È divisa in tre comuni: Santa Marina, Malfa e Leni. L'attività vulcanica, dopo aver costruito la base sommersa dell'isola, è proseguita in superficie in maniera discontinua in un arco di tempo compreso tra circa 500.000 e 13.000 anni fa. Salina è stata una tra le prime isole dell'arcipelago ad emergere dal mare e, in superficie, si riconoscono almeno sei vulcani, in parte sovrapposti. I prodotti delle eruzioni più antiche (Serra del Capo, Pizzo Corvo, Monte Rivi e una fase eruttiva iniziale del Monte Fossa delle Felci) sono separati da quelli di eruzioni successive (seconda fase eruttiva del Monte Fossa delle Felci, Monte dei Porri e Pollara) da sedimenti derivanti dall'erosione avvenuta nel corso di una lunga fase di inattività e da depositi di spiaggia e conglomerati formatisi nel periodo che separò le due epoche glaciali Riss e Wurm. L'isola possiede il primo e terzo rilievo più alto dell'arcipelago: il monte "Fossa delle Felci", 962 m e il "Monte dei Porri", 860 m, con la tipica forma conica. Da questi due vulcani spenti, visti da nord-est, deriva il suo antico nome greco Didỳmē che significa "gemella". L'isola ha una forma raccolta e quasi circolare sulla quale spiccano le due vette collegate tra loro da una ‘’sella‘’ pianeggiante, che danno all’isola l’inconfondibile forma del dorso di un cammello.

Monte Fossa delle Felci è la cima più alta dell’intero arcipelago, chiamata così per la presenza dell’omonima pianta; nella stagione invernale è ammantata di neve. Raggiunta la vetta, le coste siciliane dominate dall’Etna, Alicudi, Filicudi, Stromboli, Panarea, Lipari e Vulcano fanno da cornice alla sontuosità del cratere.



Il Monte dei Porri è ora un cono simmetrico e con fianchi ripidi, formato da un'alternanza di lave e prodotti piroclastici. L'ultimo ciclo di attività, il cui inizio è datato intorno a 30.000 anni fa, ha formato il cratere e gran parte della struttura attualmente visibile. 

Sono emersi insediamenti risalenti all'età del bronzo e un'alternanza di periodi di  abbandono con altri di forte sviluppo. Presso Santa Marina i reperti mostrano un insediamento del IV secolo a.C. Attorno al VII secolo d.C. Salina fu una delle Eolie più popolate, perché i vulcani di Lipari erano in attività. Le invasioni arabe la resero deserta; poi, attorno al XVII secolo, tornò a popolarsi. 



I fondali intorno all'isola sono poco profondi in direzione della vicina Lipari, mentre scendono rapidamente a oltre -1000 metri nelle altre direzioni. A Nord, a poca distanza dalla costa, un vulcano sommerso, che arriva a soli -7,5 m dalla superficie del mare e forma la Secca del Capo, è stato probabilmente il primo ad avere eruzioni in quest'area. Chi si vuole immergere, legga qui



Ricca di coste impervie, scogli e falesie, Salina si offre allo sguardo di chi la percorre via terra soltanto in parte; non ci sono strade infatti che colleghino, lungo la costa, Rinella a Pollara o a Lingua. Perciò uno dei modi migliori per vederla è circumnavigarla in barca. Si può partire da Santa Marina Salina e puntare a sud in direzione di Lingua. Passati il faro e il laghetto si raggiunge Punta Grottazza, che deve il suo nome a una grotta distrutta dalla furia del mare, e poi  una bella falesia a strapiombo dove un tempo nidificava il falco della Regina. Più avanti appaiono i piccoli borghi di Rinella e Leni che subito spariscono coperti da punta di Megna, punta di Marcello e punta Sallustio. La vera sorpresa però la s'incontra superato il piano del Vescovo, quando appare la lingua di sabbia nera a mezzaluna di Pollara. Da qui si fa rotta vero Malfa e Punta Scario fino a rientrare a Santa Marina.
 
