3 settembre: arrivo a Vienna, Castello del Belvedere.
Incontro con la guida, primo giro orientativo.
Vienna è la capitale federale
e allo stesso tempo uno dei nove stati federati dell'Austria,
completamente circondato dalla Bassa Austria. È il settimo comune per
abitanti dell'Unione europea. La città è composta da 23 distretti
e il centro della città è il primo distretto. Gli altri si susseguono a
spirale intorno al primo distretto con numero crescente.
Vienna prende il nome da un affluente, il Vienna, che si unisce al Danubio in questo tratto. E' sede di importanti organizzazioni internazionali tra le quali: OPEC, AIEA e ONU.
Il complesso di grattacieli che ospita le varie organizzazioni delle
Nazioni Unite è stato costruito tra il 1973 e il 1979, poco a nord del
Danubio. (foto)
La città è attraversata nella sua parte orientale dal Danubio; il Canale del Danubio
(chiamato anche "Piccolo Danubio") fu creato tra il 1870 e il 1875 in
seguito alla regolamentazione del fiume. Nella sua forma attuale si
estende per 17,3 Km e lambisce la città vecchia.
Venuta a crearsi con le opere di incanalamento, l'isola del Danubio è un'esigua fascia di terra lunga 21 km e
interamente dedicata alle attività di svago: nella parte settentrionale
tutto è predisposto per accogliere i visitatori. Ospita anche una
riserva naturale popolata da una ricca fauna.
Inaugurata il 16 aprile 1964 la Donauturm, alta 252 metri, ha due terrazze panoramiche a 150 m e 155 m, un caffè e un ristorante
(girevoli) a 160 m e 170 m. La durata di un giro completo delle
terrazze e dei ristoranti è di 26, 39 o 52 minuti. C'è anche un impianto
per il bungee jumping a 152 m. La torre si innalza al centro del bellissimo Donaupark (Parco del Danubio) costruito per ospitare la fiera dell'orticultura nel 22º distretto di Vienna, la Donaustadt.
Situato insieme al Ventesimo sull'isola del Danubio, sbarrato dal
Donaukanal che lo taglia fuori dal centro storico, il Secondo distretto,
Leopoldstadt, dal nome dell’imperatore Leopoldo I (che
qui vi cacciò gli ebrei) era fino a un secolo fa il più appartato dei
distretti di Vienna. Diventò il quartiere ebraico della città, soprannominato Mazzensinsel
(l’isola del pane azzimo): qui abitarono Arthur Schniztler, Joahnn
Strauss, Billy Wilder. Oltre un terzo della superficie del distretto è
costituita da aree verdi, tra cui l'esteso Prater, un tempo riserva di caccia imperiale, e i giardini dell'Augarten.
Negli ultimi anni il distretto è stato notevolmente rivalutato,
anche grazie all'ampliamento della rete della metropolitana di Vienna.
Presso il comprensorio fieristico Messe Wien e l'area del Prater è nato
il cosiddetto Viertel Zwei (sobborgo due), che comprende edifici
residenziali e adibiti a uffici, nonché il nuovo campus della Facoltà di economia dell'Università di Vienna. Anche l'area che circonda l'ex-stazione ferroviaria nord di Vienna è una delle più vaste zone urbane oggetto di iniziative di sviluppo e rivitalizzazione della città.
Ora di pranzo: la storica birreria-trattoria Salm Bräu
in un'ala dell'ex convento salesiano vicino al Belvedere inferiore
gestisce una distilleria di whisky e produce cinque diversi tipi di
birra in proprio, oltre a numerosi piatti tipici della cucina viennese.
Ne approfittiamo con gusto.
Il Castello del Belvedere sorge nel quartiere di Landstraße a sud del centro storico di Vienna. Rappresenta uno dei capolavori dell'architettura barocca
austriaca e una delle residenze principesche più belle d'Europa. Venne
costruito da Johann Lucas von Hildebrandt per il principe Eugenio di Savoia ed è formato da due palazzi contrapposti, il Belvedere superiore
e il Belvedere inferiore. Nei due castelli del Belvedere sono ospitati tre importanti musei. Nella Orangerie del Belvedere inferiore si trova il Museo dell’arte medievale austriaca
che raccoglie i capolavori di scultura e pittura su tavola a soggetto
religioso principalmente realizzati tra la fine del XII e l’inizio del
XVI secolo.
