domenica 10 settembre 2017

Gita in Friuli - Redipuglia e luoghi della Grande Guerra

4 giugno: Redipuglia, i luoghi della Grande Guerra e rientro.

Dopo aver stipulato un patto di alleanza con le potenze della Triplice intesa e aver abbandonato lo schieramento della Triplice alleanza, l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, iniziando le operazioni belliche il giorno dopo: il fronte di contatto tra i due eserciti si snodò nell'Italia nord-orientale, lungo le frontiere alpine e la regione del Carso. Nella prima fase del confronto le forze italiane, guidate dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Luigi Cadorna, lanciarono una serie di massicce offensive frontali contro le difese austro-ungariche nella regione del fiume Isonzo.

Il conflitto si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea, simile a quella che si stava combattendo sul fronte occidentale: la lunga serie di battaglie sull'Isonzo non portò agli italiani che miseri guadagni territoriali al prezzo di forti perdite tra le truppe, ben presto spossate e demoralizzate dall'andamento delle operazioni. La situazione subì un brusco tracollo nell'ottobre 1917, quando un'improvvisa offensiva degli austro-tedeschi nella zona di Caporetto portò a uno sfondamento delle difese italiane e a un repentino crollo di tutto il fronte.

Il Carso e i soldati deceduti in questi luoghi sono ricordati dal generale Giuseppe Paolini, responsabile dell'opera di sistemazione dei cimiteri carsici che, dopo aver combattuto sul monte Sei Busi e nelle città di Redipuglia e Fogliano, volle costruire un cimitero monumentale vicino a queste terre. L'idea venne subito accettata dal Comandante della Terza Armata, il duca Emanuele Filiberto d'Aosta, così il Cimitero sul Colle Sant'Elia, chiamato “Invitti della Terza Armata” diventa la prima necropoli di Redipuglia.

Il complesso raccoglie trentamila salme, di cui circa quattrocento ufficiali, che sono state riesumate dai cimiteri di guerra dei dintorni oppure disseppellite direttamente dal campo di battaglia. La struttura si rivela però ben presto soggetta al deterioramento per la sua conformazione. All'idea di risistemare in maniera definitiva il Colle Sant'Elia si sostituisce quella di costruire un'altra struttura che soddisfi i principi di grandiosità, monumentalità e perpetuità sostenuti dal regime fascista.


Oggi è una sorta di museo all'aperto noto come Parco della Rimembranza. Lungo il viale adornato da alti cipressi, segnano il cammino cippi in pietra carsica con riproduzioni dei cimeli e delle epigrafi che adornavano le tombe del primo sacrario. Sulla sommità del colle un frammento di colonna romana, proveniente dagli scavi di Aquileia, celebra la memoria dei caduti di tutte le guerre, "senza distinzione di tempi e di fortune". 








Nel 1935, considerate le pessime condizioni di manutenzione del Cimitero di Sant'Elia, Mussolini decide di abbandonare quel sito e costruire un nuovo ossario. L'intenzione delle autorità fasciste era quella di trasformare Redipuglia nel centro nazionale delle architetture per la memoria bellica, e di costruire il più importante degli ossari che con le stesse finalità si stavano costruendo in quegli anni sugli altri campi di battaglia. Il Sacrario di Redipuglia sarebbe diventato così il prototipo dei grandi memoriali.
Il nuovo sito scelto per la realizzazione di questo intervento è situato alle pendici del Carso, proprio di fronte al vecchio cimitero di Sant'Elia.

Il Sacrario Militare di Redipuglia (Redipuglia dallo sloveno "sredij polije" ovvero terra di mezzo), è il più grande sacrario militare italiano; si trova in Friuli Venezia Giulia in provincia di Gorizia sul Carso sul versante occidentale del monte Sei Busi, nei luoghi in cui durante la Prima Guerra Mondiale si svolsero le violentissime battaglie lungo il fiume Isonzo. Venne realizzato su progetto dell'architetto Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni e inaugurato nel 1938 dopo dieci anni di lavori. Custodisce le salme di 100.000 caduti della Grande Guerra. 


Recinge simbolicamente l'ingresso al sacrario, ai piedi della monumentale scalea, una grossa catena d'ancora che appartenne alla torpediniera "Grado", già appartenuta alla marina austro-ungarica (k.u.k. Kriegsmarine) con il nome di "Triglav" e ceduta all'Italia dopo la fine della guerra.

