sabato 25 agosto 2018

Considerazioni sulla gita nel Cilento

Approfittando del fatto che mio fratello abita ancora in Trentino, abbiamo preso parte alla gita nel Cilento organizzata da un'agenzia di Verona. Il viaggio è stato lunghetto, anche per via delle trasferte di andata e ritorno dal Piemonte, ma ne è valsa la pena perché abbiamo visto posti veramente fantastici.


Tornando a Trento, poi, ho rallegrato il cuore per i posti che non dimenticherò mai e che mi hanno vista nascere, gli occhi per la vista delle mie montagne


e lo stomaco per il meraviglioso piatto tipico gustato alla birreria Pedavena.


Per un caso divertente nella precedente gita in Olanda avevamo un autista nato in meridione; per la gita in meridione abbiamo avuto come autista Eric Stouten, olandese e ottima guida, che ci ha preparato filmini e spiegazioni per ogni tappa del viaggio.


Come si legge nella cronaca la gita è durata una decina di giorni, il che ha comportato parecchie giornate di sosta al villaggio, uno dei pochi fattori per me negativi dal momento che se mi sciroppo 1500 km vorrei vedere posti nuovi e muovermi e non stare sul bordo di una piscina

Le giornate dedicate alle visite sono comunque state intense e interessanti. La Campania è una regione ricca di storia, con paesaggi che non si dimenticano e spiagge carezzate da un mare spesso cristallino. Il Cilento è stato una scoperta: ero già stata in molte zone ma non avevo dedicato l'attenzione ai dettagli che la compagnia di una guida può offrire.


Il tempo è stato clemente con noi regalandoci quasi sempre giornate soleggiate, talvolta fin troppo per gli spostamenti a piedi subito dopo pranzo.


Il cibo in questi posti è ottimo, soprattutto per chi ama il pesce (io non sono tra questi) e - una delle cose fantastiche che apprezzo veramente - al villaggio si mangiava a self service, sempre fornitissimo e fresco.

Pane, pasta, legumi, frutta fresca e secca, carni bianche, pesce, latticini, uova, olio extravergine d'oliva e vino sono gli alimenti alla base della Dieta Mediterranea. Non a caso, il 16 novembre 2010, l'Unesco ha iscritto la Dieta Mediterranea nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità, definendola "un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola."


Abbiamo visto posti meritatamente iscritti nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'Unesco; la Campania ne vanta sei e noi ne abbiamo visitato quattro: il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di San Lorenzo,



la Costiera amalfitana,


le zone archeologiche di Pompei ed Ercolano



e il Palazzo Reale di Caserta con il relativo parco.

Non siamo stati invece a Napoli, il cui centro storico è iscritto, né a Benevento, nel Complesso monumentale di Santa Sofia.


Concludo con il richiamo d'obbligo alla celebre frase tratta da Benvenuti al Sud, ambientato in gran parte a Castellabate: "Quando un forestiero viene al Sud piange due volte: quando arriva e quando parte."
Alla prossima!

domenica 19 agosto 2018

Gita nel Cilento - nona parte - Reggia di Caserta


11 giugno: Reggia di Caserta e rientro.

Qui un sito splendido per chi vuole approfondire.

La reggia di Caserta è la residenza reale più grande al mondo per volume; i proprietari storici sono stati i Borbone di Napoli, oltre a un breve periodo in cui fu abitata dai Murat. Nel 1997 è stata dichiarata dall'UNESCO, insieme con 




e il complesso di San Leucio, patrimonio dell'umanità.


Il Palazzo reale di Caserta fu voluto dal Re di Napoli Carlo di Borbone: desideroso di dare una degna sede di rappresentanza al governo della capitale Napoli e al suo reame volle una reggia tale da reggere il confronto con quella di Versailles. Egli decise di costruirla verso l'entroterra, nell'area casertana: un luogo più sicuro e tuttavia non troppo distante da Napoli.
Il sovrano si rivolse all'architetto Luigi Vanvitelli, a quel tempo impegnato nei lavori di restauro della basilica di Loreto per conto dello Stato Pontificio. Carlo di Borbone ottenne dal Papa di poter incaricare l'artista e nel frattempo acquistò l'area necessaria, dove sorgeva il palazzo cinquecentesco degli Acquaviva. Il progetto doveva comprendere, oltre al palazzo, il parco e la sistemazione dell'area urbana circostante, con l'approvvigionamento da un nuovo acquedotto (Acquedotto Carolino).