Le due eleganti costruzioni sono collegate da uno stupendo giardino alla francese, digradante sulla collina e affacciato sulla città, ricco di gruppi di statue dedicate alle divinità dei boschi e dell’acqua. il viale principale del giardino è abbellito anche da “sculture vegetali”, piante potate in forme geometriche.
Il complesso di giardini del Belvedere è un gioiello dell'architettura paesaggistica barocca; insieme ai due castelli, esso costituisce un tutt'uno armonioso cui l'UNESCO ha conferito il titolo di Patrimonio dell'Umanità. Nel XVIII secolo il parco aveva la duplice funzione di fornire lo sfondo a passeggiate e conversazioni e di fare sfoggio del potere, della saggezza e della ricchezza del proprietario.
Un inciso è doveroso: se non interessa, si può continuare con la cronaca due paragrafi sotto.
Eugenio di Savoia-Soissons, noto come Principe Eugenio (Parigi, 18 ottobre 1663 – Vienna, 21 aprile 1736), è stato un generale italiano naturalizzato austriaco al servizio dell'Esercito del Sacro Romano Impero.
Nella prima adolescenza, Eugenio si ammalava frequentemente, soggetto a
gravi febbri. Il suo aspetto fisico non era avvenente; aveva « un
brutto naso camuso », cui si aggiunse molto presto una « andatura un po'
sghemba, conseguenza di una leggera scoliosi ».
Non ancora ventenne si
presentò al re Luigi XIV, di cui suo padre era stato
uno stimato generale, per ottenere un comando nell'esercito francese. Il
re però non gli diede alcuna risposta, di fatto rifiutando di accoglierlo nell'esercito. Eugenio si recò allora alla corte dell'imperatore d'Austria Leopoldo I d'Asburgo,
presso il quale già aveva militato il fratello maggiore Luigi Giulio,
comandante di un reggimento di dragoni, che, ferito combattendo contro i
turchi a Petronell, era deceduto qualche giorno prima a seguito delle
ferite riportate. L'imperatore, profondamente legato al predetto
fratello di Eugenio, da sempre impressionato dalle doti militari e
strategiche dei membri di Casa Savoia, lo accolse
subito nel suo esercito.
Sebbene fosse un rampollo della famiglia dei
Savoia-Soissons, militò quindi giovanissimo al servizio degli Asburgo ed
intraprese la carriera militare divenendo ben presto comandante dell'esercito imperiale. È da molti considerato l'ultimo dei capitani di ventura; fu anche un abile riformatore dell'esercito austriaco, vero precursore della guerra moderna. Conosciuto anche come il "Gran Capitano", combatté la sua ultima battaglia a 72 anni. Fu uno dei migliori strateghi
del suo tempo e con le sue vittorie e la sua opera di politico assicurò
agli Asburgo e all'Austria la possibilità di imporsi in Italia e
nell'Europa centrale e orientale. Per le sue imprese, soprattutto per la
Battaglia di Belgrado, gli venne dedicata la Prinz Eugen Marsch.
Un incarico prestigioso portava molto
onore, ma soprattutto molto denaro, specialmente in caso di vittorie.
Eugenio di Savoia, partito praticamente da zero riuscì nel giro degli
anni ad accumulare grandi ricchezze.
Eugenio era un amante delle arti e della lettura ed era un appassionato collezionista di libri e quadri: possedeva, alla morte, una collezione di 15.000 volumi,
che è tuttora conservata all'Hofburg. Fu un grande appassionato
d'architettura e come i suoi cugini piemontesi ordinò e fece costruire
numerose residenze, le delizie tra Vienna e l'Ungheria. La sua residenza
ufficiale e certo la più famosa è il Palazzo del Belvedere,
una magnifica costruzione, connubio tra barocco italiano e
mitteleuropeo: in questa dimora egli riceveva visite diplomatiche e
manteneva rapporti epistolari con generali e regnanti di molti stati
europei.
Morì nel 1736, nel sonno; i funerali viennesi, su richiesta della famiglia imperiale asburgica, vennero celebrati con gli onori di stato
e la partecipazione di tutte le cancellerie europee, equiparandolo di
fatto ai familiari dell'Imperatore. Il suo corpo fu tumulato nella
cattedrale viennese di Santo Stefano, e il cuore, per volere dei Savoia, nella cripta della Basilica di Superga.
