Eccoci alla prima gita lunga dell'anno con la solita agenzia
Partiti e contenti. Sono andata infatti dall'1 al 4 giugno 2017 in
Friuli - Venezia Giulia.
Il Friuli-Venezia Giulia è una regione autonoma a statuto speciale dell'Italia nord-orientale con capoluogo Trieste. È composta da due regioni storico-geografiche con caratteristiche culturali diverse: il Friuli e la Venezia Giulia ed è un caso del tutto singolare tra le regioni italiane. La geografia l'ha posta al confine con due realtà etnico-linguistiche del continente europeo: quella germanica e quella slava,
che qui insieme all'etnia e cultura predominante (quella latina) hanno
dialogo e si sono armonizzate, ma che si sono anche scontrate, creando
nei secoli molteplici diversità.
Il Friuli Venezia Giulia si trova nell'Italia nord-orientale e si estende su una superficie di 7 845 km². È composto dal territorio appartenente alla regione storico-geografica del Friuli, che costituisce la larghissima maggioranza della sua superficie, e dalla parte di Venezia Giulia
rimasta all'Italia dopo la seconda guerra mondiale. La demarcazione tra
le due regioni storico-geografiche non è tuttavia univoca, in quanto
costituita per alcuni autori dal fiume Isonzo, per altri dalla foce del fiume Timavo, presso San Giovanni di Duino.
I confini sono:nord: Austria (Carinzia);
est: Slovenia (Alta Carniola, Goriziano sloveno e Litorale);
ovest: Veneto (Provincia di Belluno, Treviso e Venezia);
sud: mare Adriatico.
Morfologicamente il Friuli - Venezia Giulia può essere suddiviso in 4 regioni naturali:
alpina;
collinare;
pianeggiante;
costa.
collinare;
pianeggiante;
costa.
Tutta la parte settentrionale è costituita da territorio montano, solcato da vallate in corrispondenza di corsi d'acqua come il Tagliamento
e il Fella. La parte ad ovest del Fella, che comprende le Alpi e le
Prealpi Carniche, separate dall'alto corso del Tagliamento, viene
chiamata Carnia. I rilievi più importanti, da occidente ad oriente,
sono: tra le Dolomiti friulane (appartenenti alle Prealpi Carniche) la
Cima dei Preti (2 703 m), il Duranno (2 652 m) e la Cridola (2 580 m);
tra le Alpi carniche il monte Coglians (che con i suoi
2 780 m è la quota massima della regione), la Creta delle Chianevate
(2 679 m) e il monte Peralba (2 691 m); tra le Alpi e Prealpi Giulie
separate dalle Alpi Carniche dal cosiddetto Canal del Ferro italiane, lo
Jôf di Montasio (2 754 m), il Mangart (2 677 m), lo Jôf Fuârt (2 666 m)
e il monte Canin (2 587 m), che domina la pianura. A sud delle Prealpi
Giulie è posto invece l'altopiano del Carso.
L'area collinare è situata a sud di quella montana e
lungo la parte centrale del confine con la Slovenia. Il principale
prodotto del settore agricolo in questa zona è il vino, la cui qualità, soprattutto la qualità bianca, è conosciuta in tutto il mondo. La parte più orientale è anche conosciuta come Slavia friulana, il cui nome ricorda le terre in cui dal VII secolo d.C. si erano insediate genti di origini slave.
L'area pianeggiante che dalle colline arriva fino al Mare Adriatico fa parte della cosiddetta pianura friulana, appartente alla pianura veneto-friulana, ed è usualmente distinta in alta e bassa
friulana. L'area è formata da un'alta pianura, situata a nord, con
suoli formati da depositi fluviali grossolani e permeabili, e da una
bassa pianura, a sud, con suoli formati da depositi fluviali fini e
impermeabili. Tra le due si allunga, da nord/ovest a sud/est, la fascia
delle risorgive, dove le falde acquifere sotterranee,
provenienti da monte, affiorano in superficie dando vita a numerosi
corsi d'acqua, detti per l'appunto "di risorgiva".