Vanvitelli giunse a Caserta nel 1751 e diede inizio subito alla progettazione del palazzo: il 22 novembre di quell'anno l'architetto sottopose al re di Napoli il progetto definitivo per l'approvazione. Due mesi dopo, il 20 gennaio 1752, genetliaco del re, nel corso di una solenne cerimonia alla presenza della famiglia reale con squadroni di cavalleggeri e di dragoni che segnavano il perimetro dell'edificio, fu posta la prima pietra. Tale momento viene ricordato dall'affresco di Gennaro Maldarelli che campeggia nella volta della Sala del TronoI lavori durarono complessivamente diversi anni e alcuni dettagli rimasero incompiuti. Nel 1759, infatti, Carlo di Borbone era salito al trono di Spagna (con il nome di Carlo III) e aveva lasciato Napoli per Madrid. I sovrani che gli succedettero, a parte Gioacchino Murat che all'abbellimento della reggia diede un certo contributo, non condivisero lo stesso entusiasmo di Carlo di Borbone per la realizzazione della Reggia. Il 1º marzo 1773 morì Vanvitelli al quale successe il figlio Carlo: questi, anch'egli valido architetto, era però meno estroso e caparbio del padre, al punto che trovò notevoli difficoltà a compiere l'opera secondo il progetto paterno. 

Nel 1860, dopo alterne e burrascose vicende, l'intero regno venne incorporato nel neonato Regno d'Italia e il palazzo venne utilizzato occasionalmente da alcuni membri di casa Savoia sino a quando Vittorio Emanuele III non lo cedette allo stato italiano nel 1919Una chicca: nel 1861 funzionari sabaudi censirono quanto contenuto nella Reggia; il bidet fu così inventariato: “strano oggetto a forma di chitarra”.

La reggia, definita l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano, fu terminata nel 1845 (sebbene fosse già abitata nel 1780), risultando un grandioso complesso di 1200 stanze e 1742 finestre. Nel lato meridionale il palazzo è lungo 249 metri, alto 37,83 e consta di 5 piani, decorato con dodici colonne. Il palazzo ricopre un'area di circa 47.000 m²; dispone di 1026 fumaroli e 34 scale. Oltre alla costruzione perimetrale rettangolare il palazzo ha, all'interno del rettangolo, due corpi di fabbricato che s'intersecano a croce e formano quattro vasti cortili interni di oltre 3.800 m² ciascuno. La Reggia è preceduta dall'ampia piazza ellittica Carlo III abbellita da aiuole e delimitata a Est e a Ovest da due ampie costruzioni che ripetono l'andamento del colonnato della basilica di San Pietro in Roma (vedi foto sopra). Dal cancello centrale del Palazzo Reale si entra nel vasto atrio da cui inizia la lunga galleria a tre navate: le navate laterali si aprono sui quattro cortili, quella centrale, destinata alle carrozze, è detta "il cannocchiale" per la visione che offre dell'asse centrale del parco con le sue cascate. 



Uno dei cortili interni.

Oltre la soglia dell'entrata principale alla reggia si apre un vasto vestibolo ottagonale del diametro di 15,22 metri, adorno di venti colonne doriche. A destra e a sinistra si inseriscono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre frontalmente un triplice porticato immette al centro topografico della reggia. In fondo, un terzo vestibolo dà adito al parco. Su un lato del vestibolo ottagonale si apre il magnifico scalone reale a doppia rampa, un autentico capolavoro di architettura tardo barocca, largo 18,50 metri alto 14,50 metri e dotato di 117 gradini, immortalato in numerose pellicole cinematografiche. 



Ai margini del primo pianerottolo della scalinata si trovano due leoni in marmo di Pietro Solari e Paolo Persico, mentre il soffitto, caratterizzato da una doppia volta ellittica, fu affrescato da Girolamo Starace-Franchis con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo


sulla parete centrale è addossata una statua di Carlo di Borbone, opera di Tommaso Solari, affiancata da La verità e Il merito, realizzate rispettivamente da Andrea Violani e Gaetano Salomone. 
Foto di Gabriele Roberti



La doppia rampa si conclude in un vestibolo a pianta ottagonale, illuminato da quattro grandi finestroni, posto al centro dell'intera costruzione.



Di fronte si trova l'accesso alla grande Cappella Palatina, ispirata a quella della Reggia di Versailles, uno spazio definito da un'elegante teoria di colonne binate che sostengono una volta a botte. Fu inaugurata il Natale del 1784 nel corso della messa di mezzanotte celebrata in presenza del re Ferdinando IV. 