Riguardo al cuore, c'è tuttora un mistero, in quanto si ritiene che sia
stato riportato a Vienna, o addirittura che non sia mai stato portato
via dall'Austria.
Morto senza eredi diretti, i suoi beni passarono alla sua nipote cinquantaduenne Vittoria, figlia del defunto fratello Luigi Tommaso di Savoia-Soissons, che diventata improvvisamente ricca, trovò subito marito:
il principe Giuseppe Federico di Sassonia-Hildburghausen, di vent'anni
più giovane. Separatasi la coppia nel 1744, la suddivisione dei beni
vide l'assegnazione della splendida dimora al marito di Vittoria. Parte
dell'eredità andò perduta con le alienazioni effettuate dall'erede, ma
alla sua morte rimanevano ancora parecchie dimore, che vennero
acquistate, insieme ad altri beni mobili annessi, dall'imperatore Francesco I marito di Maria Teresa d'Austria.
La collezione di quadri fu
invece acquistata da Carlo Emanuele III di Savoia, dietro consiglio
dell'ambasciatore del Regno di Sardegna a Vienna e una parte è tutt'oggi
esposta nella Galleria Sabauda a Torino.
Nel 1776 Maria Teresa e
suo figlio Giuseppe II decisero di trasferire dalla Hofburg, dove era
stata conservata sino a quell'epoca, al Belvedere la Gemäldegalerie (Galleria d'arte imperiale)
con l'intento di rendere tale collezione accessibile a tutti, sull'idea
dell'assolutismo illuminato. La galleria aprì ufficialmente i battenti
cinque anni dopo, formando così uno dei primi musei pubblici al mondo (la galleria è stata trasferita dal 1891 al Kunsthistorisches Museum di Vienna).
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Il Principe Eugenio scelse per la sua residenza estiva un terreno fuori dalle porte di Vienna. Con l'accostamento di piani e declivi e la sua particolare posizione, il terreno di edificazione rispondeva a tre principi fondamentali
della teoria del paesaggio barocco: ampie vedute, begli sfondi e
prospettive naturali. L'incantevole vista sulla città, sul Duomo di
Santo Stefano e il monte Kahlenberg valsero al Castello il nome di
Belvedere.
Nota: come molte altre in queste cronache, la foto è mia; per
puro caso ho catturato anche un volatile (piccione?) nel panorama di
Vienna :-)
Di fronte alla scalea del Belvedere Superiore è collocato un bacino, un reflecting pool, in cui si specchia e, in un'illusione ottica, si duplica
la facciata dell'edificio. Sul lato rivolto verso la città si estende
il cortile d'onore, che funge da linea di confine con il Belvedere
Inferiore.
Il giardino principale, incastonato tra il Belvedere Inferiore e quello Superiore, si articola in tre livelli che illustrano la simbologia classica: il primo livello (quello inferiore) rappresenta i quattro elementi, il livello intermedio il Parnaso, e il più alto l’Olimpo.
Il corredo del giardino barocco conta numerose sculture. Muse,
rappresentazioni della vita di campagna, allegorie dei mesi, vasi e
putti contornano i viali e ornano le balaustre delle scalinate. Tre terrazze seguono il declivio e sono caratterizzate da altrettante fontane. La prima è una grande conchiglia sorretta da figure femminili.
Tra la terrazza superiore e quella intermedia del parco è incastonata la cascata principale.
La fontana, formata da cinque vasche a gradini, è dominata da eroi e
nereidi (divinità marine) che lottano contro creature mostruose.
La pianificazione del parco fu opera dell'architetto paesaggistico francese e fontaniere Dominique Girard
(1680–1738), allievo di André Le Nôtre, che aveva creato il giardino
intorno il Castello di Versailles per Luigi XIV. Facendo ricorso a
rampe, scalinate e cascate Girard ricompose i dislivelli di 23 m circa tra l'area pianeggiante del settore inferiore e il declivio.