Infine la costa, area che può essere ulteriormente suddivisa in due sottoaree, occidentale e orientale, separate dalla foce del fiume Isonzo (Riserva naturale della Foce dell'Isonzo). A ovest di questa la costa è bassa e sabbiosa con ampie lagune (laguna di Grado e Laguna di Marano) oltre a famose località balneari quali Grado e Lignano Sabbiadoro. A est la costa è rocciosa
dove l'altopiano carsico incontra l'Adriatico, fino al confine con la
Slovenia. Le province di Gorizia e Trieste comprendono infatti una
porzione del Carso, caratterizzato da notevoli fenomeni geologici quali doline, numerose grotte
(tra cui la Grotta Gigante) e fiumi sotterranei come il Timavo. I
modesti rilievi del Carso italiano raggiungono la massima quota nei
672 m s.l.m. del Monte Cocusso, che segna il confine nazionale.
Il nome Friuli è di origine romana e deriva dalla città di Forum Iulii (ora Cividale del Friuli, nella foto) fondata da Giulio Cesare verso la metà del I secolo a.C. e divenuta dopo la distruzione di Aquileia ad opera degli Unni
nel (452 d.C.), il capoluogo della regione Venetia et Histria, in
posizione pedemontana più appartata, ma più sicura. Con le invasioni
barbariche il nome, contrattosi nella forma attuale fu esteso a tutta la
regione circostante sulla quale la città esercitava la sua
giurisdizione, che divenne prima ducato, poi la marca ed infine la
contea del Friuli. Anche il nome Venezia Giulia si richiama alla tradizione romana
della Venetia et Histria e delle Alpes Iuliae, ricordando il substrato
dei venetici e le imprese di Giulio Cesare e di Cesare Ottaviano
Augusto, entrambi della Gens Iulia. Esso fu proposto nel 1863 dal
glottologo goriziano Graziadio Ascoli.
Quasi tutti gli abitanti della regione conoscono l'italiano come prima lingua. Il friulano
è la principale lingua minoritaria ed è prevalentemente utilizzato in
ambito domestico, a volte lavorativo e nei circoli culturali. Anche lo sloveno e il tedesco sono riconosciute e tutelate come lingue minoritarie storiche. La segnaletica stradale è quasi sempre bilingue (italiano - friulano o italiano - sloveno).
Tralascio la lunga storia della regione, facilmente
rintracciabile in rete, e passo alla cronaca della gita. Partenza in
prima mattinata dalla Valsusa e arrivo nel primo pomeriggio a Udine.
Visita della città e trasferimento a Lignano Sabbiadoro, dove ci
fermeremo per tutte e tre le notti.
Udine è situata al centro
della regione friulana. Dista, in linea d'aria, poco più di 20 km dalla
Slovenia, e circa 54 km dall'Austria. Ciò la pone in una posizione strategica,
presso l'intersezione delle direttrici europee est-ovest (Corridoio V o
Mediterraneo) e nord-sud (Via Iulia Augusta, ora riconosciuta
dall'Unione europea come parte del Corridoio Baltico-Adriatico), sulla
via che porta verso l'Austria e verso l'est europeo.
Sorge in alta pianura, intorno a un colle isolato (secondo la leggenda
edificato da Attila per ammirare l'incendio che lui stesso provocò alla
città di Aquileia, ma in realtà formato da rocce conglomeratiche
antiche più di 100.000 anni), in cima al quale è situato il castello, a
pochi chilometri dalla fascia collinare, ed è costeggiata dal torrente
Cormor a ovest e dal torrente Torre ad est.
Capitale della regione storica del Friuli, abitata dal neolitico, accrebbe presto la sua importanza grazie al declino
di Aquileia prima e Cividale poi. Citata in occasione della donazione
del castello cittadino da parte dell'Imperatore Ottone II nel 983 con il
nome di Udene, dal 1222 divenne una delle residenze dei Patriarchi di
Aquileia, grazie al Patriarca Bertoldo di Andechs che si trasferì da
Cividale a Udine in seguito ad un terremoto che lesionò la sua residenza
(25 dicembre). Per la sua centralità fu sempre più preferita dai
Patriarchi, che vi fecero in seguito erigere il palazzo patriarcale.
Nel XIV secolo Udine divenne la città più importante della regione per
il commercio e i traffici a scapito di Aquileia e Cividale del Friuli.
