domenica 16 ottobre 2016

Considerazioni personali sulla gita in Toscana


I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Ti chiederai, fedele lettore, perché ho iniziato così le solite considerazioni personali sulla gita in Toscana... Ebbene, arrivando in quella regione, che per me sa di magia, ho ripensato alla poesia che mio papà recitava, serio e attento, e che ho imparato ad amare anch'io. Davanti San Guido, di Giosuè Carducci, un mito.
L'immagine scelta è quella di Viale dei cipressi, che collega Bolgheri a Castagneto Carducci, estranea alla nostra gita, ma che ben rappresenta uno dei paesaggi tipici della Toscana.
La Toscana infatti non è solo la culla del Rinascimento italiano: ci sono innumerevoli luoghi da visitare e scoprire. Cultura, arte e tradizioni combinate a un paesaggio di dolci colline, vigneti e incantevoli borghi, rendono la Toscana non solo la destinazione italiana più sognata, ma un'esperienza indimenticabile.
A partire dal 1982, l’Unesco ha inserito nella lista dei siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità 6 luoghi della Toscana: Firenze, Pisa e Piazza dei Miracoli, San Gimignano, Siena, Pienza, la Val d'Orcia, aggiungendovi, nel 2013, anche le Ville ed i Giardini Medicei per arrivare a 7 siti.

Il territorio è per la maggior parte collinare (66,5%); comprende alcune pianure (circa l'8,4%) e importanti massicci montuosi (il 25,1%). Sia a nord che a est la Toscana è circondata dagli Appennini ma il territorio è prevalentemente collinare. La vetta più alta è il monte Prado (2.054 m), in Garfagnana.

Nella regione si trovano altri rilievi montuosi degni di nota al di fuori della dorsale appenninica: tra i tanti, le Alpi Apuane a nord-ovest, i Monti del Chianti tra le province di Siena e Arezzo, i massicci del Monte Amiata e del Monte Cetona a sud-est, il monte Falterona, dove nasce il fiume Arno e il monte Fumaiolo dove nasce il Tevere.

Come si vede la Toscana è una regione che soddisfa sempre lo sguardo di chi la sa ammirare. Se poi si ha la fortuna di trovare bel tempo, se ne può godere appieno; noi siamo stati sfortunati in questo perché per due giorni abbiamo avuto pioggia a catinelle. Il terzo, a Siena, finalmente il sole ci ha fatto un po' di compagnia.

Alcune curiosità sulle tre città che abbiamo visitato: Lucca, Firenze e Siena.

Riconosciuta come libero comune da Federico Barbarossa nel 1162, Lucca è stata l'unica città toscana a rimanere indipendente da Firenze fino al 1848, quando fu inglobata nel Granducato. La Zecca di Lucca ha battuto moneta dal 650 al 1843. Piazza del Mercato ricalca la forma ellittica del teatro romano che qui sorgeva. 

L'America deve il suo nome al grande navigatore fiorentino Amerigo Vespucci. Colombo, che effettivamente fu il primo europeo a calcare la terra del nuovo mondo, vi approdò casualmente, alla ricerca di una nuova rotta per le indie. Vespucci, con le sue lettere che ebbero subito vasto eco, fu il primo a diffondere sistematicamente informazioni sul nuovo continente. L'intuizione fondamentale di Vespucci fu di aver compreso che le nuove terre non costituissero porzioni di territorio dell'Asia, ma rappresentassero una "quarta parte del globo" indipendente e separata dal continente asiatico.
A lato, statua di Amerigo Vespucci che si trova agli Uffizi.
Qui un sito molto bello su Firenze.

La rappresentazione della Lupa senese commemora la mitologica fondazione della città di Siena da parte di Senio e Ascanio, figli di Remo, ucciso da suo fratello Romolo nella leggendaria fondazione della città di Roma. Dopo l'assassinio del padre i fratelli fuggirono dal loro zio su due cavalli che Apollo e Diana avevano fornito loro (uno bianco e uno nero, colori che alla fine saranno quelli della Balzana, lo stemma di Siena), dirigendosi verso l'Etruria a nord. Avendo preso con loro la lupa che aveva nutrito e protetto il padre e lo zio, ne fecero l'emblema della nuova città che stavano per fondare. Raggiunsero una valle dove decisero di stabilirsi. Qui fu fondata la città che prese il nome del maggiore dei due fratelli Senio, che divenne Sena (e poi Siena).




La Toscana non è solo una regione splendida per la magnificenza dell'arte, ma è anche ricca di pietanze, vini e dolci prelibati (verificato di persona).