Ci portiamo ora sul retro del Castello, dove lo scenografico ingresso d'onore è formato da un loggiato a vetri preceduto da due rampe simmetriche su cui due sfingi si ergono come guardiani di pietra. Queste creature con la testa di donna e il corpo di leone simboleggiano la forza e la possanza, affiancate dal discernimento umano.
Dettaglio dell'ingresso d'onore.
Dettaglio della cupola di rame, ornata da statue.
La Sala Terrena, che costituiva il vestibolo d'accesso
al palazzo, minacciava di crollare dal soffitto per l'eccessivo peso
caricato sulla sua volta, così Hildebrandt, tra il 1732-1733, fu
costretto ad installarvi dei pilastri, sostenuti da Atlanti, dando alla sala l'aspetto attuale.
Nato come residenza estiva di Eugenio di Savoia, in un primo tempo il
Belvedere superiore non era chiuso nella parte bassa. Quando
l'Imperatore Francesco Giuseppe d'Austria ne divenne il proprietario, nel 1896 stabilì che sarebbe servito come residenza ufficiale dell'erede al trono, suo nipote Francesco Ferdinando. Fu quindi necessario ristrutturarlo.
Oggi il Belvedere ospita la più importante collezione d'arte austriaca,
dal medioevo fino ai giorni nostri, integrata con alcune opere di
artisti internazionali. Al Belvedere Superiore le opere esposte coprono
più di 500 anni nella storia dell'arte e si possono visitare anche i sontuosi appartamenti di rappresentanza.
A fianco, Claude Monet.
Saliamo al piano nobile ed entriamo in una sala dove ci sono le statue dei quattro evangelisti di Giovanni Giuliani (nella foto Marco)
per poi passare alla Sala delle udienze dove troviamo la collezione di Franz Xaver Messerschmidt, (Wiesensteig, 6 febbraio 1736 – Presburgo, 19 agosto 1783) scultore tedesco conosciuto soprattutto per le sue "teste di carattere", una serie di 69 busti
(dei 100 originariamente previsti dallo scultore e dei quali appena 49 sono giunti a noi) rappresentanti 64 smorfie.
Messerschmidt spiegò allo scrittore ed editore Christoph Friedrich
Nicolai, durante una visita di quest'ultimo all'artista nel 1781, che le
smorfie erano quelle che egli stesso eseguiva davanti a uno specchio dandosi dei «pizzicotti qua e là».
Il Biedermeier è stato un
movimento artistico e ornamentale sviluppatosi nel periodo storico che
intercorre tra il 1815 ed il 1848. Molto in voga tra la borghesia tedesca e austriaca, viene spesso definito di genere "romantico".
Il termine stesso si diffuse attorno al 1850 come dispregiativo,
stava ad indicare il piccolo borghese apolitico e conservatore,
interessato solo alla propria vita familiare. È composto da due parole,
cioè l'aggettivo "semplice", "sempliciotto" (bieder, ma che significa anche "integro", "onesto") unito a uno dei cognomi tedeschi più diffusi Meier (o Maier).
Questo stile nacque come contrapposizione al cosiddetto Stile Impero, nel periodo immediatamente successivo al Congresso di Vienna, di cui riprende una decisa "voglia di normalità". Soprattutto per questa ragione, il Biedermeier è stato spesso definito come lo "stile della Restaurazione".
Lo scopo che sottende allo stile Biedermeier infatti è valorizzare la sobrietà e l'armonia, mutuando parte dei motivi stilistici dal periodo precedente, ma spogliandoli di tutti i decori, gli orpelli e gli eccessi
che lo avevano caratterizzato. Tutto ciò è coerente con la situazione
socio-politica del momento, che cerca di dimenticare i fatti tumultuosi
della Rivoluzione francese e del successivo impero napoleonico.
Ferdinand Georg Waldmüller (Vienna, 15 gennaio 1793 – Hinterbrühl, 23 agosto 1865) è stato un pittore e scrittore austriaco. Si fa notare subito come abilissimo ritrattista:
estremamente realistico il suo registro pittorico, approccio
ravvicinato col soggetto, lontano dalla plasticità delle pose
aristocratiche. Proprio nel momento del massimo successo del
Biedermeier, lui si volge altrove: è il momento del passaggio da una
civiltà campagnola a società industriale e inurbata. Waldmüller si dà a
una sorta di critica sociale: sceglie di ritrarre nella loro miseria gli sfruttati, gli emarginati di quel mondo impietoso che sembrava promette un benessere generalizzato.