Il 7 giugno 1420, in seguito alla guerra tra Venezia e il Patriarcato di Aquileia, la città venne conquistata dalle truppe veneziane,
segnando la caduta e la fine del potere temporale dei Patriarchi.
Famiglia nobile friulana di riferimento per conto della serenissima in
città quella dei Savorgnan il cui stemma di famiglia diventa, di fatto, quello della città.
Ci rechiamo al Museo diocesano, nel palazzo
Patriarcale, prima residenza dei patriarchi di Aquileia e poi (dal 1751)
degli arcivescovi di Udine: questo edificio è uno dei principali
monumenti della città friulana. Il palazzo, gravemente danneggiato dal
sisma, è stato restaurato ed il Museo ufficialmente aperto al pubblico
il 29 aprile 1995.
La collezione comprende circa 700 opere, tra cui gli affreschi di Giambattista Tiepolo, che decorò alcuni ambienti del palazzo per volere del patriarca Dionisio Dolfin.
L'itinerario museale si sviluppa su tre livelli. Il piano terra ospita
un lapidario che espone tra gli altri oggetti un pluteo preromanico in
pietra. Il percorso del Museo si apre con lo Scalone d'onore, opera dell'architetto Domenico Rossi e decorato sul soffitto con la Caduta degli angeli ribelli (1726), affresco di Giambattista Tiepolo.
Le prime stanze sono legate all’arte del territorio, più che alla storia in sé del Patriarcato: decine di statue, intagliate nel legno,
ripercorrono la Storia dal Medioevo fino al Barocco e Roccocò,
provenienti dalle chiese di tutta la provincia. Dopo il terremoto del
1976, infatti, ci fu un lavoro enorme per salvaguardare le opere
ritrovate.
Il secondo piano o piano nobile del palazzo si apre con la spettacolare Biblioteca (1708) voluta dal patriarca Dionisio Delfino,
una delle più belle dell'Italia settentrionale, la prima ad essere
aperta al pubblico, che conserva circa 12.000 volumi (codici miniati,
incunaboli, cinquecentine e rare prime edizioni). La decorazione
pittorica di questa sala trova il suo fulcro nel ritratto del
committente e nel Trionfo della Sapienza, tela applicata al soffitto,
entrambe di Niccolò Bambini.
Al piano nobile c'è anche una sala che racchiude un piccolo gioiello della pittura del Cinquecento: è la sala azzurra
o “del baldacchino”, comunemente conosciuta anche come sala “di
Giovanni da Udine”, dal nome dell’autore al quale la tradizione
attribuisce l'esecuzione delle grottesche che adornano, come un delicato ricamo, la volta della sala (sec XVI).
Come un tripudio di luce, di candidi stucchi su fondo oro che raffigurano le Virtù teologali e le Arti: così appare la sala gialla.
Nel cielo sono raffigurate le tre virtù teologali (Fede, Speranza,
Carità); al centro, sorretto da due putti, lo stemma della famiglia
Dolfin: i tre delfini dorati in campo azzurro. Gli stucchi posti agli
angoli ci propongono invece le allegorie delle Arti: Musica, Poesia,
Pittura e Scultura.
La sala rossa, detta anche “del tribunale” in quanto
sede del Tribunale Ecclesiastico, si presenta con uno straordinario
affresco raffigurante Il Giudizio di Salomone (1729) in
cui Giambattista Tiepolo diede prova di straordinaria abilità tecnica e
prospettica mettendo in scena un complesso narrativo in cui si passa
dalla variopinta corte del re, fino, sul lato opposto, alla drammatica
scena dell’evento minacciato dallo sgherro.
Costruita dal patriarca Francesco Barbaro nel XVII secolo, la sala del trono, o “dei ritratti”, fu affrescata coi ritratti dei Patriarchi
d’Aquileia. Queste effigi furono riprese nel 1729 per volere di
Dionisio Dolfin, che affidò a un “pennello migliore” il compito di
restituire alla memoria i volti dei suoi predecessori. L’aspetto attuale
è quello di una sorprendente galleria di 117 ritratti che vanno dai
primi patriarchi d’Aquileia fino agli ultimi Arcivescovi di Udine, che tutt’oggi vengono qui ritratti al termine del loro mandato apostolico.