Lingua si estende lungo la costa nord-orientale dell’isola. Una terrazza sul mare conduce, attraverso locali noti per l’ottimo cibo, a un laghetto di acqua salmastra separato dal mare da una sottile striscia di terra che fu sede delle saline da cui l’isola prese il nome attuale. Sono ancora visibili alcune vasche risalenti al periodo greco del III sec a.C.

 

Il comune di Santa Marina si trova alle pendici della Fossa delle Felci. L'attuale abitato sorge su gran parte del grande insediamento ellenistico-romano che durò circa un millennio (dal IV sec. a.C. al V sec. d.C.), la cui fine coincise con il crollo dell'Impero Romano d'Occidente e con l'inizio dell'età medievale (476 d.C.).



Oggi a S. Marina c'è uno dei due porti commerciali dell'isola, grazie anche alla particolare posizione: infatti la fascia costiera sud-orientale è stata da sempre la più favorevole agli approdi e proprio per tale motivo si è pensato di creare un porto turistico in quella zona. 



Molto caratteristica la chiesa della patrona omonima, la cui ricorrenza si festeggia il 16 luglio. All'interno si può leggere: "D.O.M. ANNO DOMINI: 1725". In realtà le origini della chiesa sono più antiche, come molto antico è il culto di S. Marina. Tale culto venne fatto rivivere dai coloni che giunsero a S. Marina e Lingua tra il XII e XIII sec.



Malfa è situato in una zona collinare a circa 100 metri s.l.m. nel vallone tra Monte Rivi e  Monte Porri. Il nome Malfa potrebbe derivare dall'arabo marfa, che significa "porto" oppure, secondo un'altra ipotesi, dalla repubblica marinara di Amalfi, in quanto un gruppo di persone proveniente da tale città vi si stabilì nel XII secolo. Le frazioni sono Capo Faro e Pollara.




Dall’alto si può godere delle meravigliose sfumature del mare e della tartaruga, una prominenza rocciosa che si protende nell’acqua, a forma, appunto, di tartaruga. Gli Eoliani hanno questa fantasiosa usanza di vedere in ciascuno dei loro faraglioni e degli speroni di roccia nei profili delle loro isole forme riconducibili al mondo animale e umano.

 
Avvicinandoci a Pollara, sopra Malfa, vediamo anche una costruzione ormai in disuso. Chiamata comunemente Semaforo è un vecchio osservatorio militare dei tempi di guerra. 





Il centro di Pollara rappresenta il vulcano più recente. Le sue eruzioni, iniziate 30.000 anni fa e terminate in un periodo successivo a 13.000 anni fa, hanno lasciato un vasto cratere del diametro di circa un chilometro e mezzo, ormai quasi tutto cancellato dall'erosione. La prima attività di Pollara è stata di tipo effusivo, con colate di lava i cui resti formano Punta del Perciato e il Faraglione.

Le successive eruzioni esplosive che hanno lasciato l'ampio cratere, circondato da un basso anello di tufo, sono probabilmente avvenute da una bocca che si troverebbe nel mare di fronte all'attuale costa. L'arco creato dall'erosione nella colata di lava di Punta del Perciato è attribuita alle prime fasi di attività del centro di Pollara.


La falesia di Pollara (cala Troisi) è costituita da una parete bianca semicircolare che sovrasta, in tutta la sua possenza, la spiaggia sottostante. Questa parete è quello che resta della parte interna del cratere. Purtroppo a causa delle attività franose del cratere vulcanico, ma anche per le eliche delle imbarcazioni, la spiaggia si è fatta con gli anni sempre più stretta


Sono state censite dalle 90 alle 100 coppie di Falco della Regina o Falco Eleonorae, che nidifica nelle falesie di Pollara. Il nome scientifico della specie è un omaggio a Eleonora d’Arborea; alla fine dell’autunno il falco compie una lunga migrazione transahariana, seguendo prevalentemente rotte costiere attraverso il canale di Suez, il mar Rosso e il Corno d’Africa, per giungere sino al Madagascar.
 