L’esito è una pittura di genere modellata da particolari tagli di luce e pennellate incisive, che accentuano l’effetto veristico. Le composizioni si fanno dinamiche, narrano il quotidiano con scene spesso molto affollate di personaggi,
di ognuno dei quali l’artista offre una caratterizzazione. In una tela
del 1857 dedicata alla distribuzione di vestiti per i bambini poveri se
ne contano un’ottantina.
Ma sembra toccare le corde della nostalgia quando, a questa realtà di emarginati, contrappone un idilliaco mondo delle campagne e dei villaggi, in cui c’è ancora tempo e spazio per celebrare riti e feste dal sapore incontaminato.
Friedrich von Amerling (Vienna,
14 aprile 1803 – 14 gennaio 1887) è stato un pittore austriaco.
Ritrattista, fu pittore di corte di Francesco Giuseppe d'Austria dal
1835 al 1880. È considerato, con Ferdinand Georg Waldmüller, il più
grande ritrattista austriaco del XIX secolo.
Rudolf von Arthaber e i suoi figli. Tenersissima scena di un vedovo che stringe a sè i figlioletti.
Anton Romako (Vienna,
1832 - Vienna 1889) studiò a Vienna all'accademia e a Monaco. Durante un
primo soggiorno in Italia (1855-56), a Venezia, nell'atelier di C.
Werner, si esercitò nella tecnica dell'acquerello, e da un viaggio in Spagna (1856) riportò una efficace impressione dell'arte di Goya.
Svolse la sua maggiore attività a Roma (1857-76), dove fu in stretto
contatto con molti esponenti della cultura tedesca e austriaca. Tornato a
Vienna visse isolato fino alla morte.
Sissi, triste e in compagnia di uno dei suoi amati cani.
È considerato uno degli esponenti più significativi della cultura austriaca ottocentesca, oltre che per la sua sensibilità di ritrattista
(Ritratto di ragazzo italiano con pesci)
anche per le scene di battaglia e le vedute d'interni (L'ammiraglio Tegetthof nella battaglia di Lissa, 1880) che si pongono tra le prime esperienze espressioniste.
Ho visto anche il quadro del nostro bravissimo Giovanni Segantini, Le cattive madri, del 1896.
Nella parte superiore del Belvedere si trova l'arte moderna del periodo intorno a 1900, tra cui la più grande collezione di quadri di Gustav Klimt (la galleria possiede ben 28). In altre sale ci sono dei capolavori di Egon Schiele, quadri dell'epoca del "Biedermeier viennese" e dell'impressionismo francese.
Gustav Klimt nacque in un sobborgo di Vienna, e in
questa città frequentò la Scuola di arti e mestieri. Giovanissimo,
insieme al fratello e un amico, diede vita alla prima società artistica, procurandosi commissioni
per decorare edifici pubblici. Ne ricavò una certa notorietà e
ulteriori commissioni, quale l’importante incarico di decorare l’aula
magna dell’Università. Nel 1897 fu tra i fondatori e primo presidente
della Secessione,
partecipando sempre attivamente alle attività del gruppo da cui si
distaccò in polemica nel 1906 per fondare una nuova formazione: la
Kunstschau.
Ma la svolta che portò Klimt al suo inconfondibile stile avvenne con il quadro «Giuditta (I)» del 1901. In quest’opera Klimt ha rappresentato in modo grandioso il mito della donna
seducente, erotica e imprevedibile. L'immagine ha un taglio verticale molto accentuato con la figura di
Giuditta, di grande valenza erotica, a dominare l'immagine quasi per
intero. La testa di Oloferne appare appena di scorcio, in basso a destra, tagliata per oltre la metà dal bordo della cornice. Da questo momento il suo stile
divenne decisamente bidimensionale. Nel 1903 Klimt si recò due volte a
Ravenna, dove conobbe lo sfarzo dei mosaici bizantini. Da quel momento l’oro,
già presente in alcune opere precedenti, acquistò una valenza
espressiva maggiore, fornendo la trama coloristica principale dei suoi
quadri.