Ambiente d’eccellenza è la cosiddetta Galleria degli ospiti,
fatta costruire da Dionisio Dolfin (1718), per creare un luogo nel
quale accogliere gli ospiti in attesa dell’udienza che si sarebbe tenuta
nell’attigua Sala del trono. Il decoro ad affresco venne affidato a Giambattista Tiepolo, coadiuvato nell’impresa dal fidato quadraturista Gerolamo Mengozzi
detto il Colonna. La sapienza prospettica di quest’ultimo unita alla
briosità del pennello del Tiepolo restituiscono ancor oggi un complesso
ornamentale di assoluta freschezza pittorica. La narrazione comprende
alcuni tra i passi più importanti della vita delle tre figure bibliche
che secondo il Dolfin rappresentavano a pieno titolo i primi patriarchi
della storia: Abramo, Isacco e Giacobbe.
Ricco di suggestioni è senza dubbio il riquadro centrale con Rachele che nasconde gli idoli,
affresco nel quale si vuole identificare il ritratto di Giambattista
Tiepolo e forse anche quello del figlio Giandomenico e della moglie
Cecilia.
Rachele e Lia sono le due figlie di
Labano; Giacobbe sposò entrambe le giovani e, dopo 14 anni di lavori,
riuscì a fuggire da Labano che lo aveva ingannato, portando via sui
cammelli i suoi figli e le sue mogli. Prima di partire, Rachele rubò gli
idoli di suo padre. Labano, scoperto il furto, inseguì Giacobbe e lo
raggiunse sul monte Gilead. Labano chiese perché avessero rubato gli
idoli, ma Giacobbe, non sapendo nulla, negò con forza. Labano li cercò
ma senza successo, perché Rachele li aveva nascosti e vi si era seduta
sopra, rifiutando di alzarsi di fronte a suo padre.
Il Tiepolo rappresenta il momento in cui
Labano, raffigurato come un vecchio, si avvicina alla figlia Rachele,
seduta sulla sella del cammello, al di sotto della quale vi sono gli
idoli. Rachele è il centro della composizione: da una parte si vede Lia,
l'altra moglie di Giacobbe, con un'anfora in braccio, dietro vi sono
alcuni cammelli e cammellieri in riposo e, a sinistra, un gruppo di cui
fanno parte un pastore, un servo, bambini e bestiame, a simboleggiare
l'insieme di fuggiaschi e la loro semplice vita pastorale.
Lasciamo il Palazzo, scendendo lo Scalone d'onore per dirigerci verso il Duomo.
La cattedrale di Santa Maria Annunziata è il duomo
di Udine. Si pensa ne abbia iniziata la costruzione il Patriarca
Bertoldo di Andechs-Merania intorno al 1263, su una chiesa del secolo
precedente dedicata a San Gerolamo. Nel 1335, per volere del Patriarca
Bertrando di San Genesio, fu aggiunta la Cappella dell'Annunziata e
consacrato a Santa Maria Maggiore.
Il disastroso terremoto
del 1348 provocò gravi danni al duomo, ma non ne bloccò l'attività
religiosa, tanto che passarono diversi anni prima di iniziare la
ricostruzione. Da documenti noti risulta che solo nel 1368 fu chiamato
il maestro veneziano Pierpaolo dalle Masegne per il restauro
dell'edificio. Questi rinsaldò i muri, rifece il tetto ed apportò
modifiche alla facciata, tra le quali la sostituzione del primo
grandioso rosone con quello tuttora visibile, inscritto in un quadrato e di minori dimensioni. Anche i due rosoni minori, corrispondenti alle navate laterali, vennero modificati, inscrivendoli in quadrati ed inserendo una decorazione a finto loggiato che li collega.
Nel Settecento, venne quasi completamente
trasformato ad opera dell'architetto Domenico Rossi. Nel 1735 terminati i
lavori, il patriarca Daniele Delfino riconsacrò la cattedrale col nuovo
nome di Santa Maria Annunziata. All'inizio del Novecento un restauro ha tentato di ridare alla facciata una veste trecentesca.
L'interno del Duomo fu restaurato dalla famiglia Manin in perfetto stile barocco. Vi sono sculture del Torrente (maestro del Canova), i dipinti sono del Tiepolo
e di altri. Le volte furono decorate dal francese Dorigny autore anche
delle tele ubicate ai lati della cappella centrale. Il coro è maestoso
così pure le tombe della famiglia Manin.