Lo Scoglio Faraglione è un isolotto a circa 300 metri dalla costa della baia di Pollara; roccioso e disabitato, di origine vulcanica, è alto 35 metri. Sull’isolotto nidificano il gabbiano reale mediterraneo e la berta maggiore; sono inoltre presenti due specie di vertebrati: il geco comune e la lucertola delle Eolie.


Da Pollara si può raggiungere la caratteristica baia, costituita da pietre laviche stratificate, con fondali splendidi e grotte subacquee incantevoli, attraverso due sentieri. Il primo porta alla spiaggia principale, delimitata da una parete a strapiombo e caratterizzata da tracce di vecchi magazzini scavati nel tufo

 
mentre il secondo, formato da una scalinata in pietra, conduce alla spiaggetta delle “Balate”, così chiamata per gli antichi ricoveri per le barche, incastonati nella roccia che quasi si confondono con essa. Il luogo è diventato famoso, perché in una casa soprastante, la casa rosa, è stato girato “Il Postino” di Massimo Troisi. 


Leni, denominato Lenoi dai greci per i contenitori in cui veniva pigiata l’uva, è situato a sud dell'isola, all'interno, vicino ai comuni di Malfa e di Santa Marina Salina, con cui confina. Il comune occupa circa un terzo dell'isola, ha una superficie di 8,56 km² e un'altitudine media di 202 metri sopra il livello del mare. Sorge su una zona collinare vicino al litorale.

 
Il piccolo borgo di pescatori di Rinella si erge lungo una ripida vallata che conduce direttamente al mare. Suggestivo e pieno di fascino, questo paesino rappresenta uno dei luoghi più caratteristici dell’intera isola, con una meravigliosa spiaggia di sabbia nera a forma di mezzaluna, sormontata da grotte scavate nella roccia che servivano da ricovero per le barche. 

I fondali, bassi e sabbiosi, sono un paradiso per gli appassionati di snorkeling che, oltre alla flora e alla fauna marina, possono osservare l’attività vulcanica consistente in fenomeni chiamati sconcassi, che si manifestano con l’emanazione di gas e vapori dal fondale. Nella foto, i tufi della spiaggia di Rinella, con i ricoveri per le barche.

 
Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la "Malvasia delle Lipari", un vino di sapore dolce. Nella foto, grappoli d'uva esposti al sole.


 
I capperi sono esportati in tutto il mondo. Il cappero è un piccolo arbusto ramificato a portamento prostrato-ricadente. Della pianta si consumano i boccioli, detti capperi, e più raramente i frutti, noti come cucunci. Entrambi si conservano sott'olio, sotto aceto o sotto sale


Altre coltivazioni, che però stanno scomparendo, sono quelle dei fichi, delle mandorle, dell'ulivo, su terrazzamenti in pietra basaltica, e del melograno. Immancabili i ficodindia. In alta quota si è provveduto a una riforestazione con bellissime pinete, ricche anche di funghi. La vegetazione tipica della macchia mediterranea è ricca anche di erica, ginestra e corbezzolo.



 
Circumnavigando l'isola abbiamo visto anche la nave cisterna, che fornisce acqua potabile a tutte le isole. Solo Lipari è autonoma, avendo un impianto dissalatore a San Vincenzo: l’isola non necessita più di essere rifornita con le navi, salvo in casi di emergenza o cattivo funzionamento dell'impianto. 


Curiosità. Rientrando in motonave abbiamo visto sull'isola, verso Rinella, la casa di Francesco Paolo Fulci (Messina, 19 marzo 1931), un diplomatico italiano, già ambasciatore presso le Nazioni Unite. In pensione dal 2000, dal 2011 è presidente della Ferrero. E' considerato un benefattore dagli eoliani per la sua integrità.