Fu dal connubio tra la ricchezza dei mosaici ravennati e i neonati Wiener Werkstatte (Laboratori Viennesi)
ai quali l'artista si avvicinò tornato in patria che nacquero alcuni
dei capolavori klimtiani più celebri: Giuditta I (1901), il Ritratto di
Adele Bloch-Bauer I (1907) e Il bacio (1907-08) sono tutte opere dove Klimt si presenta convertito all'oro di Bisanzio. È il dominio dell'oro che contraddistingue le tele del cosiddetto «periodo aureo» o «dorato» di Klimt, che è ormai prossimo ai quarant'anni.
Il periodo aureo di Klimt si concluse nel 1909 con il
quadro «Giuditta (II)». Il suo stile conobbe una nuova fase. Scomparsi
gli ori e le eleganti linee liberty, nei suoi quadri diviene
protagonista il colore acceso e vivace. Questa fase viene di certo
influenzata dalla pittura espressionista che già da
qualche anno si era manifestata in area tedesca. E Klimt l’aveva
conosciuta soprattutto attraverso all’attività di due artisti viennesi,
già suoi allievi: Egon Schiele e Oscar Kokoschka. Il dipinto Adamo ed Eva,
incompiuto, assume valenza simbolica per il soggetto biblico e per la
trattazione del volto di Eva, con il capo chino ed un sorriso dolce ma
enigmatico. La parte inferiore, con il decorativismo dei fiori e dello
sfondo, è tipica di Klimt; quella superiore, in cui le
figure si impongono su un fondale monocromo, rivela una sintesi dalle
linee tormentate più prossima allo stile di Schiele.
Egon Schiele nacque il 12
giugno 1890 a Tulln, vicino a Vienna. Dimostrò un talento molto precoce
per il disegno, mentre in quasi tutte le altre discipline scolastiche
falliì, più che altro perché non ne dimostrò alcun interesse. La sua
infanzia fu presto offuscata dalla malattia mentale del padre e dalla sua precoce morte, quando Egon Schiele aveva 15 anni, un'esperienza che avrebbe segnato profondamente la sua pittura, dando al suo stile un'impronta malinconica.
Lo zio Leopold Czinaczek, che divenne suo
padrino, riconobbe il talento artistico del ragazzo e lo mandò, nel
1906, all'Accademia di Belle Arti di Vienna dove Schiele fu lo studente
più giovane. La conoscenza con Gustav Klimt, che all'epoca era il più famoso artista viennese appartenente alla corrente della Secessione e che ammirò molto il giovane Schiele incoraggiandolo a proseguire sulla sua strada, lo influenzò in modo decisivo.
Nella sua breve vita, morì a soli 28 anni, Egon Schiele raggiunse, soprattutto con i suoi ritratti e autoritratti, un' espressività pittorica ammirata in tutta l'Europa. Tema ricorrente dei quadri di Schiele è l'angoscia e il conflitto lacerante tra vita e morte.
I ritratti di Schiele sono sempre caratterizzati da una stridula
gestualità e mimica. La diversità tra Schiele e Klimt è evidente come
non mai nell’interpretazione di una coppia di amanti dell’opera “Morte e ragazza“ che, in contrasto con il „Bacio“ di Klimt, mostra una rappresentazione pessimistica e malinconica dei rapporti fra i sessi.
Uscendo dalla mostra notiamo una costruzione su un praticello verde di fronte alla scalea d'onore. Erwin Wurm ha esplorato le possibilità espressive della scultura per oltre 35 anni. Con le sue Fat Sculptures
– status symbol “grassi” della classe media, come le automobili o le
case unifamiliari – lo scultore fornisce un commento irriverente e
straordinario sulla odierna società dei consumi. L’estremità meridionale
del Belvedere Superiore ospita una delle famose fat house (Fat House, 2003), acquisita nella collezione Belvedere nel 2016. Se devo essere onesta a me non è piaciuta affatto e trovo sia un sacrilegio l'averla collocata qui.
A guardia della cancellata centrale in ferro battuto stanno due leoni con gli stemmi dei Savoia, sormontati da corone, mentre due putti tengono le catene dell’Ordine del Toson d’Oro, onorificenza assegnata al Principe Eugenio dal re di Spagna Carlo II.
Dettaglio.
Anche questa giornata è finita. Ci dirigiamo all'albergo per pernottare. La cronaca continua.
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