Subito oltre (vedi foto sopra) si distende in leggero declivio un ampio piazzale, lastricato in pietra del Carso, attraversato sulla sua linea mediana dalla via Eroica, che corre tra due file di lastre di bronzo, 19 per lato, di cui ciascuna porta inciso il nome di una località dove più aspra e sanguinosa fu la lotta.
L’elemento caratterizzante è il sistema a gradoni distribuiti lungo il pendio del colle, che rappresenta uno schieramento militare
con alla base la tomba del Duca d'Aosta, Emanuele Filiberto, Comandante della III Armata e ai lati le tombe dei suoi generali. L'ara del Duca (nel testamento aveva chiesto esplicitamente di poter riposare tra i suoi soldati), è tratta da un imponente monolite di marmo rosso squadrato e lavorato sul posto. 
Alle spalle si elevano i 22 gradoni (alti 2,5 metri e larghi 12) che, in ordine alfabetico dal basso verso l'alto, custodiscono le spoglie dei 39.857 soldati identificati. Ciascun gradone è costituito da pietra bianca del Carso e presenta nella parte verticale una lastra bronzea su cui sono incisi i nomi dei soldati con il grado e le ricompense al valore militare. I singoli loculi sono raggiungibili grazie a due scalinate laterali con un doppio filare di cipressi ciascuna che conducono in cima. Scolpita sopra ai nomi viene ripetuta la parola PRESENTE, un esplicito richiamo al rito fascista dell'appello.


L'unica donna seppellita nel Sacrario è la crocerossina Margherita Kaiser Parodi Orlando morta a 21 anni a seguito dell'epidemia di spagnola che ci fu alla fine del conflitto. Fu decorata con Medaglia di Bronzo al Valor Militare "per essere rimasta serena al suo posto a confortare gli infermi affidati alle sue cure, mentre il nemico bombardava la zona dove era situato l’ospedale cui era addetta.” La sua tomba si trova nella prima fila e si identifica perché sulla facciata è scolpita una grande croce

Nel gradone più alto, sormontata dalle tre Croci in bronzo che simboleggiano la passione di Cristo sul  Calvario, c'è una bella e preziosa Cappella votiva. In due grandi tombe comuni coperte da lastre di bronzo, ai lati della cappella, riposano le salme di 60.330 caduti ignoti, per un totale di 100.187.

Sul retro della Cappella in due stanze è stato organizzato un piccolo e interessante Museo che contiene una raccolta di documenti, fotografie, quadri, lettere e vari cimeli. 

La prospettiva monumentale fa apparire il pendio molto più alto dei suoi 107 metri di altezza. Il sacrario fu inaugurato il 18 settembre 1938 dopo dieci anni di lavori. Quest'opera, detta anche Sacrario "dei Centomila", custodisce i resti di soldati caduti nelle zone circostanti, in parte già sepolti inizialmente sull'antistante Colle di Sant'Elia.

Foto scattata da me sulla cima della scalinata, alle spalle della cappella.




Parte integrante del Sacrario, il Museo della Grande Guerra si trova all'interno dell'ex Casa della III Armata ai piedi del Colle Sant'Elia. Nato nel 1971, offre una collezione di armi che lo rende tra i più completi in Italia. È composto da un atrio d'ingresso in cui è stata allestita una pianta topografica del fronte del Medio e Basso Isonzo e da quattro sale. 


La prima è dedicata alla Terza Armata e si possono ammirare le bacheche dove sono esposte le armi usate dai combattenti, alcune divise di soldati e le attrezzature mediche. Al centro della stanza è stato ricostruito un tratto di trincea e un campo di battaglia carsico con la postazione di una mitragliatrice pesante. Sulle pareti le numerose fotografie documentano la vita in trincea. 

La seconda sala invece ricostruisce la storia ed i progetti di costruzione del Cimitero dei Trentamila Invitti e del Sacrario di Redipuglia con materiale fotografico. A questo si aggiungono le immagini delle iscrizioni di guerra ritrovate nelle trincee della zona e una sezione dedicata alla Marina, all'Aeronautica e ai cappellani militari al fronte. Foto di una trincea. 