La quarta Cappella del Duomo è detta del Santissimo Sacramento: Gianbattista Tiepolo
(Venezia 1696 – Madrid 1770) il “pittore celebre e chiaro”, nel 1726
viene incaricato dalla Confraternita del Santo Sacramento di realizzare
la decorazione della Cappella. Il pittore veneziano esegue gli affreschi
con i temi del Sacrificio di Isacco e del Sogno di Abramo
(ritenuto forse il sogno di Elia) nella parte inferiore come
decorazione monocroma. Ai lati dell’altare gli Angeli di Giuseppe
Torretti; sopra il tabernacolo una pala del Tiepolo dedicata alla Resurrezione.
Nel catino, Tiepolo crea un magico gioco illusionistico degli spazi
(secondo un suo dettagliato disegno che si conserva a Francoforte) che
amplifica lo spazio attraverso gruppi di figure di angeli, gli Angeli Cantori, variamente posizionati in un prezioso e minuzioso effetto di colori, luci e ombre, con altissima perizia pittorica.
Andiamo ora alla Cappella di San Giuseppe: fu eretta
nel 1500 su committenza del Consiglio di Udine come voto verso san
Giuseppe per ottenere protezione contro le incursioni dei turchi, che
proprio l'anno precedente avevano devastato il Friuli.
La pala che orna l'altare (San Giuseppe con Gesù bambino in braccio) è opera di Pellegrino da San Daniele.
Nella pala è presente anche un devoto in atteggiamento supplichevole,
che è ritenuto l'autoritratto del pittore stesso. Il quadro è stato
notevolmente rimaneggiato a causa di restauri subiti negli anni.
Nella predella sono presenti due scene, opere dello stesso Pellegrino da San Daniele: La fuga in Egitto e L'adorazione.
Sotto l'altare della cappella dal 1971 è stato collocato il corpo del beato Bertrando di San Genesio, patriarca di Aquileia.
A fianco del Duomo, il possente campanile ottagonale presenta una struttura piuttosto tozza. Fu eretto fra il 1441 e il 1450 da Bartolomeo delle Cisterne sopra l'antico Battistero.
La particolarità del campanile (non ancora terminato) è che per tutta
la sua altezza è completamente vuoto e il suo perimetro alla base (52
metri) è maggiore dell'altezza (47 metri).
Il museo del Duomo
costituisce una memoria significativa della storia, della cultura e
dell’arte del patriarcato di Aquileia all’epoca del Beato Bertrando, ma
anche un’espressione “alta” della fede cristiana della Chiesa madre di
Aquileia. Il museo è allestito nelle trecentesche cappelle di S. Nicolò,
del Corpo di Cristo e nel Battistero che costituiscono il nucleo più antico e accessibile del duomo.
Sulla cima del campanile avrebbe dovuto svettare la statua della Vergine annunziata, facendo così da pendant all'Arcangelo Gabriele che si libra, singolare statua segnavento,
sul campanile della vicina Santa Maria di castello, e che costituisce
il simbolo della città di Udine, ma per motivi vari la costruzione venne
interrotta e mai più ripresa.
Il Battistero fu istituito per volere del Beato Bertrando nel 1348 e rappresenta un singolare esempio di architettura gotico-cistercense, insieme al portale
di ingresso. Entrambi sono realizzati con diversi materiali lapidei,
che infondono purezza e linearismo alle forme. Gli archi a costoloni si
chiudono in una chiave con la figura di S. Giovanni Battista,
rappresentato con la mano destra indicante il basso e con la sinistra
reggente un cartiglio con la scritta “Ecce agnus dei”.
Ospita la pregevole arca marmorea del Beato Bertrando,
commissionata dal patriarca nel 1348 per la Basilica di Aquileia allo
scopo di porvi le reliquie dei Santi Ermagora e Fortunato, protomartiri aquileiesi. Il sarcofago fu trasportato nel duomo di Udine nel 1353, destinato a contenere le spoglie
del Patriarca Bertrando; come si è detto ora il corpo giace nella
cappella di san Giuseppe. Il sarcofago è opera della bottega di Andriolo
De Sanctis. Così lo descrive, nella sua Guida di Udine, Maurizio Buora:
"Le figure che sostengono gli spigoli si presume siano quattro Vergini aquileiesi. Tecla, Erasma, Eufemia e Dorotea con al centro il loro padre Valentiniano.