I pici (o pinci) sono il primo piatto della gastronomia senese: grossi spaghetti fatti con la farina di grano tenero, anziché con la semola di grano duro. Era il tipico piatto povero dei contadini, perchè gli ingredienti sono limitati ad acqua e farina. Possono essere fatti a mano, grossolani ed irregolari, oppure a macchina, con un diametro costante di 3-4 mm. Si gustano con aglio, olio e pepe, oppure con ragù di carne, come quella del cinghiale.

Il peposo è un piatto tipico di Impruneta, paese delle colline fiorentine, rinomatissima per la "terra di Impruneta" (un'argilla contenente sabbia, carbonato di calcio e ossido di ferro, che conferisce alla terracotta il suo caratteristico colore rossiccio), da cui si ottengono terrecotte, mattoni e altri materiali in cotto (cotto d'Impruneta). Il peposo veniva preparato di notte, dagli artigiani che lavoravano nelle fornaci, e cucinato per 6-8 ore proprio nei forni dove si cuocevano i vasi e le mattonelle. Gli ingredienti potevano variare a seconda della disponibilità e della stagione, ma di base restavano sempre tagli di carne non pregiata (in genere il muscolo di manzo), vino rosso, aglio, erbe aromatiche e tanto pepe. La lunga cottura della carne, immersa nel Chianti e negli odori, contribuiva a creare un piatto gustosissimo, da servire anche nelle feste o nelle occasioni importanti.
Si narra che, al tempo del Brunelleschi, durante la costruzione della famosa cupola della Cattedrale di Santa Maria in Fiore, il Duomo di Firenze, i "fornacini" addetti alla cottura dei mattoni facessero largo uso di questa pietanza.

Per le vie di Siena le pasticcerie artiginali preparano i ricciarelli, un dolce tipico capace di competere col più famoso panforte. Sono dolcetti simili al marzapane (marzapanetti) con la differenza che, oltre a mandorle, zucchero ed albume d'uovo, nel vero ricciarello troviamo anche scorza di arancia candita.
Nati nel XIV secolo nelle corti toscane, seguendo antiche origini orientali, si sono poi evoluti in varianti arricchite con cioccolato in superficie. La leggenda narra che fu il cavaliere Ricciardetto Della Gherardesca a introdurre questi dolci, al ritorno dalle crociate, nel suo castello vicino a Volterra.

Il Brunello di Montalcino è un vino rosso a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) prodotto in Toscana, nel territorio del comune di Montalcino in provincia di Siena. Il Brunello di Montalcino può essere considerato, insieme al Barolo, il vino rosso italiano dotato di maggiore longevità.

Il "Chianti" è una terra di antiche tradizioni vinicole di cui esistono testimonianze etrusche e romane, ma i primi documenti in cui con il nome Chianti si identifica una zona di produzione di vino (e anche il vino prodotto) risalgono al XIII secolo, e si riferiscono alla Lega del Chianti costituita a Firenze.

Il Morellino di Scansano è un vino DOCG la cui produzione è consentita nel territorio di Scansano e in parte della provincia di Grosseto. Già DOC dal 1978, l'attuale riconoscimento superiore è stato conferito dal Decreto Ministeriale del 14 novembre 2006 ed entra in vigore dalla vendemmia 2007.


Un'altra caratteristica che mi piace moltissimo è il modo di parlare dei toscani. Ho trovato in rete un articolo, di cui riporto un piccolo stralcio.

Tratto da
http://www.toplifemagazine.it/5807-toscani-e-toscanita-la-lingua-toscana-un-idioma-internazionale/

In qualsiasi parte del mondo ci troviamo, veniamo riconosciuti non per tratti somatici o altre caratteristiche particolari, ma per l’appartenenza alla nostra straordinaria regione, a causa della nostra “parlata”.

Il marchio di fabbrica del nostro dialetto è quel fenomeno fonetico denominato gorgia toscana, che indica la difficoltà a pronunciare alcune consonanti (le occlusive sorde t e p, ma più comunemente la c), che diventano “aspirate” se accostate a determinate lettere.

“Parecchi bischeri pensano che ci si mangi sempre la CI, e ‘nvece un’è mi’a vero sempre. E la si mangia solo cande l’è una CI sola, e solo se di dre’o o davanti la c’ha du’ vo’ali”. “Eppoi nessuno s’è mai ammosca’o che a vorte e ci si mangia anche la TI, che l’è anche dimorto ma dimorto più sapori’a”.


E' arrivato il momento di salutarci, con un'immagine che parla da sola e - mi sia concesso - un piccolo divertissement.

Se tu fossi alto quanto tu sè bischero tu berresti alle grondaie.

Alla prossima!


 

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