La tribuna reale è decorata da semicolonne e vi si accede tramite una scala a chiocciola. 
Le sedie poste nella cappella, che si notano in questa mia foto, sono a mio avviso orrende.


Nell'abside è posta una grande pittura di Giuseppe Bonito  del 1789 raffigurante l'Immacolata Concezione.Questa è l'unica tela superstite tra quelle originariamente commissionate per la chiesa, tutte perdute, con gli organi e gli arredi sacri, in seguito ai bombardamenti anglo-americani del 27 settembre 1943 che colpirono la città di Caserta.


Al piano terreno, nella nicchia che fronteggia lo Scalone, si trova la scultura di un Ercole in riposo, alto una volta e mezzo il naturale. 



Alla sinistra del vestibolo si accede agli appartamenti veri e propri. Dal momento che mi risulta difficile in poche parole commentare la grandiosità della Reggia e poiché si trovano tantissimi siti che già ne parlano (un link è in cima alla pagina) mi limiterò a qualche descrizione e qualche foto


La Sala del Trono rappresenta l'ambiente più ricco e suggestivo degli appartamenti reali: era il luogo dove il re riceveva ambasciatori e delegazioni ufficiali, in cui si amministrava la giustizia del sovrano e si tenevano i fastosi balli di corte. Una sala lunga 36 metri e larga 13,50, ricchissima di dorature e pitture, che fu terminata nel 1845. 
Intorno alle pareti sui cornicioni si trova una serie di 46 medaglioni dorati con l'effigie di tutti i sovrani di Napoli, da Ruggero d'Altavilla a Ferdinando II di Borbone (tranne Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat), poi un'altra serie con gli stemmi e i nomi di tutte le 12 province del regno. 


Su un pannello in stucco dorato si notano le sigle FII e MT che indicano Ferdinando II e la moglie Maria Teresa. 


La volta a botte è illuminata da finestre semicircolari e, come detto precedentemente, affrescata da Gennaro Maldarelli (1844) con La cerimonia della posa della prima pietra


Sul fondo della sala, sotto un altorilievo dorato, si trova il trono, posto su un piccolo piano rialzato.


E’ in legno intagliato, con braccioli a forma di leoni alati, dietro i quali si vedono figure di sirene.



La Sala del Consiglio si trova subito dopo la Sala del Trono. Completata nell’ottocento, presenta tra le altre cose un pregevole tavolo con medaglioni in porcellana, sul quale è posta una preziosa ceramica di Sevres.

Si arriva quindi alle Retrostanze ottocentesche, dove sono custodite “cose mai viste”, cioè reperti preziosi e unici, come due mobili musicali contenenti organi a cilindro, e i modellini delle giostre che Leopoldo di Borbone aveva fatto costruire per i giardini della Favorita, residenza prediletta dalla regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando IV di Borbone.



Nella sala successiva sono esposte due culle: la prima, opera di artigiani napoletani, donata nel 1869 a Margherita di Savoia per la nascita del primogenito Vittorio Emanuele, in seguito Vittorio Emanuele III.


La seconda, sempre di artigiani napoletani, donata nel 1934 alla regina Maria Josè del Belgio e a Umberto II di Savoia per la nascita della primogenita Maria Pia di Savoia, poi riutilizzata dal fratello Vittorio Emanuele IV di Savoia nel 1936.


La Biblioteca Palatina fu voluta dalla regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV di Borbone, e realizzata in poco più di tre anni alla fine del Settecento. Per la decorazione delle pareti fu chiamato a corte un artista tedesco, Heinrich Friederich Füger. La biblioteca si compone di cinque ambienti: due anticamere cui seguono le tre sale che contengono la raccolta libraria in pregiati mobili in noce e mogano. Ci sono oltre quattordicimila volumi, tra i più significativi della cultura europea; molte sono le opere in tedesco e tra questi un voluminoso dizionario, utilizzato dalla regina, che pur conosceva molte lingue, per farsi meglio comprendere.


La volta della Prima Sala della Biblioteca è affrescata con un Planisfero circondato dai segni zodiacali e dai venti, opera di Filippo Pascale su disegno di Carlo Vanvitelli. 


La decorazione dell'affresco è ispirata ai reperti degli scavi realizzati a Pompei ed Ercolano in quegli anni. I grandi armadi-libreria sono coronati da copie di vasi antichi, definiti "all'etrusca", realizzati nel Settecento dalla Fabbrica Giustiniani.