Rientriamo a Lipari e la guida propone la visita al Castello che sorge alla sommità dell'acropoli. La cosiddetta Cittadella fortificata è costituita dallo stesso Castello e da un insieme di edifici realizzati sulla rocca d'origine vulcanica alta circa 50 metri a strapiombo sul mar Tirreno. La poderosa cinta muraria separa Marina Lunga a settentrione da Marina Corta a meridione e la parte bassa della città

Alcuni edifici del castello sono ora adibiti a sede del Museo archeologico regionale eoliano che ospita gran parte del materiale proveniente dagli scavi intrapresi nel secondo dopoguerra. Gli scavi archeologici condotti a partire dagli anni cinquanta dall'archeologo Luigi Bernabò Brea, hanno portato alla luce uno strato di depositi di oltre 10 metri di spessore, che ha consentito di ricostruire la storia del luogo. Il materiale era ben conservato in quanto ricoperto da ceneri vulcaniche depositate dai vulcani vicini, Stromboli e Vulcano.

Nel castello si distingue un nucleo preistorico, abitato da circa 6000 anni; i ritrovamenti  archeologici denunciano la permanenza di popoli del neolitico, della prima età dei metalli, dell'età del bronzo e dell'età ellenistica. Il Museo Archeologico Eoliano dentro il Castello conserva ritrovamenti archeologici dall'epoca neolitica a quella del bronzo, fino al periodo greco e romano. 


Al periodo normanno, oltre alla torre che si trova all'ingresso del castello, risale la cattedrale di San Bartolomeo, patrono delle Eolie, posta al centro del colle e contornata da reperti archeologici. La cattedrale è la costruzione più antica edificata dai Normanni intorno al XII secolo e poi ricostruita dagli spagnoli dopo la distruzione del 1544. La facciata odierna risale al 1861, contraddistinta da due ingressi laterali minori e da un portone principale, impreziositi da portali marmorei costituiti da colonne ioniche sormontate da capitelli in stile corinzio, che incorniciano gli ingressi fino agli architravi con timpani costituiti da volute a ricciolo.


 
L'aspetto attuale del castello deriva dalle possenti fortificazioni spagnole, fatte costruire intorno alla rocca da Carlo V verso il 1560, dopo l'attacco all'isola del pirata tunisino Kairedin Barbarossa, che nel 1544 aveva conquistato e distrutto la città, portando via come schiavi gran parte degli abitanti. 



La Cattedrale è quindi riedificata e il chiostro è adibito a cimitero e ricoperto, in seguito ad un terremoto; è soffocato da un muraglione che lo occulta per secoli. Solo da pochi decenni è riscoperto per puro caso nella sua naturale bellezza, nel 1978. Inizialmente era quadrangolare, il lato nord più corto. Al centro un giardino avvolto ai lati da una galleria con colonnato, il lato nord accorpato alla chiesa dopo un restauro, della quale costituisce la navata destra. Le colonne hanno un particolare pregio in quanto provenienti da case romane precedenti e sono tutte scanalate, pur se diverse tra loro.
 
L'abitato con case dal XV al XVIII secolo si conservava ancora fino agli inizi del nostro secolo. Abbandonate dagli abitanti trasferitisi nella città nuova, erano state occupate dai "coatti", relegati nell'isola dal governo borbonico e dopo l'unità d'ltalia, dal governo italiano. Nel 1926, con l'arrivo dei confinati politici, il governo fascista distrusse quanto restava delle case antiche. 


Si conservano invece le chiese, in tutto cinque: la chiesa di S. Caterina all'ingresso (fine XVll-inizi XVIII sec.), usata come cucina nel periodo fascista, l' Addolorata (prima metà del XVI sec.) e l'Immacolata (prima metà del XVIII sec.) poco più avanti, la Cattedrale di S. Bartolomeo e infine la chiesa della Madonna delle Grazie (XVII secolo), nell'area del parco archeologico.
 
Nel parco archeologico sono stati sistemati numerosi sarcofagi in pietra provenienti dalla necropoli greca e romana di Contrada Diana ed è stato costruito nel 1978 dal Comune di Lipari, proprio nell'area utilizzata durante il fascismo come cava di pietra, un teatro all'aperto sul modello degli antichi teatri greci, ora destinato nella stagione estiva a spettacoli di vario genere. 



Si chiude qui la nostra terza, intensa giornata. Apro una nuova pagina per la prossima isola.

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