Nella facciata anteriore S. Pietro in trono benedice S. Ermacora
in abito vescovile presentatogli da S. Marco che ha in mano il suo
Vangelo. A sinistra S. Ermacora assistito dal diacono Fortunato con il
pastorale, predica agli aquileiesi. A destra le spoglie
del vescovo del suo diacono, martirizzati, le cui teste sono portate a
parte, forse da una dama della famiglia di Gregorio.
Nel lato sinistro dell'arca S. Ermacora battezza un ragazzo della famiglia dell'aquileiese Gregorio (col copricapo).
Nel lato posteriore a sinistra S. Ermacora in carcere esorcizza il figlio del carceriere Ponziano. S. Ermacora viene flagellato davanti il prefetto Sebaste. A destra S. Ermacora è legato alla croce.
Sull'altro lato corto S. Ermacora ha la testa tagliata dal carnefice, mentre il diacono Fortunato prega Dio che gli rivolge la mano. Il carceriere Ponziano indica che i due martiri stanno per raggiungere il paradiso."
Lasciamo il Battistero e riprendiamo la visita.
La città di Udine conserva, dal punto di vista urbanistico, la tipica impronta delle città medievali.
Si è sviluppata intorno al colle del castello, al centro, espandendosi a
partire dal X secolo (si contarono ben cinque cerchie murarie
successive, fino al XV secolo, con relative porte e portoni). Andiamo a
vedere il palazzo del Comune o D'Aronco, dal nome
dell'architetto friulano Raimondo D'Aronco che lo progettò. Fu costruito
a partire dal 1911 sul luogo di un precedente edificio del Cinquecento e
fu ultimato nel 1932. Grandioso, fastoso e ricco di soluzioni geniali,
curato nei minimi particolari, è viva testimonianza della capacità
inventiva del D’Aronco, singolare rappresentante dello stile Liberty.
Tuttavia bisogna tenere anche conto che la prolungata durata della
costruzione ha un po’ variato lo stile. Gli anni in cui venne terminato,
gli anni Trenta, imposero ovviamente, vista la situazione politica, un
rimando alle glorie di Roma antica, come mostrano alcune decorazioni.
Piazza Giacomo Matteotti o Piazza San Giacomo
è la più antica dopo Piazza della Libertà. Nel sec. XIII, con l’aumento
della popolazione della città, si costruì la seconda cerchia di mura.
Nel centro della zona così racchiusa, rimase una piazza utilizzata per
il nuovo mercato della città.
Nel luogo dove sorgeva una cappella dedicata a San Lorenzo, nel 1378 fu eretta la chiesa di San Giacomo
per volere della Confraternita dei pellicciai, inizialmente come
cappella che venne poi ingrandita. Dopo la seconda guerra mondiale venne
intitolata a Giacomo Matteotti, assassinato nel 1924.
La facciata attuale risale al 1525 ad
opera di Bernardino da Morcote, mentre la cappella laterale fu aggiunta
dopo il 1650. Sopra il portale è collocato l'orologio, sormontato da un balcone, ed inoltre la cella campanaria aperta da una bifora. Accanto sorge la cappella delle Anime realizzata nel 1744.
Aglli altri tre lati della piazza si affacciano antichi palazzi, alcuni dei quali hanno ancora tracce di affreschi; al centro della piazza, rialzata rispetto alla strada, vi è una colonna risalente al 1487 con in cima la statua della Vergine e una fontana cinquecentesca, progetto di Giovanni da Udine.
A sinistra della chiesa, nella adiacente piazzetta si può notare un pozzo a pianta poligonale con edicola retta da colonnine; risale al 1486.
Si nota nella costruzione delle case della piazza una chiara impronta veneziana.