Nella Seconda Sala agli scaffali in legno di noce si affiancano una scrivania in mogano e una poltroncina che si trasformava in scaletta, utile per consultare i volumi dei ripiani più alti. La sala era destinata allo svago della regina austriaca, che leggeva libri di meditazione ma anche letteratura d'evasione, libriccini stampati in tedesco, in caratteri gotici, che forse la riportavano a quell'intimità della corte asburgica da cui proveniva. Molte sono le acquisizioni volute da Carolina e Gioacchino Murat, riconoscibili dalla presenza dei monogrammi "C" o "J" sormontati dalla corona di Napoli. 


Al centro della Terza Sala sono collocati un barometro e un cannocchiale in ottone, dell’ottico e astronomo inglese John Dollond (1706-1761) e una coppia di globi – uno terrestre e l’altro celeste – di legno dipinto, realizzati dal geografo francese Didier Robert de Vaugondy (1723-1786). 


In questa sala è sistemato anche uno scaffale detto "la piramide", per la forma caratteristica simile ad una piramide ottagonale. 

Dalla Terza Sala della Biblioteca si entra nella Sala Ellittica, ampio ambiente privo di decorazioni dove è allestito il Presepe Reale. La tradizione del presepe natalizio venne inaugurata da Carlo di Borbone e poi ripresa dai suoi successori: è soprattutto Francesco I, vero appassionato delle figure presepiali, che si rivelerà un grande collezionista di pastori. Nell'archivio storico della reggia si ha testimonianza di come la realizzazione del presepio ogni Natale coinvolgesse non solo artisti e artigiani di corte, ma anche le principesse e le dame di Corte, abilissime nel confezionamento degli abiti delle figure. 

La struttura di base, detta “Lo scoglio”, è realizzata in sughero e occupa una superficie di 40 metri quadri; su questa sono collocate le 1200 figure secondo rigide regole e nel rispetto delle scene canoniche. Le più importanti sono realizzate interamente in terracotta, mentre quelle minori sono composte di un'anima di stoppa, sorretta da un fil di ferro, con solo la testa, le mani e i piedi in terracotta. Quello che si può vedere oggi esposto nella Sala Ellittica è una ricostruzione del 1988 del maestoso presepe del 1844 voluto da Ferdinando II: l'originale andò perduto a seguito del furto subito nel 1985. 

Oltre alle scene tradizionali della Natività con l'Adorazione dei Magi si possono vedere altre scene, come il Pascolo delle bufale, la Sosta alla fontana, il Mercato e la Taverna Napoletana con figure di musici e avventori, utili ai fini della ricostruzione della vita quotidiana dell'epoca. Notevole è l'utilizzo di minuterie, tipiche del presepe napoletano settecentesco. 


Le stanze dei re erano dotate di bagno: quello di Francesco II è piccolo ma arredato con una vasca in granito, fornita di due rubinetti, circondata da un arco dorato. Completa l’arredamento una toilette in stile impero in marmo bianco di Carrara, con specchiera e sedile imbottito.

La vasca di Maria Carolina è in marmo bianco, anch’essa dotata di due rubinetti. Sulle pareti spiccano due dipinti, Le tre Grazie e La nascita di Venere. Poco distante dalla vasca il bidet, di cui ho già parlato e in un angolo la seduta, con coperchio in bronzo. Sembra che la particolare posizione degli specchi permettesse alla regina di vedere dalla vasca chiunque si stesse avvicinando.



Per un certo periodo Gioacchino Murat soggiornò alla reggia: l’arredo delle sue stanze proviene dalla Reggia di Portici, che fu dimora di Murat e della moglie Carolina Bonaparte. Posto l’immagine del letto in mogano, con l’immancabile baldacchino


e quella dello scrittoio dove fa bella mostra l’orologio a piramide in stile impero, dei primi dell’Ottocento.



Quasi ogni sala della Reggia ha un orologio, alcuni sono solenni e monumentali, altri piccoli e semplici, altri ancora inseriti in macchine meccaniche più complesse (come quelle nell’organo musicale). Gli orologi della Reggia non sono dei semplici misuratori del tempo ma indispensabili ornamenti da salotto, secondo la moda settecentesca. Fanno parte della raccolta la celebre coppia di Gabbiette che allietavano le ore trascorse da Maria Carolina nel suo boudoir: dono della Regina di Francia, Maria Antonietta, alla sorella Maria Carolina, Regina di Napoli.