Nella terza sala sono esposte diverse attrezzature utilizzate dai soldati tra cui telefoni, tagliole e cesoie. Spesso questo spazio viene utilizzato anche come sede espositiva per alcune mostre temporanee sulla Grande Guerra. Nell'ultima sala infine una proiezione di un filmato d'epoca ricostruisce le Dodici Battaglie dell'Isonzo e la traslazione del Milite Ignoto da Aquileia a Roma.
Foto dell'altra sala. Il filmato con la traslazione del milite ignoto si trova nella tappa di Aquileia.


Attorno alla cima del Monte Sei Busi è visibile un tratto del cosiddetto "Trincerone italiano", una grande linea difensiva fortificata che partiva dal Monte San Michele e terminava nella zona di Selz, Doberdò del Lago e Monfalcone. Fu voluta dal generale Luigi Cadorna il quale intendeva bloccare un'eventuale controffensiva dell'esercito austro-ungarico.


Dopo i primi scavi fu rafforzato con il cemento tra l'autunno del 1916 e la primavera del 1917. La sua funzione risultò però inutile durante la Dodicesima Battaglia dell'Isonzo: l'attacco austroungarico sull'Alto Isonzo costrinse la Terza Armata ad abbandonarlo.

Il suo andamento è zigzagante con grossi contrafforti interni che permettevano l'uscita o il rientro degli uomini. Si possono notare le varie postazioni per mitragliatrici, le feritoie dei fucilieri, i cunicoli scavati per depositare le munizioni o per allestirvi ricoveri.




La posizione del Monte Sei Busi e di tutto il primo costone del Carso era particolarmente esposta ai tiri delle artiglierie. Per questo motivo tutti i piccoli anfratti, cavità e le doline carsiche vennero utilizzate e sfruttate dai due eserciti per realizzare ricoveri e camminamenti capaci di trasferire le truppe per e dalle prime linee in condizioni di maggior sicurezza.

La Dolina del XV Bersaglieri è una valle carsica che si sviluppa fra la Quota 89 (quella del Sacrario di Redipuglia) e Quota 118 (il Monte Sei Busi). Grazie alle operazioni di ripristino effettuate con il progetto "Sentieri di Pace", oggi è possibile scendere al suo interno e percorrere i suggestivi camminamenti utilizzati dai soldati durante la guerra.

All'inizio della guerra la dolina era controllata dalle truppe austro-ungariche ma già dall'autunno del 1915 (Terza Battaglia dell'Isonzo) venne occupata dagli italiani che la trasformarono in un punto di sostegno avanzato per la prima linea. 


Erano stati allestiti posti di medicazione, postazioni protette per i comandi, magazzini e depositi per munizioni. Dopo la Quarta Battaglia dell'Isonzo, con lo spostamento del fronte più ad est, la dolina non si trovò più in prima linea e poté ospitare così anche un piccolo ospedale militare. La struttura, di dimensioni relativamente ridotte, era formata da tre stanze. Osservando i resti, si intuisce ancora quale fosse la loro disposizione e in particolare è possibile individuare dove si trovasse la sala operatoria. Infatti solo una di queste è dotata di un pozzetto, costruito evidentemente per fare confluire il sangue e l'acqua fuori dall'edificio. 



La dolina venne chiamata “dei Bersaglieri” perché ospitò durante il periodo bellico il comando del 15° Reggimento Bersaglieri, come si può notare dalla targa ancora presente, anche se non in buone condizioni, sul muro dell'ospedaletto, a sinistra, mentre a destra si nota una targa con il nome dei medici che qui operarono. 

Dettaglio della targa dei Bersaglieri. 


Dettaglio della targa con i nomi dei medici.

 


Viene anche identificata però come "Dolina dei Cinquecento" perché proprio in questa zona sono stati scoperti in una fossa comune i corpi di cinquecento caduti, successivamente tumulati nel vicino Sacrario.



Lascio una bella immagine del Carso per alleggerire gli animi. 



Ancora scossi per la forte testimonianza di questi posti ci siamo trasferiti per pranzo alla trattoria Al poeta di San Martino del Carso. Abbiamo poi intrapreso il lungo viaggio di ritorno.

Alla prossima e... Mandi.
 

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