Percorriamo via Mercatovecchio dove si affaccia lo scenografico palazzo del Monte di Pietà, sede della Cassa di Risparmio. Al piano terra ospita la Cappella di Santa Maria Del Monte. La Pietà, opera dell’olandese Enrico Meyring, sovrasta l’altare della cappella ed è uno dei pezzi più prestigiosi della scultura barocca
del Friuli. Nella piccola chiesa si notano gli affreschi con scene
della Passione di Cristo e della Vita della Madonna realizzati da Giulio
Quaglio, i luminosi stucchi di Lorenzo Retti e G. Battista Bareglio. È
sempre visibile grazie ad una bussola di vetro.
Arriviamo in Piazza della Libertà, la più antica della città di Udine, definita come la più bella piazza in stile veneziano sulla terraferma. Sorge nello spiazzo al di sotto del colle del Castello. Durante i secoli ha più volte cambiato denominazione, era nota nel medioevo come la piazza del Vino che qui si commerciava. Nel 1350 vi si stabilì la casa del consiglio comunale e quindi assunse il nome di piazza del Comune, poi con l'arrivo dei veneziani nel 1500 assunse il nome di uno dei luogotenenti divenendo piazza Contarena. Dopo l'unificazione del Friuli con l'Italia nel 1866 fu intitolata a Vittorio Emanuele II.
Ad esso fu dedicato anche un monumento equestre posto nel 1886 sul
terrapieno al centro della piazza, dove rimase fino al 1947, anno in cui
fu trasferito presso i Giardini Ricasoli. Proprio dopo la seconda
guerra mondiale la piazza assunse il nome odierno.
Sono presenti diversi monumenti nella parte rialzata del terrapieno: la fontana del Carrara di epoca rinascimentale, la colonna del 1539 con il leone marciano, (rifacimento
ottocentesco dell'originale rinascimentale distrutto dai francesi)
della Serenissima (nella piazza se ne possono ammirare ben 3),
la colonna con la statua della Giustizia (1614) in memoria delle esecuzioni che in questa piazza venivano eseguite,
le statue seicentesche di Ercole e Caco (per gli udinesi Florean e Venturin), qui trasportate dopo l'abbattimento del Palazzo Della Torre in cui erano collocate e il monumento della Pace,
che qui fu posto nel 1819 dopo essere rimasto a lungo in stato
d'abbandono. Era stato commissionato durante la dominazione francese per
commemorare a Campoformido la stipula dell'omonimo Trattato.
Diversi edifici prospettano sulla piazza: la Loggia del Lionello
è una loggia pubblica in stile gotico veneziano, i cui lavori
iniziarono nel 1448 ad opera di Bartolomeo delle Cisterne su disegno di
Nicolò Lionello e terminarono nel 1457. Subì varie modifiche e, a
seguito del rovinoso incendio che la distrusse nel 1876, fu restaurata
da Andrea Scala.
Di fronte alla Loggia del Lionello si trovano la Loggia e il Tempietto di San Giovanni,
erette nel 1533. La loro realizzazione comportò numerosi problemi, sia
sul piano urbanistico che pratico. L'opera che ne risultò ha un vago
sapore brunelleschiano.
La Loggia, dopo anni di abbandono, fu completamente
ristrutturata nella seconda metà dell'Ottocento, tornando allo splendore
iniziale. Nel 1917 gli austriaci occuparono Udine dopo la disfatta di
Caporetto e ripristinarono la loggia di san Giovanni come "Corpo di
guardia"; il 3 novembre 1918 Udine fu liberata dal dominio austriaco. La
chiesa fu trasformata in Pantheon dei Caduti della Prima Guerra Mondiale.
Inglobata nella loggia di San Giovanni, si trova la Torre dell’orologio, costruita da Giovanni da Udine nel 1527. Alla sua sommità troviamo i due mori che battono le ore su una campana, sculture datate 1850.
L'Arco Bollani a lato della piazza, fu costruito nel 1556 e attribuito all'architetto Andrea Palladio.
Situato ai piedi della salita che porta al Castello, l'arco, a singolo
fornice, fu fatto erigere dal luogotenente veneto (poi vescovo) Domenico
Bollani (1514-1579). L'intento è insieme autocelebrativo e di
caratterizzazione veneziana della piazza Contarena (oggi piazza della
Libertà).
Qui termina la prima giornata.
Andiamo a pernottare a Lignano Sabbiadoro, dove ci fermeremo tutte e tre
le notti previste dalla gita.
La cronaca continua in altra pagina.
e bellissimo
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