Finita la visita della Reggia siamo andati a vedere il parco: il tempo a nostra disposizione era molto limitato, dovendo poi intraprendere il lungo viaggio di rientro. Ci siamo serviti di un comodo servizio di navetta per percorrere i tre chilometri che separano la Reggia dalla grande cascata che chiude il parco, anche se così facendo purtroppo abbiamo potuto ammirare solo frettolosamente la grande coreografia dei giochi d'acqua.


Il Parco della Reggia si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo sud-nord, su 120 ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive fontane che, partendo dal limitare settentrionale del giardino all'italiana, collegano a questo il giardino all'inglese. Si incontrano nell’ordine: la Fontana Margherita, la Vasca e Fontana dei Delfini, la Vasca e Fontana di Eolo, la Vasca e Fontana di Cerere, Cascatelle e Fontana di Venere e Adone, la Fontana di Diana e Atteone, sovrastata dalla Grande Cascata.


La Fontana Margherita, o del Canestro, è la prima che si incontra lungo il percorso del parco. E' costituita da una vasca bassa circolare con un unico alto zampillo centrale, delimitata da un gioco di aiuole fiorite, situata all'estremità del parterre prospiciente il palazzo. Con essa ha inizio il Canalone, la lunga via d'acqua con la fontana omonima. 

La Fontana dei Delfini, opera di Gaetano Salomone, è una vasca lunga 470 metri per una larghezza di 27 e una profondità di 3. Prende il nome dalla figura di un mostro marino con la testa e il corpo di un delfino, affiancato da due delfini più piccoli, dalle cui bocche proviene l'acqua che l'alimenta. 

La seguente Fontana di Eolo rappresenta il dio che suscita la furia dei venti per fare allontanare Enea dall’Italia secondo il desiderio di Giunone. È adorna di ventotto statue alate di venti a fronte delle cinquantaquattro previste dal progetto originale; è una delle opere incompiute del parco. Il progetto prevedeva un grande gruppo scultoreo di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni. Un emiciclo a porticato chiude superiormente la vasca alimentata da una cascata. 


Più avanti, la Fontana di Cerere, opera in marmo di Carrara di Gaetano Salomone, va a formare sette cascatelle ed è ornata di delfini e tritoni, Nereidi, statue dei fiumi Oreto e Simeto, tutte sprizzanti alti getti d'acqua. Completa la fontana una statua di Cerere che mostra un medaglione con la Trinacria

La Fontana di Venere e Adone fu realizzata tra il 1770 e il 1780 da Gaetano Salomone su un lungo prato dove dodici piccole cascate formano altrettanti laghetti. Il grandioso gruppo marmoreo mostra Venere inginocchiata che prende per mano l’amato per scongiurarlo di essere prudente nella caccia mentre Adone la rassicura, ignaro della fine che lo aspetta. Su uno scoglio, a sinistra, il cinghiale che lo ucciderà. 
In fondo al parco c’è la grande Fontana di Diana e Atteone, ultimata con l’inaugurazione del 7 giugno 1769. Nella vasca, a destra, Diana circondata dalle ninfe sta per immergersi nelle acque mentre sulla sinistra Atteone, che aveva osato guardare Diana nella sua nudità, è già in parte trasformato in cervo e intorno a lui si agitano i cani che lo sbraneranno. 


La Fontana è dominata dalla cascata che scaturisce dall'altezza di 80 metri da una grotta artificiale del Monte Briano, progettato come Belvedere dal momento che, da quel punto di osservazione, si ha una vista che spazia con l'effetto cannocchiale da Caserta fino a Napoli. 
Foto tratta da www.reggiadicasertaunofficial.it/it/parco/fontane/

Un tempo alimentato dall'acquedotto Carolino,  oggi tutto il gioco d'acqua del parco è fornito di un impianto di ricircolo mediante pompe, per evitare sprechi.

Completano l’enorme struttura della Reggia e del Parco i due giardini, quello all’italiana con la Pescheria e l’edificio della Castelluccia, e quello all’inglese, voluto dalla regina Maria Carolina, già ricordata da me a proposito della Biblioteca Palatina. Non abbiamo avuto modo di visitarli perché ci aspettava un veloce pranzo e un lungo viaggio di rientro. Si conclude qui la cronaca, mentre come al solito nelle considerazioni personali ci saranno alcuni ulteriori dettagli. 
Ciao e alla prossima.